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livello difficile.
ARGOMENTO: MEDICINA IPERBARICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: RICERCA APPLICATA
parole chiave: Medicina iperbarica, tumori, trattamento iperbarico
La ricerca scientifica in mare ha già fornito sostanze in grado di combattere gravi malattie. Oggi parliamo di un aiuto promettente che viene dalla medicina subacquea iperbarica, nata come branca della medicina subacquea. Questa si avvale dell‘ossigenoterapia iperbarica (OTI), ovvero dell’utilizzo terapeutico di ossigeno, puro al 100%, a pressione superiore a quella atmosferica. Queste terapie avvengono in particolari strutture adatte per tale somministrazione chiamate camere iperbariche. Il loro impiego non è limitato alle patologie subacquee ma si estende in campi ancora da scoprire. E’ con piacere che pubblichiamo oggi un articolo del dottor Pasquale Longobardi su un’importante e promettente scoperta il cui studio è stato pubblicato su Cancer Letters, un’importante rivista scientifica (Impact Factor 7,368). In particolare questo studio, a cui si rimanda per una lettura più esaustiva, è stato effettuato dall’IRST Meldola (Forlì) e dal Centro Iperbarico di Ravenna e riguarda la terapia iperbarica nelle cellule di glioblastoma umano.
Un’applicazione promettente
Il glioblastoma (GBM) è il tumore cerebrale più aggressivo e tra i più mortali, con una sopravvivenza globale mediana di soli 15 mesi. Attualmente, l’approccio standard per gestirlo include la massima resezione chirurgica sicura seguita da irradiazione con fasci esterni cinque volte a settimana per sei settimane, insieme a temozolomide orale al giorno. Nonostante i progressi della chirurgia, delle radiazioni e dei trattamenti chemioterapici convenzionali, la maggior parte dei pazienti subisce una recidiva entro 6, 9 mesi dalla diagnosi iniziale. Lo scarso esito clinico è generalmente attribuito alla sua eterogeneità intra tumorale, alla natura altamente invasiva delle cellule tumorali, che rende virtualmente impossibile la resezione chirurgica completa ed alla presenza di cellule staminali tumorali (CSC). Una delle caratteristiche patologiche distintive del glioma di IV grado è la presenza di focolai necrotici con pseudopalisi cellulari circostanti e iperplasia micro vascolare, segni tipici della privazione totale o parziale dell’ossigeno. Il glioma è un tumore che si sviluppa a partire dalle cellule della glia (o cellule gliali) del sistema nervoso centrale.
L’ipossia è stata a lungo associata ad una maggiore aggressività del tumore, prognosi sfavorevole e resistenza alla radioterapia e alla chemioterapia in diversi tipi di cancro, incluso il glioblastoma. In particolare, è stato ipotizzato che la deprivazione di ossigeno favorisca la diffusione delle cellule GBM, favorendone la disposizione cellulare a livello della nicchia perivascolare e consentendo la fuga dal microambiente avverso.La creazione di un microambiente ipossico influisce anche sulla composizione delle cellule immunitarie e sul rimodellamento del metabolismo cellulare mediante l’attivazione di fattori sensibili all’ipossia (ad esempio HIF 1-2) e fattori di trascrizione pro-infiammatori (ad esempio NF-κB). In particolare, è stato riportato che l’ipossia è una caratteristica micro ambientale tipica dei tessuti cronicamente infiammati e, infatti, le aree più ipossiche di numerosi tumori solidi mostrano una marcata congregazione di macrofagi M2-like, che concorrono alla valutazione del microambiente tumorale immunosoppressivo. I dati della letteratura riportano che la funzione di molte cellule immunitarie all’interno e intorno al tessuto GBM tende ad essere gravemente compromessa. Inoltre, la componente della cellula immunitaria sembra essere composta principalmente da macrofagi associati al tumore (TAM), che possono rappresentare il 30% della massa tumorale totale. I macrofagi associati al tumore possono essere cellule mieloidi periferiche o microglia residenti nel cervello, entrambe in grado di adottare stati di attivazione classici (pro infiammatori, M1) e alternativi (antinfiammatori, pro healing, M2) che influenzano il comportamento di nicchia del tumore.
