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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XIX SECOLO
AREA: STATI ITALIANI
parole chiave: Ducato di Lucca
La Marina mercantile
C’è molto poco da dire a proposito della marina mercantile lucchese dei tempi più remoti: la repubblica lucchese non aveva tradizioni marinare ed aveva un litorale breve e importuoso; per soddisfare i suoi interessi marittimi era sufficiente un porto, prima Motrone e poi Viareggio, mediante il quale esportare le proprie merci, specialmente tessuti, e per potere approvvigionarsi di sale e materie prime.

Il forte di Motrone a fine XVII secolo
Di conseguenza i mercanti lucchesi non avvertivano la necessità di possedere una propria flotta mercantile e ci si serviva di navi straniere, soprattutto di Genova, con la quale i rapporti furono quasi sempre migliori di quelli con i centri della Toscana e che, in più occasioni, si atteggiò a Stato protettore. Per parlare di una marina mercantile lucchese bisogna arrivare al XVIII secolo quando Viareggio sviluppò una grande vocazione marinara e cantieristica, vocazione che si rafforzò sotto la reggenza della duchessa Maria Luisa che ebbe sempre una predilezione per quella città.

Bandiera di stato e mercantile dal XIV secolo al 1799. Durante il lunghissimo periodo di adozione vi furono numerose modifiche dei dettagli grafici.
Subito dopo il suo insediamento la duchessa Luisa avviò varie opere pubbliche fra cui il banchinamento del tratto urbano del porto canale e fece costruire la prima darsena (2). Nel 1820 la duchessa promulgò un Regolamento per la navigazione e, infine, accarezzò il pensiero di dotarsi di una marina militare. Nel 1821 avviò la costruzione della Villa Borbone che, sulla costa prospiciente il parco, disponeva anche di un pontile per l’attracco delle imbarcazioni.
Nel 1811 esistevano a Viareggio 19 barche da traffico e 24 da pesca, ma nel 1843 il loro numero era salito a 150 per 2000 tonnellate complessive e infine, nel 1855, dopo la riunione con la Toscana, si contavano 5 navi a vele quadre e ben 172 a vele latine per quasi 9000 tonnellate e 1100 marinai.
In realtà questo rapido sviluppo aveva una giustificazione particolare: il Ducato imponeva tasse molto miti e la burocrazia era semplificata, tanto che dopo l’apertura dei consolati a Rio de Janeiro e a Montevideo molte navi, soprattutto genovesi, inalberavano la bandiera lucchese per sfuggire all’esosità e alla pignoleria dei rappresentanti piemontesi in Sud America e anche dopo l’annessione alla Toscana per alcuni anni nel litorale già lucchese fu permessa la conservazione del vecchio sistema del quale si valsero volentieri anche le navi del Granducato (3).

Bandiere mercantili: a sinistra quella impiegata fino al 1824 ed a destra dal 1824 al 1848
Nel 1842 Viareggio registrò 1209 partenze e 1347 arrivi mentre il traffico di Forte dei marmi era svolto integralmente da 12 navicelli di proprietà livornese, ma con gli equipaggi composti da marinai di Pietrasanta, che facevano la spola con Livorno dove il carico veniva trasbordato su navi più grandi. Nel 1848 i cantieri locali costruirono 26 unità inferiori alle 50 tonnellate e 10 superiori; delle 153 imbarcazioni registrate la più grande era il brick-sconeer La Vittoria di 109,53 tonnellate seguito da Il Valoroso, dello stesso tipo, di 104,16 tonnellate. Nell’aprile 1843, con una nave costruita a Viareggio ed equipaggio in gran parte viareggino, il capitano Begliuomini portò per la prima volta la bandiera lucchese oltre oceano approdando a Montevideo.
La Marina militare
Pur essendo sempre pronta a partecipare alle continue guerre medievali per sostenere i propri interessi, con un litorale infelice e stretto fra due potenze navali come Genova e Pisa, la repubblica non poteva avere ambizioni nel campo militare marittimo, preoccupandosi piuttosto di cercare equilibri – non sempre riusciti – fra i suoi vicini. Alla fine del XIV secolo tutta la sua “flotta” era rappresentata da un’unica nave che fonti più tarde definiscono brigantino; forse più precisamente si trattava di una piccola galea-brigantino a due alberi e una quindicina di remi, tipo di imbarcazione attestata frequentemente dagli autori medievali. Essa era impiegata per il pattugliamento del mare prospiciente Motrone e per la protezione del forte, ma veniva usata saltuariamente anche per la guerra di corsa. Nel 1398 nelle acque della Corsica predò una nave di Pisa che trasportava vino, ma venne poi intercettata dai pisani che si impossessarono nuovamente del carico: sfuggì fortunosamente alla cattura e a rifugiarsi sotto la protezione delle bombarde di Motrone che riuscirono temporaneamente a tener lontano i nemici, ma i pisani riuscirono a sbarcare di nascosto e, eludendo la vigilanza, si impossessarono della nave. Più tardi la repubblica decise di armare per sei mesi una galea da mettere a disposizione del papa Pio II che, nel 1464, aveva bandito una crociata contro i turchi che avevano conquistato Costantinopoli; ma il progetto fallì per la morte improvvisa del Pontefice e non è neppure certo che questa nave abbia effettivamente preso il mare, raggiungendo Ancona dove si stava concentrando la flotta. Solo dopo un salto di molti secoli si tornò a parlare di una vera e propria marina militare, benché ridotta ai minimi termini, voluta dalla duchessa Maria Luisa.

