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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: BRASILE
parole chiave: Laurenti, nave appoggio sommergibili
In un articolo precedente abbiamo esaminato il “bacino speciale galleggiante per il collaudo dei sommergibili” progettato dall’ingegnere Cesare Laurenti per conto del cantiere FIAT S. Giorgio del Muggiano, bacino che fu costruito dalla Società Esercizio Bacini nel suo cantiere di Riva Trigoso (nota 1) e varato e consegnato ad aprile 1912.
Pochi anni dopo Laurenti lo applicò alla nave appoggio sommergibili Cearà costruita sempre dal cantiere S. Giorgio per conto della Marina brasiliana, realizzando così un bastimento polivalente in grado di sostenere, manutenere e collaudare una squadriglia di battelli subacquei.
La nave appoggio e recupero sommergibili Cearà appena completata in una foto pesantemente ritoccata. In evidenza le due massicce gru a traliccio di sollevamento dei sommergibili e la parte poppiera dello scafo a catamarano. Fonte Engineering, 25 febbraio 1916
Come nel caso del bacino per il collaudo dei sommergibili, anche questa nave attirò l’attenzione sia delle Marine che della stampa specializzata estera che la commentò in termini molto favorevoli. Il Brasile aveva acquistato dalla stessa FIAT S. Giorgio tre sommergibili tipo F che furono completati tra il 1913 e il 1914 ed entrarono ufficialmente in servizio il 17 luglio 1914 (vedi nota 4). Ii tre battelli furono poi trasportati in Brasile a bordo di navi mercantili.
La Marina brasiliana non disponeva di grandi strutture logistiche in grado di manutenere i battelli; l’estensione enorme delle sue coste imponeva inoltre un grave problema alla luce della ancora limitata autonomia operativa dei battelli, non superiore alle 1.000 miglia. Per assicurare una loro presenza in ogni punto del litorale era perciò necessario o aumentare il numero dei battelli, cosa non compatibile con le disponibilità finanziarie dello Stato, oppure moltiplicare le basi, una soluzione meno costosa ma non molto efficace dal punto di vista costo/efficacia perché moltiplicava gli oneri di sostegno logistico e di manutenzione di un numero assai limitato di unità.
Profilo della Cearà con in sezione il bacino di carenaggio e collaudo con un sommergibile al suo interno. Fonte: Popular Mechanics Magazine, n° 6, giugno 1916
L’ingegner Laurenti risolse il problema della Marina brasiliana con il progetto di una nave polivalente per appoggio, manutenzione e recupero sommergibili che riuniva in un unico scafo diverse importanti funzioni: oltre che a fungere da nave appoggio per rifornire di armi, munizioni e combustibile e manutenere una squadriglia di sommergibili ed accoglierne a bordo gli equipaggi, avrebbe potuto recuperare dal fondale un battello affondato e servire da bacino galleggiante per mettere in secca, carenare e manutenere un battello e sottoporlo a prove di pressione per verificare la tenuta stagna del suo scafo grazie al bacino d’acciaio cilindrico a tenuta stagna – simile a quello utilizzato dal cantiere S. Giorgio – inserito all’interno dello scafo, bacino che era in grado di accogliere un sommergibile tipo F.
Immagine da stampa dell’epoca della Cearà appena completata: in evidenza la parte poppiera dello scafo a catamarano con le due gru per il sollevamento di un battello sommergibile. Fonte: Engineering 16 giugno 1916
La nave appoggio, immediatamente approvata dalla marina brasiliana che la battezzò Cearà, era l’unica nave al mondo dotata di un simile impianto; per l’insieme delle sue caratteristiche più che di una nave appoggio si trattava di una vera e propria base mobile. Costruita nel cantiere FIAT S. Giorgio del Muggiano (La Spezia), fu impostata il 15 luglio 1913 e varata il 7 settembre 1915. Il 15 novembre 1916 salpò dal porto di La Spezia e lo stesso giorno giunse a Genova, dove imbarcò l’equipaggio brasiliano.
Profilo e linee d’acqua orizzontali e verticali dello scafo del Cearà. Fonte: Engineering 16 giugno 1916
Il bacino cilindrico stagno era collocato all’interno dello scafo e ne occupava la parte centrale per una lunghezza pari a circa i 2/3 della sua lunghezza totale; l’ingresso dei battelli nel bacino avveniva dall’estremità poppiera. Per consentire l’ingresso al bacino lo scafo che nella sua parte anteriore era di forma tradizionale, in corrispondenza con la porta d’accesso al bacino, all’altezza del quinto n° 30, si divideva in due scafi paralleli, tipo catamarano, che superiormente erano uniti tra loro da una struttura a traliccio. A partire dal quinto n° 30 e andando verso prora le carene delle due strutture erano riunite con una carena centrale che inizialmente seguiva la curvatura inferiore del bacino per poi assumere la forma tradizionale a carena piatta a doppio fondo a partire dal quinto n° 50.