Nei tumori, incluso il glioblastoma, l’induzione dell’espressione del fattore 1 alfa inducibile dall’ipossia (HIF-1α) porta alla sovra regolazione della via metabolica della glicolisi, aumentando la produzione di adenosina trifosfato (ATP) necessaria per la sopravvivenza e la proliferazione cellulare. Aumenta anche la produzione di lattato che, nelle cellule di glioma, contribuisce all’acidosi ipossica tumorale, associata ad una maggiore aggressività, prognosi sfavorevole e resistenza alla radio e chemioterapia.
Un potenziale approccio terapeutico alternativo, per invertire o mitigare parzialmente il microambiente glioblastoma immunosoppressivo ipossico, potrebbe essere l’utilizzo dell’ossigenoterapia iperbarica (HBOT) che si basa sulla somministrazione di ossigeno puro (100%) a pazienti a pressioni maggiori di un’atmosfera standard (ATM), cioè maggiori di un’atmosfera assoluta (ATA). L’HBOT è già ampiamente utilizzato come trattamento aggiuntivo per le malattie ischemiche. In oncologia, si ritiene che l’ossigenoterapia iperbarica, in combinazione con la radioterapia (RT), agisca come un’adiuvante RT, aumentando la quantità di ossigeno disciolto nel sangue e nei tessuti periferici e anche le specie di ossigeno libero-reattivo (ROS), che porta danni al DNA.
Inoltre, uno studio su modelli sperimentali in vivo di Hatfield et al. hanno suggerito che alte concentrazioni di ossigeno possono anche avere un impatto positivo sul microambiente tumorale ricco di adenosina, una caratteristica tipica dell’infiammazione, migliorando la regressione del tumore e la sopravvivenza a lungo termine nei topi.
I risultati di studi clinici non randomizzati, condotti su pazienti giapponesi affetti da glioblastoma, suggeriscono che la RT dopo HBOT conferisce un beneficio in termini di sopravvivenza ai pazienti con gliomi di alto grado ricorrenti.
Tuttavia, manca ancora una logica scientifica per l’uso di HBO in combinazione con le radiazioni, basata sulla valutazione del cross talk tra le vie di rilevamento dell’ossigeno e le cellule effettrici dell’infiammazione.
L’ossigeno iperbarico ha bloccato la proliferazione delle cellule tumorali, ha modificato il modo con cui esse consumano lo zucchero e le caratteristiche delle cellule staminali riparatrici. L’ossigeno iperbarico ha potenziato il danno della radioterapia sul tumore, nello stesso tempo proteggendo le cellule sane (microglia). Le cellule tumorali riprendono la comunicazione (cross talk) con le cellule sane e questo ne riduce la aggressività. Stiamo già applicando questi risultati, visti in laboratorio, nei pazienti con glioblastoma IV stadio che non abbiano risposto alla radioterapia. I primi risultati (13 pazienti) fanno sperare nel successo del progetto.
In conclusione, i dati ottenuti nel nostro studio suggeriscono un potenziale utilizzo dell’HBO prima della radioterapia come trattamento di seconda linea di pazienti con GBM ricorrente, per i quali non esiste ancora uno standard di cura. In particolare, abbiamo dimostrato che l’HBO è in grado di contrastare la nicchia ipossica GSC e per questo motivo dovrebbe essere considerata come una potenziale opzione terapeutica per il trattamento della GBM.
Link: https://doi.org/10.1016/j.canlet.2021.02.019
Pasquale Longobardi
Chi volesse avere maggiori informazioni può contattare il dottor Pasquale Longobardi, Direttore Sanitario del Centro Iperbarico di Ravenna – Medicina subacquea https://www.iperbaricoravenna.it sia per avere maggiori informazioni che per sostenere questa importante ricerca
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è Direttore Sanitario del Centro Iperbarico di Ravenna, laureato in Medicina e Chirurgia alla Seconda Università di Napoli con specializzazione in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee all’Università degli Studi G. d’Annunzio di Chieti. Ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia internazionale delle Scienze e Tecniche subacquee