Lancione di rappresentanza presumibilmente non dissimile dal Bargio Reale (Museo navale di Venezia, foto Monica Martino)
La prima nave di stato risale al 1820 quando fu deciso di costruire il Bargio Reale, un’imbarcazione di rappresentanza, ricca di decorazioni a poppa e prora, che fu ordinata al cantiere viareggino di Valentino Pasquinucci. Oltre che per spostamenti e gite compiute dalla duchessa, nel 1821 l’unità fu utilizzata in occasione dell’arrivo di Vittorio Emanuele I di Sardegna che, dopo l’abdicazione a favore di Carlo Felice a seguito dei moti insurrezionali di quell’anno, giunse a Viareggio a bordo della fregata Cristina scortata dalla corvetta Tritone. Il re era diretto a Lucca dalla figlia Maria Teresa che aveva sposato l’anno prima il duca Carlo Ludovico. L’equipaggio del Bargio era composto dallo stesso costruttore che ne era il comandante e sette marinai che dietro loro richiesta erano stati assunti in servizio dalla duchessa. Il gruppo fu poi rinforzato da altre nove persone e quando la sovrana si trovava a Viareggio tutti costoro dovevano essere pronti a prendere servizio 24 ore su 24; oltre ai rematori nell’equipaggio erano previsti un timoniere e un uomo di gancio.
Maria Luisa morì a Roma il 13 marzo 1824 e a bordo di questa imbarcazione furono riportate le sue spoglie a Viareggio, poi traslate a Lucca ed infine in Spagna. Definito in una cronaca successiva “piccolo naviglio dei Principi” fu utilizzato anche dal duca Ludovico e nel 1848 ne era ancora capitano Valentino Pasquinucci; dopo un’ultima notizia che riferisce che si trovava accantonato al coperto se ne perdono le tracce.
La marina militare lucchese venne citata per la prima volta negli Annales marittimes et coloniales francesi del 1821: “On va à etablir un port a Viareggio à moyen d’un mole que la grande duchesse de Lucques y fait élever. Ce port doit ètre rendu assez profond pour recevoir des frégates et des petits vaisseux de guerre. Dèjà un goelette de douze canons, et quelques chalopues, sont construites à Gènes par ordre de la duchesse.”

Bovo viareggino (Dis. Aldo Cherini)
Le navi della “Real flotta militare” a cui si fa riferimento erano la goletta Maria Luisa e il bovo Carlo Ludovico (4) acquistate in quel periodo con il patrimonio personale della duchessa. Secondo i documenti conservati nell’Archivio di Stato di Lucca le loro caratteristiche erano le seguenti:
Lunghezza | Cannoni | Carronate | Equipaggio | Scialuppe | |
Maria Luisa | 16,37 metri | 2 | 4 | circa 25 | 1 a 12 metri |
Carlo Ludovico | 14,14 metri | – | 4 | 17 | 1 |
Queste navi non ebbero vita lunga perché dopo qualche breve crociera il costo per il loro mantenimento risultò insostenibile così che furono presto vendute all’asta a Genova nel 1823 a tale Francesco Cesaretto. In seguito la difesa marittima del Ducato fu affidata soltanto ai forti costieri e si cercò anche la protezione della Francia chiedendole di pattugliare il mare territoriale con una propria nave.
“Ammiraglio” di questa piccola flotta (e anche comandante onorario del Bargio Reale), con tanto di uniforme ad hoc, fu il viareggino Ippolito Zibibbi (1772-1845) già ufficiale napoleonico con alle spalle varie campagne militari e durante il periodo francese comandante militare di Viareggio. Nel 1813, ritenuto responsabile di non aver opposto resistenza allo sbarco inglese fu condannato a morte, pena commutata nel carcere a vita nel forte di Piombino. Scarcerato e riabilitato con la Restaurazione, fu confermato nell’incarico di comando a Viareggio. Successivamente fu comandante della Piazza di Lucca, Ispettore Generale delle fortificazioni e delle artiglierie, Ispettore della contabilità militare e, colonnello dal 1841, fu comandante in capo delle forze lucchesi fino alla sua morte.

