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livello elementare.
ARGOMENTO: PALEONTOLOGIA
PERIODO: 385 MA
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Trilobiti, occhi composti
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Nelle centinaia di milioni di anni di vita del nostro pianeta, molte specie animali e vegetali si sono succedute, adattandosi all’ambiente a volte con soluzioni che ci appaiono di un altro pianeta. In realtà, dietro ogni evoluzione, ci fu un motivo che non sempre è facile da comprendere.
Live Science ha pubblicato la notizia della scoperta di un trilobite, un artropode che nuotava nei mari primordiali centinaia di milioni di anni fa, che era dotato di un iper-occhio, mai visto prima nel regno animale.
Esaminando attentamente immagini ai raggi X di alcune specie di trilobiti, artropodi ormai estinti e lontanamente imparentati con i granchi a ferro di cavallo, hanno scoperto che avevano “occhi ipercomposti”, ovvero composti da centinaia di lenti.
Secondo la rivista Nature, una nuova ricerca, pubblicata il 30 settembre 2021, ha svelato questa scoperta che fa ipotizzare che l’animale fosse provvisto di una propria rete neurale per elaborare ed inviare segnali, grazie a nervi ottici multipli.
Molti artropodi odierni, come le libellule ed i gamberetti possiedono occhi composti, anch’essi composti da una miriade di sfaccettature oculari chiamate ommatidia, ognuna dotata della propria lente. Secondo questo studio, quei trilobiti della famiglia Phacops (facopidi) possedevano occhi composti che erano molto più grandi e più complessi dei loro moderni parenti artropodi. Ognuno dei loro occhi (ne avevano uno a sinistra e uno a destra) conteneva centinaia di lenti ed avevano un diametro di quasi un millimetro. Queste lenti primarie erano migliaia di volte più grandi di quelle di un tipico artropode attuale. Annidati sotto i loro occhi si trovavano sei (o più) sottostrutture sfaccettate che li rendevano simili ad un tipico occhio composto.
In pratica “… ognuno dei grandi occhi dei facopidi è un occhio iper-composto con un massimo di 200 occhi composti ciascuno“, ha detto a Live Science l’autrice principale dello studio Brigitte Schoenemann, paleontologa dell’Università di Colonia in Germania.
Collage di sei generi trilobiti. Prima riga: Walliserops, Phacops e Cambropallas; Riga inferiore: Isotelus, Kolihapeltis e Ceratarges. In particolare:
1. Walliserops Trifurcatus, Early Devonian, Timrhanrhart Formation, Jbel Gara El Zguilma, Draa Valley, Marocco – Houston Museum of Natural Science – DSC01584.jpg
2. Phacops, Marocco 2.jpg
3. Cambropallas Telesto, Middle Cambrian, Jbel Wawrmast Formation, Jbel Ougnate, Marocco – Museo di Scienze Naturali di Houston – DSC01421.JPG
4. Isotelus maximus Trilobite fossile (Upper Ordovician; Adams County, Ohio, USA) 1.jpg
5. Kolihapeltis 01 Pengo.jpg
6. Ceratarges Ziregensis, Middle Devonian, El Otfal Formation, Jbel Zireg, Marocco – Museo di scienze naturali di Houston – DSC02025.jpg
autore del collage PaleoNeolitic – Trilobita Diversity.png – Wikimedia Commons
I trilobiti sono creature vissute dal primo periodo Cambriano (521 milioni di anni fa) fino alla fine del Permiano (252 milioni di anni fa) che vivevano sui fondi dell’oceano. Alcuni erano predatori che cacciavano i vermi acquatici, ma la maggior parte erano spazzini o mangiatori di plancton. I resti si trovano comunemente nella roccia calcarea del periodo Cambriano. Nonostante la loro ubiquità nei reperti fossili, gli scienziati si pongono ancora domande sulla loro fisiologia e storia evolutiva .