Sezioni trasversali della nave Cearà guardando verso poppa alle ordinate n° 8, n° 30, corrispondente all’ingresso del bacino cilindrico, e n° 52; nella sezione n° 8 si vedono i due timoni manuali d’emergenza e nella sezione n° 52 i due motori diesel principali. Fonte: Engineering 16 giugno 1916
All’interno della carena di ciascuna delle due sezioni poppiere, opportunamente sagomata, erano collocati i due assi delle eliche e alle loro estremità poppiere erano collocati i due timoni; all’interno vi erano anche due timoni manuali d’emergenza, uno per ciascun scafo. Le dimensioni del Cearà erano: lunghezza 100 m, larghezza 15,5, profondità di stiva 8,2 m, immersione a pieno carico 4,2 m, dislocamento a pieno carico 4.196 t. La sua velocità massima era di 14 nodi e quella di crociera 10 nodi.
La lunghezza totale del bacino cilindrico, che si estendeva dal quinto n° 30 al quinto n° 125, era di 64 m. Partendo dalla estremità poppiera era composta da un segmento a tronco di cono invertito lungo 5 m che aveva un diametro all’ingresso di 7,56 m che si riducevano a 7,10 m alla sua estremità anteriore; seguivano un segmento cilindrico lungo 42,5 m del diametro di 7,10 m e un ultimo segmento troncoconico il cui diametro all’estremità anteriore si riduceva a 5 m. La parte inferiore del cilindro si trovava al di sotto della linea di galleggiamento ed il suo ingresso era chiuso da una porta galleggiante di forma lenticolare; sul fondo si trovavano le taccate fisse sulle quali si appoggiava il sommergibile.
Per introdurre il sommergibile si immetteva acqua nel bacino e nei serbatoi di zavorra della nave; il bacino era svuotato o riempito tramite due pompe centrifughe ciascuna della portata di 300 t/h.
Il varo del Cearà il 7 novembre 1915. Fonte: Il cantiere navale del Muggiano tra storia e futuro, Culture e impresa
Una volta che vi fosse stato immesso un battello, il bacino poteva svolgere una duplice funzione. Poteva essere svuotato divenendo così un normale bacino a secco che permetteva di provvedere al carenaggio, manutenzione e raddobbo del battello oppure, essendo di acciaio ad alta resistenza, poteva essere riempito d’acqua tramite delle pompe che potevano creare una pressione equivalente a quella di una profondità di 60 m. In questo modo lo scafo del sommergibile poteva essere controllato per verificarne la resistenza e la tenuta stagna.
Come sottolineò la rivista statunitense Popular Mechanics in un articolo pubblicato a giugno del 1916 “… in alcune marine i sommergibili erano sottoposti a quella prova solamente una volta, generalmente al momento in cui erano ispezionati prima della loro accettazione. Ciò era stato sufficiente finché un incidente, come nel caso dell’F4 (vedi nota 2), aveva dimostrato che vi era stato un deterioramento fatale. Con i mezzi disponibili sulla nave brasiliana le prove potevano essere ripetute frequentemente e la pressione poteva essere applicata in modo graduale e sotto controllo, in modo da non arrecare inutili danni al sommergibile. La pressione poteva essere ridotta quasi immediatamente aprendo le valvole. Durante la prova, le persone all’interno del sommergibile correvano rischi minimi, in quanto erano in continuo contatto telefonico con l’esterno…”
Sulle estremità dei due scafi poppieri erano installate due potenti gru per il recupero di sommergibili affondati o per sollevarli fuori dall’acqua per ispezionarne le eliche, i timoni e la carena senza doverli immettere nel bacino. Si trattava di due strutture metalliche a traliccio alte 5,18 m che avevano uno “sbraccio” di 5 m oltre lo specchio di poppa dei due scafi; ciascuna aveva una portata di 200 t ed erano in grado di sollevare un tale peso di 36,5 m in 30 minuti (nota 3). Sia a poppa che a prua vi erano occhi di cubia ed ancore per mantenere la nave il più possibile immobile mentre era in corso l’operazione di sollevamento di un battello. La nave era anche provvista di una attrezzatura completa per palombari. Il doppio fondo dello scafo conteneva i serbatoi per il combustibile e verso prua vi erano alcune casse allagabili per mantenere il bastimento in assetto durante le operazioni di sollevamento di un battello; altra acqua poteva essere immessa in un gavone collocato all’estrema prua.