Statistica della marina lucchese dal 1848 al 1855
Non risulta comunque che sia esistito un corpo di marina vero e proprio: troviamo in primis Domenico Simoncini qualificato come “Tenente di marina e Comandante di Marina” che il 23 maggio 1820 fu promosso capitano e nominato Deputato di Sanità venendo sostituito dallo Zibibbi in qualità di Comandante la “Piazza e la Marina di Viareggio”, con funzioni soprattutto di autorità marittima nel senso più lato del termine. Tutti titolari con la qualifica di ufficiale figuravano arruolati nel corpo dei Cacciatori Volontari di Costa ed erano considerati amministrativamente aggregati alla piazza di Viareggio.
Con il passaggio di Lucca alla Toscana mantennero il loro grado e vennero inquadrati nel Battaglione di Fanteria da costa continuando a prestare servizio nell’amministrazione marittima e portuale. Quanto ai marinai del Bargio Reale, secondo il decreto del 19 giugno 1820 “ … saranno anch’essi artiglieri di marina agli ordini del nostro comandante la Reale Marina. Eglino saranno esercitati nelle manovre di artiglieria per servire all’occorrenza sopra i nostri bastimenti …” (5)
Guglielmo Evangelista
NOTE
1. Fin dal 1841 il duca autorizzò la costruzione della ferrovia Lucca-Pisa, una delle prime ferrovie italiane che entrò in esercizio nel 1846 e che fu anche la prima linea internazionale del mondo.
2. Nel 1840 il Duca Ludovico fece costruire una seconda darsena e un prolungamento delle protezioni del canale sul mare.
3. Viareggio divenne sede del quarto Dipartimento dell’amministrazione marittima del Granducato di Toscana con Livorno, l’isola d’Elba e Orbetello.
4. Secondo il “Vocabolario marino e militare” di Alberto Guglielmotti il bovo è un piccolo bastimento così detto dalla goffa figura, ma atto a portar gran carico. Fa vela latina con un solo albero e una mezzanella sporgente e capacità di un cento tonnellate. Al tempo era anche definito feluccio.
5. La Compagnia dei cannonieri, istituita nel 1814 per il presidio del forte, la perlustrazione notturna anticontrabbando e la conservazione della sanità marittima era inizialmente formata da 33 uomini al comando del tenente Donato Giannini. Nel 1842 la Compagnia era costituita da 60 uomini; era chiamata anche Artiglieria Guardacoste ed aveva una sezione distaccata a Lucca incaricata dei servizi antincendi nella città.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
VV. “Nuova Enciclopedia popolare italiana” Unione tipografico-editrice, Torino 1866
Ranieri Barbacciani-Fedeli “Saggio storico dell’ antica e moderna Versilia” Fabris, Firenze 1845
Salvatore Bongi “Sulle marine lucchesi” In Atti dell’Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti. Giusti, Lucca 1868
Alfredo Delpino, Giuliano Lombardi “Foto di gruppo della popolazione di Viareggio nel 1826 e l’equipaggio del Bargio Reale”. In “Terra di Viareggio”. N. 6/2015
Carlo Masse: “Storia civile di Lucca dal 1796 al 1848”. Tipografia del Serchio, Lucca 1848.
Bruno Mugnai: “Soldati e milizie lucchesi dell’800(1799-1847)” Ufficio storico SME. Roma, 2005
N.N. “Almanacco di Corte”. Giusti, Lucca anni vari.
N.N. “Almanacco toscano”. Stamperia Granducale, Firenze, anni vari.
Girolamo Tommasi: “Sommario della storia di Lucca”. Viesseux, Firenze 1844
Attilio Zuccagni-Orlandini “Corografia dell’Italia e delle sue isole” Parte VII. Firenze, in proprio 1845
Attilio Zuccagni-Orlandini “Ricerche statistiche del Granducato di Toscana” Tofani, Firenze 1850
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nasce a Broni (PV) nel 1951. Laureato in giurisprudenza è stato ufficiale delle Capitanerie di Porto e successivamente funzionario di un Ente Pubblico. Ha al suo attivo nove libri fra cui “Storia delle Capitanerie di porto” , “Duemila anni di navigazione padana” e “Le ancore e la tiara – La Marina Pontificia fra Restaurazione e Risorgimento” ed oltre 400 articoli che riguardano storia, economia e trasporti. Collabora e ha collaborato con numerosi periodici specializzati, fra cui la Rivista Marittima”.
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