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Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

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  Address: OCEAN4FUTURE

La fortificazione di Brindisi contro il pericolo ottomano – parte IV

Reading Time: 10 minutes

 

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XV SECOLO
AREA: DIDATTICA

parole chiave: Aragonesi, Brindisi

     

La costruzione del castello alfonsino sull’isola di san Andrea
« … Il pericolo turco fu, esplicitamente, alla base della decisione reale di fortificare adeguatamente Brindisi. È, mentre i turchi sono ancora asserragliati in Otranto che, nel febbraio 1481, il re Ferdinando I d’Aragona, dispone l’avvio dei lavori per la costruzione di una fortezza a guardia del porto di Brindisi: il torrione di Ferrante…» ‐G. Carito‐
Nel 1485 Alfonso, figlio del re Ferrante e allora duca di Calabria in quanto erede al trono di Napoli, trasformò il torrione di Ferrante, una fortezza a forma di torre quadrata sita sulla punta più occidentale dell’isola di san Andrea all’ingresso del porto, conducendolo a vera forma di castello con la costruzione di un grande antemurale con due bastioni: uno di forma triangolare all’angolo nordest, di tipo casamattato, detto magazzino delle
polveri, e l’altro di forma circolare ad ovest, a terrapieno, detto di San Filippo, collegati tra loro da un cammino di guardia che racchiudeva al proprio interno la piazza d’armi.

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Era sorto il castello Alfonsino, detto anche aragonese, che i turchi denominarono castello rosso dal colore che a certe ore sembrava assumere la pietra di carpano con cui era stato fabbricato. Poi, col successivo intervento, diretto dal senese Francesco di Giorgio nel 1492, il castello fu compiutamente definito con la edificazione del grande salone del primo piano e le gallerie coperte con volta a botte al livello inferiore, e quindi, con l’isolamento della rocca mediante il taglio dello scoglio e l’apertura di un canale.

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mappa di Piri Reis sulla città di Brindisi. Notare le fortezze di Torre cavallo e di Sant’Andrea ai lati del canale sono rappresentate

La costruzione della fortezza sull’isola di san Andrea voluta dal re Ferrante a Brindisi, si inserì in un più vasto piano di fortificazione della strategica città, già in precedenza avviato con una serie di opere di difesa inquadrate nel nuovo clima politico determinatosi con la caduta di Costantinopoli nel 1453 in mano al sultano turco Maometto II, il quale rivendicava i suoi diritti di possesso su Brindisi, Otranto e Gallipoli, quali antiche città dell’impero bizantino da lui conquistato.

Il re Ferrante, infatti, già nel 1464 aveva ordinato cingere con muraglia tutta la parte marittima della città, includendo la collina di levante dentro il perimetro difensivo. Si avviarono i lavori per le cortine murarie e si aprirono due nuove porte, quella per Lecce incassata in un taglio della collina, e la porta Reale dal lato del porto. Quindi, si rinforzò anche il castello di terra, erigendo sulla sponda esterna del fosso un nuovo muro di cinta con agli angoli quattro baluardi rotondi, coprendo il fosso con una solida volta così da ricavare una strada interna protetta e sormontata da rifugi interrati e spianando, all’interno della fortezza, una piazza vuota di sotto, per poterla minare.

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A seguito della pirrica ed effimera invasione del regno di Napoli di Carlo VIII re di Francia, in conflitto con l’aragonese Ferdinando I di Napoli, ovvero il re Ferrante, scomunicato da Papa Innocenzo VIII con una bolla dell’11 settembre 1489, che lo aveva minacciato di offrire il regno napoletano al sovrano francese Carlo VIII, che vantava attraverso la nonna paterna, Maria d’Angiò, un lontano diritto ereditario su quella corona del regno.

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Maria d’Angiò

Fu così che Carlo VIII, incoraggiato da Ludovico Sforza detto il moro, duca reggente di Milano, e sollecitato dai suoi consiglieri, Guillaume Briçonnet e De Vers, scese in Italia nel 1494.

