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Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

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Secondo una ricerca i buchi neri potrebbero essere i motori che guidano l’espansione dell’universo: un’ipotesi che, se provata, potrebbe cambiare la nostra comprensione del cosmo

Reading Time: 4 minutes

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livello medio

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ARGOMENTO: ASTROFISICA
PERIODO: XXI SECOLO 
AREA: DIDATTICA
parole chiave: buchi neri, energia oscura, energia del vuoto

 

Confrontando i buchi neri supermassicci (SMBH) attraverso nove miliardi di anni di storia cosmica, gli astronomi hanno scoperto un indizio che questi mostri spaziali potrebbero essere la fonte dell’energia oscura, la misteriosa forza che costituisce il 68% dell’universo; un fenomeno ancora misterioso che agisce in opposizione alla gravità e sembra essere responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’universo.

Sebbene l’energia oscura costituisca quasi tre quarti dell’energia di massa del cosmo, la sua natura è sfuggita ai fisici per decenni in quanto non ha connessioni reali con la altrettanto misteriosa materia oscura.

 

La consapevolezza che l’universo si sta espandendo può essere fatta risalire all’astronomo americano Edwin Hubble che, nel 1929, notò che più una galassia era lontana dalla Terra, più velocemente si allontanava da noi, Ciò non significava che il nostro pianeta fosse il centro dell’universo, ma che tutto nello spazio si stava allontanando da tutto il resto ad un ritmo costante.

Un movimento infinito o ciclico?
Quasi 60 anni dopo l’intuizione di Hubble, gli scienziati fecero un’altra sorprendente scoperta. Cercando di misurare con precisione le distanze cosmiche attraverso l’osservazione della luce di stelle lontane, alla fine degli anni ’90, dopo aver esaminato le supernove lontane, due team indipendenti scoprirono che la luce delle esplosioni stellari era più fioca del previsto, significando che l’universo stava accelerando la sua espansione. Ciò fu sorprendente dato che la forza di gravità, agendo da sola, andandosi ad esaurire avrebbe dovuto portare lentamente il cosmo al suo collasso, il Big Crunch, dopo che l’accelerazione a seguito del Big Bang si fosse annullata.

Per spiegare questa discrepanza, gli scienziati ipotizzarono l’esistenza di una nuova forza in contrasto alla gravità che fu definita energia oscura. Ammessa la sua esistenza per poter invertire il collasso cosmico, essa dovrebbe essere presente in una quantità tale da costituire la stragrande maggioranza dell’universo. Il problema è che non si trova da nessuna parte.

Due articoli, apparsi su The Astrophysical Journal e The Astrophysical Journal Letters, ipotizzano  una nuova teoria che, se validata, potrebbe rivoluzionare l’intero pensiero cosmologico. Secondo gli autori degli articoli, sono state confrontate le masse di enormi buchi neri (SMBH – super massive black hole) al centro di due serie di galassie: il primo gruppo era giovane e remoto, nove miliardi di anni luce di distanza dalla Terra, mentre l’altro a pochi, si fa per dire, milioni di anni luce di distanza.

Gli astronomi hanno scoperto che questi buchi neri giganti avevano assunto dimensioni tali da diventare da sette a venti volte più grandi di quanto non fossero una volta: una crescita mostruosa che non poteva essere spiegata semplicemente con l’inglobazione delle stelle incontrate nel loro cammino o da un possibile scontro fra loro. Secondo gli studi effettuati, i ricercatori ritengono che i buchi neri stiano di fatto crescendo di pari passo con l’universo, superando le forze che schiacciano le stelle, catturando la luce nei loro nuclei con un ipotetico tipo di energia oscura, chiamata energia del vuoto, che permette la loro espansione verso l’esterno; una ipotesi affascinante perchè potrebbe essere giustificata nell’ambito della teoria della relatività di Einstein. Per cui, se tale ipotesi fosse provata, non sarebbe necessaria alcuna “nuova fisica” per spiegare il mistero dell’energia oscura.

