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livello elementare.
ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: GEOLOGIA MARINA
parole chiave: Cenote, doline
Fare una vacanza in Messico è un’esperienza che non dovrebbe mancare nel portfolio di ogni appassionato di subacquea. In particolare, i colori del mare e della natura lussureggiante che fa da cornice alle spiagge offrono panorami da film. In qualche modo, si diventa parte di un’avventura da sogno.
Sono stato in Messico due volte, la prima volta nel 1985, quando scoprii l’isola di Cozumel e Tulum, e poi una decina di anni fa quando coronai un sogno, immergermi nella giungla, o meglio, nei cenote che popolano la fascia costiera intorno a Playa del Carmen. Scelsi un resort, immerso nella vegetazione, lontano dal rumore della cittadina, ma che offriva un assaggio della natura tropicale messicana. Bastava poco per ritrovarsi all’interno di una giungla rigogliosa, fitta e inaccessibile a piedi, tagliata da strade sterrate bruciate dal sole. Inoltre il resort non era lontano dalle zone dei cenote dove avrei potuto così immergermi; un’esperienza subacquea che mi mancava.
I cenote sono grotte naturali di rara bellezza che si congiungono fra di loro in una ragnatela di cunicoli che si aprono in ampie caverne aeree dalle cui sommità scendono le radici delle mangrovie superiori. Un mondo alla rovescia che ha un fascino particolare.
Entrando attraverso piccole spiaggette si entra in pozze trasparenti che aprono le porte al mondo sotterraneo. In immersione, una foschia spettrale ti fa comprendere che stai attraversando l’aloclino, dove l’acqua salata incontra l’acqua dolce. Il primo strato povero di ossigeno, impenetrabile alla maggior parte della materia organica che precipita nei cenotes, è infatti ricco di Sali. Quando il materiale organico si decompone, lo zolfo rilasciato viene intrappolato in uno strato d’acqua appena sopra l’aloclino. Questo strato maleodorante di idrogeno solforato è tossico per quasi tutte le specie e poche creature vi possono sopravvivere.
Fra i tanti cenote da visitare quello noto come Zapote è quello che offre una delle immersioni più singolari al mondo. Una volta che i subacquei scendono attraverso la dolina a forma di clessidra, si avvicinano all’aloclino, circa 30 metri più in basso. Attraversandolo si osservano enormi formazioni rocciose a forma di campana, che sembrano penzolare dal soffitto inferiore del cenote fino ad una profondità di quasi 40 metri.
Il cenote Zapote, che fu scoperto da Vincente Fito nel 2011, ospita la più grande e vasta presenza di queste campane, chiamate Hells bell ovvero campane dell’inferno, che i ricercatori abbiano fino ad oggi trovato.
Lo sviluppo di una campana inizia con una gemma emisferica che inizia a crescere con una forma conica verso il basso e acquisisce la forma a cono cavo una volta che ha raggiunto una lunghezza di 3–4 centimetri ed una larghezza di 4 centimetri. La sua crescita non è costante, con rallentamenti e fermi alternati a crescite rapide a causa della variazione della composizione chimica dell’acqua. A El Zapote, le Hells Bells si sono sviluppate al margine tra l’aloclino e lo strato d’acqua dolce superiore dove la calcite sembra dissolversi. La datazione radiometrica di alcuni esemplari indica che crebbero durante il medio tardo Olocene, a partire da oltre 5.200 anni fa, fino ai giorni nostri.
Ma come si erano formate?
Formazioni simili erano state osservate nel 1999 nei cenote di Puerto Morelos da Jerónimo Avilés Olguín Segovia, ricercatore, speleologo e paleontologo che ipotizzò che la loro crescita, legata alle formazioni stalattitiche carbonatiche delle grotte, era modulata dai batteri intrappolati nello strato di idrogeno solforato. In un articolo del 2018, pubblicato sul Journal of Palaeogeography, Palaeoclimatology, Paleoecology, Avilés, il dottor Wolfgang Stinnesbeck dell’Università di Heidelberg e diversi coautori ipotizzarono che le formazioni fossero il risultato di un “meccanismo biogeochimico”.
Di fatto le strutture di El Zapote contengono uno straordinario ecosistema diversificato di microrganismi, inclusi archea e batteri che metabolizzano l’idrogeno, ossigeno e vari composti azotati e solforati. Il metabolismo di questi microrganismi può influenzare la crescita delle Hells Bells consumando l’anidride carbonica e facilitando così la deposizione di calcite e metabolizzando l’azoto. Le Hells Bells potrebbero avere quindi un’influenza biologica nella loro formazione in quanto l’attività microbica può produrre la laminazione dei depositi che inn qualche modo assomigliano a quelli di alcune stromatoliti d’acqua dolce.
In sostanza, questi piccoli batteri estremofili modificano la composizione chimica dell’acqua appena sopra l’aloclino, creando le condizioni necessarie per la formazione delle campane.
Per potersi formare le campane richiedono un ambiente con scarsa illuminazione, uno spesso strato di idrogeno solforato e una superficie di crescita quasi orizzontale, cosa che non è comune in tutti i cenote. Ciò che è ancora più interessante è che lo strato esterno delle formazioni a campana è vivo. Nella loro ricerca, Avilés e i suoi coautori hanno trovato solfobatteri simili a quelli nello strato tossico che ricopre l’esterno di tutte le campane, che contribuiscono continuamente ma in diversa misura all’accumulo di calcio.
Per poter immergersi in questi cenote occorre una certificazione subacquea avanzata, sia per la sicurezza dei subacquei che per la salvaguardia di questi particolari ecosistemi.
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