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Carlo VIII

Carlo VIII arrivò il 3 settembre con un poderoso esercito di circa trentamila effettivi, dotato di un’artiglieria moderna e ad Asti venne accolto festosamente dai duchi di Savoia. Quindi raggiunse rapidamente Milano, dove fu decisamente appoggiato dallo Sforza, Ludovico il moro, che era interessato all’eliminazione dei regnanti aragonesi di Napoli. Il motivo risiedeva nel fatto che Ludovico si era impossessato con la violenza del ducato di Milano che spettava invece di diritto a Gian Galeazzo Visconti, la cui moglie era imparentata con i re aragonesi di Napoli, essendo figlia di Ferrante.

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Piero dei Medici

Anche a Firenze, dove giunse il 17 di novembre, Carlo VIII entrò in maniera relativamente facile, in quanto l’inetto Piero dei Medici non fu in grado di opporre alcuna resistenza e si piegò a tutte le richieste del sovrano, tanto che se ne risentirono gli stessi fiorentini e i Medici che furono addirittura cacciati dai repubblicani guidati dal frate Gerolamo Savonarola. Lo stesso la cui politica teocratica era considerata troppo democratica dal papa Alessandro VI Borgia, che lo fece eliminare con l’accusa di eresia.

Carlo VIII passò quindi da Roma senza destare troppo entusiasmo – anzi tutt’altro – nel papato e, finalmente, all’inizio del 1495, senza aver praticamente battagliato, il 22 di febbraio entrò a Napoli, con l’appoggio dei patrizi napoletani e dei baroni feudali, da tempo ostili ai re aragonesi che erano succeduti ad Alfonso I, fondatore della dinastia aragonese di Napoli con Ferrante, Alfonso II e Ferrandino (quest’ultimo re in carica) che era già fuggito in Sicilia con tutta la corte. Il sovrano francese, incoronato re di Napoli, scese quindi verso sud ad imporre le ragioni delle sue armi, incontrando in generale poca resistenza e, entrato dalla Campania in Puglia, tutte le principali città gli si arresero, ad eccezione di Gallipoli e Brindisi, che invece resistettero l’assedio mantenendosi fedeli alla corona aragonese fino al ritiro degli assedianti francesi.

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Papa Alessandro VI Borgia

Del resto, Carlo VII ebbe comunque molto poco tempo per svolgere una qualche vera e propria azione di controllo del regno e di effettivo esercizio di governo, giacché nello stesso anno 1495 fu creata a Venezia una potente alleanza antifrancese, promossa dallo stato pontificio del Papa Alessandro VI comprendente lo stesso Ludovico il moro, che si era presto pentito d’aver appoggiato l’invasione francese. Era infatti successo che la velocità con cui i francesi avanzarono, assieme alla brutalità dei loro attacchi sulle città, aveva spaventato gli altri Stati italiani. Ludovico, comprendendo che Carlo VIII aveva pretese anche sul ducato di Milano, si rivolse al papa Alessandro VI che organizzò rapidamente un’alleanza composta dai diversi oppositori dell’egemonia francese in Italia: il Papato, il Regno di Sicilia, il Sacro romano impero di Massimiliano, gli Sforza di Milano, Il Regno d’Inghilterra e la Repubblica di Venezia.

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Francesco II Gonzaga

La lega ingaggiò Francesco II Gonzaga, marchese di Mantova, per raccogliere un esercito ed espellere i francesi dalla penisola, e questi incominciò a minacciare i vari presidi che Carlo VIII aveva lasciato lungo il suo tragitto per assicurarsi i collegamenti con la Francia, fino ad attaccare frontalmente l’esercito del re francese a Fornovo, presso Parma, il 6 luglio 1495. Dopo quello scontro, Carlo VIII, seppure non militarmente sconfitto, se ne dovette ritornare in Francia, permettendo al re aragonese Fernando II, Ferrandino, di ritornare dalla Sicilia, dove si era rifugiato, e di rioccupare il suo trono sul regno di Napoli.