Struttura interna della capsula oculare. (a) Chotecops (Phacops) ferdinandi (Kayser, 1880). WS 295 (SNSB-BSPG 1930 III 8). b) ct dell’occhio destro di a), notare il tubo all’estremità distale della capsula (freccia). c) Sezione più profonda di (b), notare le strutture simili a «cubi» sotto le «fibre». d) Radiografia di (a), prodotta da Stürmer. (e) Sezione più profonda di (c), notare le strutture sferiche gerarchicamente ordinate (freccia) sotto dei «cubi» come mostrato in (c), e la struttura filamentosa distalmente. (f) Asteropyge (Rhenops) sp. (WS 2236), che mostra una capsula oculare (freccia) [questo esemplare non è stato fornito con alcuna scala] – da studio citato
I ricercatori hanno utilizzato tecniche di foto-miglioramento per esaminare dozzine di foto d’archivio, incrociandole con le scoperte recenti e confermando che la misteriosa serie di “fibre” viste nelle immagini a raggi X di oltre 40 anni fa erano in realtà nervi ottici raggruppati collegati agli occhi dei trilobiti. Lo studio di queste conformazioni non è certo facile, specialmente se effettuato su fossili di milioni di anni. Curiosamente lo studio degli occhi risulta più semplice in quanto i sistemi ottici hanno una sola funzione: la vista, per cui ha senso che i filamenti osservati attaccati agli occhi non siano che nervi. Ci si domanda però il perché animali così semplici come i trilobite avrebbero avuto bisogno di così tanta capacità visiva.
Un’intuizione geniale ma non considerata
Le prime foto a raggi X a dei trilobiti furono scattate da Wilhelm Stürmer, un radiologo professionista e paleontologo dilettante di Siemens. Nel 1970, Stürmer montò una sonda a raggi X all’interno del suo autobus VW e creò un nuovo metodo per studiare i fossili: la paleontologia a raggi X, che gli permise di scrutare attraverso la roccia solida sul posto e scattare alcune delle foto fossili più sofisticate del suo tempo. Dopo aver esaminato l’Hunsrück Slate, una cava di fossili nei pressi di Monaco, in Germania, Stürmer scoprì un mondo di creature fossili. Sorprendentemente, questi esemplari – compresi i trilobiti facopidi – erano così ben conservati che anche i loro antichi delicati tessuti molli erano visibili. Stürmer e il suo collaboratore Jan Bergström notarono che i trilobiti sembravano avere “fibre” fossilizzate collegate ai loro occhi composti, che descrissero nel numero di giugno 1973 della rivista Paläontologische Zeitschrift.
Struttura dell’occhio iper-composto dei trilobiti facopidi. (a) Chotecops (Phacops) ferdinandi (Kayser, 1880), [WS 11352c], radiografia dell’occhio composto abraso con ‘fibre’ e freccia rossa di Stürmer. b) Sezione di a.c) Sezione di a, leggermente illuminata nella zona della freccia rossa. (d) Disegno schematico di b. (e) μ-ct , Geesops schlotheimi (Bronn, 1825), Phacopida, che mostra un’unità visiva completa, paragonabile a quelle di C. ferdinandi in c. (f) Radiazione di sincrotrone, aspetto longitudinale dell’unità visiva di Barrandeops cf. granulops Chatterton et al. 2006. g) Disegno interpretativo di f; piccoli ommatidia che si nascondono sotto una lente larga comune. h) Phacops imitator Struve, 1970; due file concentriche di ommatidia, frecce rosa: rhabdoms. Inserto: disegno interpretativo al taglio. rosa: fila esterna di ommatidi, verde: fila interna di ommatidi, marrone: elemento centrale, nero: probabilmente pigmento, grigio: cuticola(i) G. schlotheimi,radiazione di sincrotrone, codificato a colori a uguale densità, freccia: corona di lenti sub-ommatidiali. Lente di copertura L, lenti l di sottosistemi ommatidali, complesso dell’unità recettore ruc, n neuropil.
Ironia della sorte fu che quando Stürmer presentò le sue deduzioni ai paleontologi fu deriso, in quanto c’era la convinzione che tessuti molli, come i nervi non si fossilizzavano. Dopo quasi mezzo secolo, Schoenemann e il suo team sentono di aver finalmente rivendicato il suo lavoro (Sturmer morì nel 1986).
I trilobiti facopidi si sono estinti circa 358 milioni di anni fa alla fine del periodo Devoniano, insieme a circa il 75% per cento di tutta la vita sulla Terra, ma sicuramente. “non a causa dei loro occhi sofisticati e altamente adattati” ha sottolineato Brigitte Schoenemann, e il loro mistero è ancora da svelare.
immagini dallo studio citato A 390 million-year-old hyper-compound eye in Devonian phacopid trilobites | Scientific Reports (nature.com)
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molto interessante e variegato con temi appassionanti e avventurosi. complimenti
Interessante ricerca e ben esposta.