Questo è un risultato davvero sorprendente. Abbiamo iniziato osservando come i buchi neri crescono nel tempo e potremmo aver trovato la risposta a uno dei maggiori problemi della cosmologia“, ha detto il coautore dello studio Dave Clements, astrofisico dell’Imperial College di Londra.

Se fosse provato questo spiegherebbe due enigmi affrontati dalla teoria della relatività generale di Einstein, alla base dei moderni modelli cosmologici della struttura a grande scala dell’universo e della sua evoluzione, descrive come la forza gravitazionale influenzi l’universo su larga scala. In primo luogo, darebbe una spiegazione del motivo per cui l’universo non collassa (a causa della grande e onnipresente forza di attrazione gravitazionale) ed eliminerebbe la necessità delle singolarità [1]  (punti infinitesimali in cui le leggi della fisica si infrangono) per spiegare il funzionamento dei buchi neri.

Per confermare la loro teoria, gli astrofisici dovranno però assicurarsi che nient’altro stia contribuendo alla misteriosa crescita dei buchi neri, effettuando osservazioni ancora più dettagliate delle masse dei buchi neri nel tempo, monitorando l’espansione dell’universo.

Il telescopio spaziale Webb potrebbe fornire una risposta a questo mistero che ci parla di infinito e di tempi non comparabili con il nostro che ci fanno sognare. L’osservazione del comportamento dei buchi neri, un tempo ipotizzato e recentemente provato con la fantastica osservazione dell’inglobamento di una stella di neutroni da parte di un buco nero, generando forse l’onda gravitazionale scoperta dalle stazioni Virgo e Ligo, aprono nuovi interrogativi sul cosmo.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è G299-Remnants-SuperNova-Type1a-20150218.jpg

Immagine di una particolare classe di supernove chiamata Tipo Ia. Gli astronomi ritengono che una supernova di tipo Ia sia un’esplosione termonucleare di una stella nana bianca in un’orbita stretta con una stella compagna. Se la stella compagna della nana bianca è una stella simile al Sole, la nana bianca potrebbe diventare instabile ed esplodere mentre assorbe materiale dalla sua compagna.  da http://www.nasa.gov/mission_pages/chandra/exploded-star-blooms-like-flower-photo.html

L’incertezza maggiore è però legata al fattore di precisione della misura legato alla quantità di dati disponibili. Ad esempio le misurazioni nell’ambito del Dark Energy Survey (DES) [2] differiscono solo di 2,3 deviazioni standard (ovvero di circa il 98%) e questo è molto al di sotto delle 5 deviazioni standard solitamente necessarie per validare una nuova scoperta. Una nuova scoperta sui buchi neri che segue la recente scoperta della loro  fusione con galassie nane dando origini a nuove galassie di dimensioni maggiori. Osservazioni che permetteranno agli astronomi di meglio comprendere le galassie ed i buchi neri nelle prime fasi dell’Universo.

 

Note

[1] singolarità, possibili configurazioni dello spazio-tempo previste dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein nel caso in cui la densità della materia raggiunga valori così elevati, ed il volume valori così ridotti, da provocare un collasso gravitazionale dello spaziotempo.  Secondo alcune teorie fisiche l’universo potrebbe avere avuto inizio e finire con singolarità gravitazionali, rispettivamente il Big Bang e il Big Crunch.

[2] La Dark Energy Survey (DES) è una campagna di osservazioni astronomiche tesa a studiare le proprietà dell’energia oscura interpretando immagini prese nel vicino ultravioletto, nel visibile e nel vicino infrarosso per misurare l’espansione dell’universo di supernove di tipo Ia,  il numero di ammassi di galassie e lenti gravitazionali deboli. Si avvale della collaborazione di istituti di ricerca e università di Stati Uniti, Australia, Brasile, Regno Unito, Germania, Spagna e Svizzera suddivisi in diversi gruppi di ricerca.

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