La nave Cearà era equipaggiata per fungere da nave appoggio per una flottiglia di sei sommergibili del dislocamento di 250 tonnellate. Poiché le sue macchine e i depositi di carburante erano collocati nella parte poppiera, i restanti due terzi della lunghezza dello scafo erano occupati da depositi di materiali, viveri e siluri destinati ai sommergibili e da una officina per le riparazioni. Dinamo azionate da motori diesel ausiliari consentivano di ricaricare le batterie dei sommergibili e tre compressori consentivano di ricaricare i loro serbatoi d’aria compressa e le bombole dei siluri. Vi erano inoltre un distillatore d’acqua potabile della capacità di 200 litri all’ora e un impianto di refrigerazione. La nave poteva alloggiare, oltre al proprio equipaggio composto da 183 tra ufficiali e marinai, quelli dei sei sommergibili cui serviva da base, ovvero circa 130 uomini. Grazie all’ampiezza dei suoi depositi e magazzini la nave Cearà poteva rifornire i sei sommergibili della flottiglia per quattro volte di carburante, acqua potabile e distillata, viveri, aria compressa, munizioni, siluri e pezzi di ricambio, consentendo loro di operare a lungo senza dover far ritorno in porto.
Il Cearà era dotato di un armamento per la difesa contro torpediniere e cacciatorpediniere, consistente in quattro cannoni da 101 mm, quattro cannoni Armstrong da 47 mm, due cannoni Hotchkiss da 57 mm (secondo altre fonti l’armamento secondario era solamente di 4 cannoni da 57 mm e due mitragliatrici da 7 mm).
Un altro aspetto che destò grande interesse fu l’apparato propulsivo della nave, costituito da due motori diesel ciascuno della potenza di 2.300 CV progettati e realizzati dalla FIAT S. Giorgio. All’epoca i motori diesel per la propulsione delle grandi navi erano una novità; nonostante i vantaggi in termini di minor peso, ingombro e consumo rispetto alle tradizionali macchine a vapore, erano ancora guardati con diffidenza, a causa della loro presunta scarsa affidabilità. Proprio i vantaggi derivanti dal ridotto ingombro permisero a Laurenti di convincere la Marina brasiliana di adottarli per la nave, dove furono collocati ai lati del bacino cilindrico. I motori erano a due tempi e avevano 6 cilindri; rispetto ai motori diesel a 4 tempi erano più piccoli e leggeri. Si trattava dei motori diesel più potenti imbarcati all’epoca su una nave. Ciascun motore era lungo 9,3 m, alto 5 m, largo 3 e pesava 160 t.
Uno dei motori diesel della Cearà. Fonte: Engineering, 25 febbraio 1916
A febbraio del 1916 la rivista tecnica britannica “Engineering” scrisse che i suoi due motori rappresentavano l’ultimo sviluppo nel campo dei propulsori diesel, nei quali la FIAT S. Giorgio aveva ormai molti anni di esperienza; i suoi motori diesel erano anche costruiti su licenza dalla Scott’s Shipbuilding and Engineering Company di Greenock. I serbatoi del Cearà contenevano 600 t di combustibile, sufficiente per assicurarle un’autonomia di 4.000 miglia nautiche alla velocità di crociera e rifornire quattro volte i serbatoi dei sommergibili. Nel viaggio di trasferimento in Brasile il bastimento percorse 6.000 mn e consumò 2930 t. di combustibile; i motori funzionarono perfettamente e continuativamente nonostante il personale brasiliano non fosse ancora esperto nella loro conduzione e vi fosse a bordo un solo macchinista di garanzia del cantiere costruttore. Un altro aspetto interessante era che i motori diesel dei sommergibili erano dello stesso tipo dei motori diesel ausiliari dell Cearà. L’apparato motore della nave serviva così anche per l’addestramento pratico per gli equipaggi dei sommergibili che appoggiava.
