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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA ROMANA
PERIODO: I SECOLO DOPO CRISTO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Tevere, Nerone, Ponte Neroniano, Ponte Trionfale
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In questi caldi giorni estivi, l’abbassamento del livello dell’acqua del Tevere ha portato alla luce i resti lapidei del Pons Neronianus, un ponte costruito nel I secolo d.C. la cui storia merita di essere raccontata.
Quando si nomina l’imperatore Nerone (Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus) il pensiero va al grande incendio di Roma accompagnato dai suoi versi e dalle note della sua lira. Un’immagine non edificante che dà un’idea immeritata del quinto imperatore romano, ultimo appartenente della dinastia giulio-claudia.
Nerone regnò dal 54 al 68 d.C. in un periodo di grande trasformazione. Sebbene nei primi anni del suo Impero, sotto la guida del filosofo Seneca, la sua politica fu favorevole al popolo, di cui conquistò i favori con elargizioni e istituendo spettacoli pubblici gratuiti, la corruzione della classe aristocratica e del Senato lo portarono agli eccessi per cui è tristemente famoso. Un’immagine parzialmente rivista dalla maggioranza degli storici del XX secolo che ritengono che Nerone non fosse né pazzo, come lo descrisse Tacito e Svetonio, né particolarmente crudele per la media dell’epoca in quanto i suoi comportamenti autoritari non furono in realtà molto dissimili da quelli degli altri imperatori del periodo.
Negli ultimi anni della sua vita la paranoia di Nerone si accentuò ed egli si rinchiuse in sé stesso e nei palazzi dedicandosi all’arte e alla musica, lasciando il governo quotidiano al prefetto del pretorio, il poco raccomandabile Tigellino a cui andrebbero attribuite molte delle nefandezze attribuite a Nerone.
Nerone era sicuramente stravagante ed aveva comportamenti eccessivi ma non tutto ciò che gli venne imputato dai suoi storiografi antichi è vero, come, ad esempio, il grande incendio di Roma. Non a torto, si lamentava dello sviluppo urbanistico della città eterna, in cui nelle abitazioni popolari, le insulae, costruite interamente in legno, per cucinare venivano accesi fuochi, spesso senza controllo, che causavano vasti incendi.
Quelle case popolari, cresciute disordinatamente e senza rispetto delle norme igieniche e urbanistiche, erano un grande problema sin dai tempi di Augusto che, non a caso, aveva creato il corpo dei Vigili del fuoco (Vigiles) nel 6 d. C. All’inizio erano solamente 600 ma, in breve tempo raggiunse un contingente di 7000 uomini suddivisi in 7 coorti, comandato dal praefectus vigilum che dovevano controllare le 14 regioni in cui Augusto aveva suddiviso la Capitale. Il loro nome ufficiale era Cohortes Vigilium e il loro motto recitava Ubi dolor, ibi vigiles (dove c’è il dolore, lì ci sono i vigili).

Cohortes Vigilium
Sebbene nell’immaginario collettivo si tenda ad attribuire a Nerone la responsabilità del grande incendio di Roma, gli storici ritengono che in realtà la responsabilità fu dei numerosi speculatori edilizi che ruotavano intorno al Senato, palazzinari dell’epoca che avevano solo da guadagnare nella distruzione e ricostruzione della città. Il canto di Nerone con la lira davanti all’incendio è poco probabile. In realtà, Nerone si diede immediatamente molto da fare per prestare soccorso alla popolazione, arrivando ad aprire i suoi giardini e facendo sequestrare imponenti quantitativi di derrate alimentari per sfamarli.
Una decisione che attirò l’odio dei Patrizi, tra cui vi erano molti dei sospettati per l’incendio, che incolparono con false testimonianze i Cristiani, che già avversavano per motivi ideologici. Secondo lo storiografo Tacito “« … per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani.”
In occasione dei lavori di ricostruzione, Nerone svolse un ruolo attivo sviluppando nuove e lungimiranti regole edilizie, destinate a frenare gli eccessi della speculazione e tracciare un nuovo impianto urbanistico sul quale è tuttora basata la città eterna.
Ma non solo. Nerone portò a termine i lavori iniziati dall’’imperatore Claudio per costruire un nuovo porto a circa 4 km a nord di Ostia, detto appunto Portus, con due lunghi moli aggettanti sul mar Tirreno, un’isola artificiale ed un faro, e gli diede il nome di Portus Augusti. Altre opere notevoli, sebbene non realizzate, furono il tentativo di completamento del taglio dell’istmo di Corinto e quello della realizzazione di un canale lungo la costa dall’Averno a Roma lungo 237 km, non completato a causa dei costi e degli infiniti problemi tecnici e logistici.

Pons neronianus
Tra le opere “minori” del periodo, il Pons Neronianus, in realtà costruito anni prima e poi restaurato o addirittura ricostruito durante il suo imperio. Il Ponte era tutt’altro che un’opera secondaria e compare ancora nei cataloghi dei monumenti di Roma del XII secolo. Si ritiene che il nome trovi una possibile giustificazione per il fatto che l’imperatore aveva ampi giardini e proprietà nell’area dell’attuale Vaticano, per cui un ponte in quella zona sarebbe stato funzionale per il loro accesso.
In realtà la sua funzione fu ben più importante. Il Ponte collegava il Campo Marzio, una zona umida prosciugata, che ospitava alcuni edifici pubblici e dove venivamo organizzate le parate militari, e il Vaticano, una vasta area residenziale. Per questo motivo veniva chiamato anche Pons Triumphalis perché collocato sul percorso impiegato dai generali romani vittoriosi per entrare dentro le mura di Roma. Secondo le fonti, i generali romani vittoriosi, al ritorno delle loro campagne militari, entravano a Roma per la via Flaminia o per la via Cassia. La legge romana impediva però l’ingresso ai magistrati militari entro il pomerium (contrazione di post moerium, l’area oltre le mura cittadine) per cui si dovevano fermare ai campi Vaticani, davanti al Tempio di Bellona che era proprio nei pressi del ponte Trionfale. Era in quel luogo dove il Senato decretava o negava il Trionfo. Ottenuto l’alto onore dal Senato, il Trionfatore veniva vestito con una toga purpurea e gli veniva posta in mano una palma, come promessa di pace. Il ponte era quindi un importante luogo sociale e possiamo immaginarci le legioni romane entrare a Roma attraversandolo accolti da ali di folla esultante.
Da un punto di vista ingegneristico la posizione del ponte non fu probabilmente tra le più felici, essendo stato realizzato su una stretta curva del Tevere, in una pianura alluvionale soggetta a cambi di forma delle sue anse. Questo avrebbe causato, in caso di alluvione, la perdita del contatto della struttura del ponte con i nuovi margini del fiume. Di fatto, durante il secondo secolo d. C. il ponte fu smantellato ed i pilastri di pietra furono rimontati per creare un nuovo ponte in un’area più stabile a valle.
Sebbene il suo nome restò nelle fonti, la sua antica funzione si perse nel tempo. I resti di quella struttura sono oggi ricomparsi a causa della siccità, poche pietre in un fiume tristemente a secco che però, come abbiamo letto, ci danno la possibilità di ricordare tante pagine dimenticate della storia romana.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
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