La cessione di Brindisi a Venezia
Nella breva ma crudele guerra tra l’invasore francese Carlo VIII e il re aragonese di Napoli, Ferrandino, Brindisi si schierò sempre al fianco degli Aragonesi, a differenza di quasi tutte le altre città salentine, tra le quali Lecce e Taranto, che furono invece partigiane francesi.
«… L’obbedienza di Brindisi al sovrano volere, fu altamente commendata da Ferrandino, il quale, in ricompensa dei tanti servigi resigli da questa città, che forse più di ogni altra del regno erasi cooperata per farglielo recuperare, fece battere monete in argento e rame, che avevano da una parte, l’effige di san Teodoro brindisino, militarmente vestito e portante uno scudo entro cui erano le due colonne e, dall’altra, erano incise le parole Fidelitas Brundusina. Le quali monete furono battute non pure nella zecca di Brindisi, che durò per tutto il tempo degli Aragonesi, ma anche in altre città ed a Napoli stessa. Molte di esse erano ancora in corso circa il 1700 …» ‐ F. Ascoli‐

Finalmente gli Aragonesi conservarono il regno di Napoli, ma divennero ‘debitori’ di Venezia alla quale avevano dato in pegno e a garanzia per l’aiuto ricevuto, il possesso delle città di Trani, Otranto e Brindisi, che passarono infatti ai veneziani. Il 30 di marzo 1496, nella cattedrale di Brindisi si formalizzò la consegna di Brindisi a Venezia, con una solenne cerimonia tra Priamo Contarini, rappresentante del doge di Venezia Agostino Barbarigo, e il notaio Geronimo De Ingrignet, inviato del re di Napoli, Ferdinando II d’Aragona. E questi, il giovane Ferrandino, con una lettera alla città, volle in quell’occasione scusarsi e spiegare ai brindisini le ragioni e la supposta temporalità di quella cessione.

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il doge Agostino Barbarigo

Nonostante la diffidenza e anzi l’aperto malcontento che caratterizzò l’animo dei brindisini a fronte della cessione della propria città ai veneziani, la nuova situazione doveva rivelarsi alquanto positiva: il doge Agostino Barbarigo non solo confermò tutti i privilegi concessi a Brindisi dai governanti aragonesi, ma addirittura ne aggiunse altri importanti, fra cui quello che le galere veneziane, dovendo passare nei paraggi di Brindisi, dovessero entrare in porto e rimanervi per tre giorni. I brindisini esternarono presto la loro soddisfazione e Venezia da parte sua seppe premiarli di conseguenza, e in breve tempo crebbe notevolmente il rispetto reciproco e la simpatia tra i brindisini e i veneziani. E Brindisi conobbe anni di benessere e di espansione dei propri commerci, traffici e industrie. Preso possesso del castello di Brindisi, il governatore veneziano Priamo Contarini, il 10 aprile 1496 inviò al doge un dettagliato rapporto sullo stato della città appena acquisita, un documento quello ‐ riprodotto da G. Guerrieri nel suo Le relazioni tra Venezia e Terra d’Otranto fino al 1530 ‐ che per Brindisi si costituì poi in un importante ed affidabile riferimento storico: di fatto, una specie di fotografia della città di quegli anni.

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Venezia nel 1500

Qui di seguito, alcuni stralci: « … La consistenza demografica di essa ammonta a circa mille fuogi et anime circa quattro milia, de le qual son da facti circa 800. Nel numero dei fuochi sono pure compresi 50 de Iudei, i quali sono 240 in circa. La cittadinanza si compone, nell’ordine, di Taliani, Albanexi, Schiavoni et Greci. … Tutti veramente viveno senza alcuna industria, ma solo de le loro intrate, zoè vini bestiame et olei. Le principali entrate riguardano il vino, 3.000 botti annue; olii, saponi, ferro e biave, con inteoiti computabili tra i 400 e i 500 ducati d’oro; i dazi sulla bechari, il pane e il pesce, con entrate di altri 400 o 500 ducati; proventi da contravvenzioni per 100 ducati all’anno; affitto della bagliva per 20 o 25 ducati; e proventi del sale che copre il fabbisogno dell’intera Terra d’Otranto. … Olii alimentano la produzione di saponi, forniti da due saponerie genovesi e una albanese, dominano i mercati meridionali di Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Scio et Ioci, insidiando gli interessi commerciali veneziani. … L’agro brindisino è mezzo terrestre e mezzo marittimo e il territorio confina da la parte de maistro miglia 8 da lontan cum una terra nominata Charivigna, terra de baroni. Da la parte de ponente miglia 5 a lontano, confina cum Misagnk, terra de la regina. Da la parte de syrocho miglia 12 in circa, confina cum el territorio de la cita de Leze. Sparsi su questo territorio vi sono alcune ville et castelli ruinati et tutto è inculto … ».