Nel concludere l’esame del Cearà la rivista Engineering scrisse che si trattava “… di un esempio interessante dell’architettura navale italiana moderna, non solamente per la sua struttura complessiva e il modo accurato con cui erano stati realizzati i dettagli strutturali ma anche per la completezza e la modernità delle sue macchine, sia principali che ausiliarie”.
regio sommergibile F8 in ingresso a La Spezia, dalla collezione dell’ammiraglio ispettore Giuseppe Celeste – associazione Venus http://www.associazione-venus.it/
Pochi giorni prima di salpare per il Brasile il Cearà ebbe modo di dimostrare le sue capacità di recupero di un sommergibile affondato. Il 14 febbraio 1917 il sommergibile italiano F8 in addestramento in prossimità dell’isola del Tino (Spezia) per un errore di manovra affondò su un fondale di circa 30 m. Su richiesta del governo italiano la nave sospese la sua partenza ed intervenne in soccorso del sommergibile; nel giro di 24 ore il personale brasiliano riportò in superficie il battello senza perdite di vite umane.
Il 20 febbraio 1917 l’unità lasciò La Spezia diretta a Rio de Janeiro, dove arrivò il 19 aprile. Subito dopo l’arrivo fu ufficialmente incorporata nella flotta Brasiliana ed issò l’insegna del Comandante della flottiglia dei sommergibili e della base e della scuola sommergibili basate a Recife, che avevano sede in strutture provvisorie, e vi rimase di base con quattro battelli.
Una foto del Ceara nei primi anni di servizio. Fonte: Diretoria do Patrimonio Historico e Documentacao da Marinha
Nella Seconda Guerra Mondiale fu molto attiva nell’addestramento delle unità di scorta ai convogli a fianco delle unità della 4a Flotta statunitense e fu radiata il 25 marzo 1946, dopo 29 anni di servizio.
il Cearà in una base della Marina brasiliana fotografata nel 1942 circa; si noti come le due gru poppiere, evidentemente ormai inutili visto l’aumento di peso e dimensioni dei sommergibili, siano state eliminate. Fonte: Naval History and Heritage Command, NH 59883
Aldo Antonicelli
articolo pubblicato in origine sul sito del Laboratorio di storia marittima e navale – Università di Genova
Testo e foto fornite dall’autore
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NOTE DELL’AUTORE
1 Ringrazio il sig. Angelo Ciccarelli per aver segnalato che il bacino fu costruito per conto del Cantiere FIAT San Giorgio dalla Società Esercizio Bacini e l’articolo pubblicato sul numero 9 di maggio 1912 della Rivista nautica – Italia navale.
2 Il sommergibile statunitense F4 affondò con la perdita dell’intero equipaggio il 25 marzo 1915; il battello fu riportato a galla solamente il 29 agosto. La commissione investigativa della US Navy attribuì l’incidente alla corrosione dei rivetti del rivestimento di piombo di una cassa di zavorra che permise all’acqua di penetrare nel compartimento delle batterie.
3 I sommergibili Laurenti erano dotati di due maniglioni di sollevamento collocati uno a prua e uno a poppa, ai quali i palombari potevano agganciare i cavi di sospendita delle gru delle navi di recupero. Non furono più installati quando il dislocamento dei battelli cominciò a superare le 400 tonnellate.
4 I sommergibili tipo F acquistati in Italia, l’F1, l’F3 e l’F5, prestarono servizio con la Marina brasiliana dal 1914 al 1933. Furono sostituiti nel 1937 da altri tre battelli, Timbira, Tupi e Tamoio, costruiti dai cantieri Odero Terni Orlando; si trattava di battelli della classe Perla originariamente destinati alla Regia Marina italiana ma venduti al Brasile.
FONTI
“The 4.600-I.H.P. Marine Diesel Engines of the M.V. Ceara”, “Engineering”, 25 febbraio 1916
“The Brazilian Submarine Depot Motor-Ship “Ceara”, Engineering 16 giugno e 30 giugno 1916.
“La FIAT-SAN GIORGIO, galleggianti e navi per il servizio dei sommergibili”, I titani, fascicolo eccezionale delle Industrie italiane illustrate, natale 1917.
“Nave-base per sommergibili”, L’Industria, rivista tecnica ed economica, n° 36, 3 settembre 1916.
“Submarine tender performs many functions”, Popular Mechanics Magazine, n° 6, giugno 1916.
“Il cantiere navale del Muggiano tra storia e futuro”, Culture e impresa, rivista online, n° 4, novembre 2006.
“Diesel Mother Ship for Submarines”, Proceedings of the United State Naval Institute, gennaio-febbraio 1916.
Risorse internet
https://www.marinha.mil.br/…/CearaTenderdeSubmersiveis1…
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appassionato e studioso di storia navale del Laboratorio di Storia marittima e navale – Università di Genova