livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE SANITARIE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: COVID
parole chiave: COVID 19, farmaci
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Torniamo al COVID o meglio alla lotta contro questo coronavirus che sembra non lasciarci mai. Per quanto se ne dica l’unico sistema di protezione, anche se parzialmente efficace, è attualmente la vaccinazione.
Il ciclo di due dosi e le novità
Secondo sperimentazioni effettuate in Centri avanzati di ricerche in Israele e negli Stati Uniti, suggeriscono l’opportunità di un booster (terza dose) per mantenere alto il numero di anticorpi e combattere la nuova ondata favorita dalle temperature invernali. E’ delle ultime ore la segnalazione della variante Omicron, scoperta in Sud Africa, dove molte fasce della popolazione non sono vaccinate. Purtroppo questo, secondo ricercatori statunitensi ed europei, favorisce la generazione di nuove varianti per cui è necessario arrivare a vaccinare anche quelle parti del mondo lontane ma che sono, potenzialmente, delle bombe biologiche in cui il virus circola più liberamente. questo fattore fu identificato da studi della NATO (Multiple future) che oltre dieci anni fa segnalarono il pericolo di aree di diversa capacità di intervento che avrebbero causato la proliferazione di epidemie importanti.
Come abbiamo raccontato in articoli precedenti, si tratta di vaccini approvati e non sperimentali, come vengono descritti dai cosiddetti NO VAX. Va compreso che un vaccino diventa approvato solo dopo aver superato due o tre fasi di sperimentazione, effettuate su un numero crescente di volontari. Dopo di chè le Autorità sanitarie possono autorizzarne la distribuzione, che può iniziare con la vaccinazione sistematica secondo le regole approvate dagli Enti Farmaceutici. Questo non vuol dire che non viene più monitorato. Il monitoraggio, o 4 fase, è necessario per controllare eventuali effetti sulle varianti.
Non solo vaccini
Notizia recente è quella dei primi risultati ottenuti da Pfizer basati su uno dei tre studi clinici che l’azienda sta conducendo. Quelli delle altre due sperimentazioni sono attesi entro la fine dell’anno. Nonostante i risultati siano interessanti la cautela non è mai troppa. Pfizer prevede di presentare tutti i dati e richiedere l’autorizzazione in quel momento, il che significa che il nuovo farmaco potrebbe essere disponibile all’inizio del 2022. Non si tratta di un nuovo vaccino ma di un farmaco (compressa) che agisce inibendo o rallentando un enzima chiamato proteasi, che il virus SARS-CoV-2 necessita per replicarsi … vediamo di capirne di più.
La sperimentazione
La pillola antivirale, PAXLOVID, è stata somministrata in uno studio clinico controllato con placebo a persone con COVID-19 che erano ad alto rischio di sviluppare una patologia grave. In realtà il PAXLOVID è una versione modificata di un antivirale, basato su un farmaco vecchio di decenni che fu sviluppato per la prima volta come terapia endovenosa durante l’epidemia di SARS, ma che ora si rivolge specificamente a SARS-CoV-2 e può essere assunto come pillola. Gli antivirali sono medicinali usati per il trattamento dell’influenza e, se assunti tempestivamente, possono ridurre i sintomi, la durata della malattia e le complicanze dell’influenza.
La somministrazione congiunta di una bassa dose di ritonavir, un farmaco antiretrovirale, sembra aiutare a rallentare il metabolismo del principio attivo del Paxlovid, facendo in modo che resti attivo nell’organismo per periodi di tempo più lunghi.
Nel marzo 2021, Pfizer ha iniziato la sperimentazione clinica fase 1 del PF-07321332 1 valutandone i dati di 1.219 adulti sani, provenienti da Nord e Sud America, Europa, Africa e Asia per valutare la sicurezza, la tollerabilità e la farmacocinetica del composto sperimentale. A luglio, si è passato ad uno studio di fase 2/3, EPIC-HR (Valutazione dell’inibizione della proteasi per COVID-19 in pazienti ad alto rischio), per valutarne efficacia e sicurezza quando in combinazione con il ritonavir, in pazienti con una diagnosi confermata di Infezione da SARS-CoV-2 ad alto rischio di progressione verso una malattia grave. Finalmente ad agosto, Pfizer ha avviato lo studio di fase 2/3, EPIC-SR (Valutazione dell’inibizione della proteasi per COVID-19 in pazienti a rischio standard), per valutare l’efficacia e la sicurezza nei partecipanti con una diagnosi confermata di infezione da SARS-CoV-2 che sono a rischio standard (cioè, non hanno fattori di rischio per malattie gravi). I primi dati hanno mostrato un rischio di ospedalizzazione e decesso diminuito dell’89% per qualsiasi causa correlata a Covid-19 nei soggetti che avevano ricevuto Paxlovid rispetto al gruppo di controllo.
I partecipanti hanno ricevuto Paxlovid o un placebo per via orale ogni 12 ore per cinque giorni. Rispettivamente il 19 e il 21 per cento di coloro che avevano assunto il farmaco o il placebo ha segnalato effetti collaterali, la maggior parte dei quali di lieve entità. Lo 0,8% dei partecipanti che avevano ricevuto il farmaco è stato ricoverato entro 28 giorni dalla somministrazione, contro il 7% riscontrato tra coloro che avevano assunto il placebo. Al 28esimo giorno, riportano gli scienziati della Pfizer, non sono stati segnalati decessi tra coloro che avevano ricevuto Paxlovid, mentre dieci pazienti a cui era stato somministrato il placebo sono morti a seguito di complicazioni. Visti i risultati, Pfizer prevede di presentare i dati alla Food and Drug Administration (FDA) per l’autorizzazione all’uso di emergenza “il prima possibile”.
Ovviamente, come per tutti i farmaci, la probabilità, sicurezza e tollerabilità di un nuovo farmaco sono legate al numero di sperimentazioni effettuate, per cui il tempo ci darà maggiori conferme. Nel frattempo vaccinatevi.
Per completezza questa non è la prima pillola anti COVID-19. La FDA sta valutando quella prodotta da Merck, nota come Molnupiravir, un farmaco già approvato nel Regno Unito in grado di ridurre ricoveri e i decessi COVID-19 del 50%, se assunto entro cinque giorni.
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