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il re di Spagna, Ferdinando il cattolico, marito di Isabella di Castiglia

Il controllo veneziano sulla città di Brindisi, non era però destinato ad avere vita lunga: l’11 novembre del 1500 si stipulò in Granada un accordo segreto tra il re di Spagna, Ferdinando il cattolico, marito di Isabella di Castiglia, e il re di Francia Luigi XII, per spartirsi il regno aragonese di Napoli del re Federico I, succeduto a Ferdinando II che era morto prematuramente nel 1496 e cugino dello stesso re Fernando il cattolico. L’accordo prevedeva la Campania e gli Abruzzi per il re di Francia, e la Calabria e la Puglia per il re di Spagna. Poi però, l’accordo, nel 1504, sfociò in guerra aperta tra Spagna e Francia proprio sulla disputa per il Tavoliere delle Puglie, alla fine della quale, gli spagnoli ebbero la meglio e Ferdinando il cattolico divenne il nuovo sovrano del regno di Napoli, sottraendolo al cugino Federico I d’Aragona, incorporandolo alla corona spagnola e nominando un viceré, il tutto con l’investitura del papa Giulio II.

E fu nel pieno di questa guerra che ebbe luogo, il 13 febbraio del 1503, la celebre ‘’Disfida di Barletta’’ – accordata, sembra, proprio in una cantina di Brindisi – tra 13 cavalieri italiani filo‐spagnoli capitanati da Ettore Fieramosca e 13 cavalieri francesi capitanati da Charles de Torgues: un duello che fu vinto dai 13 italiani di Fieramosca.

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La disfida di Barletta

Venezia, anche perché occupata a lottare contro i turchi, rimase neutrale in quella guerra e dei benefici di quella neutralità poté usufruire anche Brindisi. Poi però, Venezia fu attaccata da una lega di innumerevoli nemici coordinati dal papa Giulio II e guidati dall’imperatore Massimiliano I d’Austria ed alla fine dovette soccombere, e per salvare il salvabile sacrificò una buona parte dei propri possedimenti, specificamente quelli che erano reclamati dal papa e dagli spagnoli, Brindisi inclusa.

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Papa Giulio II

Nel 1509 Brindisi venne quindi consegnata agli spagnoli, dai veneziani che ne avevano tenuto il possesso durante soli tredici anni. Il marchese Della Palude prese in consegna la città e le sue due fortezze, cioè il castello di terra e quello di mare, in nome di Ferdinando il cattolico, reggente di Spagna: era così formalmente iniziato, anche per Brindisi, il lungo viceregno spagnolo!

Gianfranco Perri

 

in anteprima castello alfonsino di Brindisi – autore Farfalla 40
Brindisi – Castello alfonsino – 202209081222 10.jpg – Wikimedia Commons

BIBLIOGRAFIA
Ascoli F. La storia di Brindisi scritta da un marino‐1886
Carito G. Brindisi Nuova guida‐1994
Carito G. Le fortezze sull’isola di Sant’Andrea fra il 1480 e il 1604‐2011
De Tommasi L. Brindisi e Gallipoli sotto gli Aragonesi‐1975
D’Ippolito L. L’isola di San Andrea di Brindisi e le sue fortificazioni‐2012
Galasso G. Los territorios italianos – pag. 129‐142 in:
Belenguer Cebrià E. & Garín Llombart F.P. La Corona de Aragón: Siglos XII al XVIII‐2006
Della Monica A. Memoria historica dell’antichissima e fedelissima città di Brindisi‐1674
Guerrieri G. Le relazioni tra Venezia e Terra d’Otranto fino al 1530‐1904
Moricino G. Antiquità e vicissitudini della città di Brindisi dalla di lei origine sino al 1604
Perri G. Brindisi nel contesto della storia‐2016
Speranza V. Storia della Puglia nel periodo di Alfonso il magnanimo‐2014
Squitieri A. Un barone napoletano del 400 G.A. Orsini principe di Taranto‐1939
Vacca N. Brindisi ignorata‐1954
Zacchino V. Brindisi durante l’invasione turca di Otranto‐1978
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