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livello medio
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ARGOMENTO: FOTOGRAFIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: ottica subacquea
Dall’analogico al digitale
A causa dei lentissimi progressi nello studi della fotografia chimica con lo sviluppo di sali d’argento, si rese necessario negli anni ‘50 uno studio alternativo per fotografare oggetti attraverso fluidi altamente diffondenti come le nebbie, le nubi e le acque. Il problema principale era sempre come mitigare gli effetti della diffusione e dell’assorbimento.
Nel 1961, grazie al completamento del progetto di riconoscimento satellitare WS 116 L dell’USAF, si aprì l’era della fotografia elettronica, sfruttando le esperienze fatte in astronomia, con lunghezze focali di sei metri ed una risoluzione sulla pellicola di 200 linee per mm. Queste tecniche furono utilizzate in campo oceanografico dagli anni ‘70 con lo sviluppo del progetto LIBEC da parte della marina statunitense, che decise di continuare per scopi militari lo studio della fotografia digitale.
I sistemi di trattamento del segnale elettronici
Un ulteriore sviluppo fu portato a termine da E. Kurtoff del National Geographic Magazine, utilizzando per primo il sistema CCD (Charge Coupled Device), sviluppato dalla RCA Electro Optics.
tecnologia 什么是CMOS与CCD?——节选自《高兴说显示进阶篇之三》 – 知乎 (zhihu.com)
In parole semplici, il CCD (Charge Coupled Device) è un circuito integrato formato da una riga, o da una griglia, di elementi semiconduttori in grado di accumulare una carica elettrica (charge), proporzionale all’intensità della radiazione elettromagnetica che li colpisce.
Questi elementi sono accoppiati (coupled) in modo che ognuno di essi, sollecitato da un impulso elettrico, possa trasferire la propria carica ad un altro elemento adiacente. Inviando al dispositivo (device) una sequenza temporizzata di impulsi, si ottiene in uscita un segnale elettrico che ricostruisce la matrice dei pixel che compongono l’immagine proiettata sulla superficie dello stesso CCD.
Le immagini possono essere convertite in formato digitale per l’immagazzinamento in file su una memoria. L’uso del CCD fu riportato la prima volta da “ Sea technology” (febbraio 1979) a seguito di spedizioni effettuate al largo delle Galapagos ad oltre 3000 metri di profondità e su fondali melmosi.
Nello stesso periodo in cui comparvero i CCD furono realizzati i CMOS. Ormai la maggior parte dell’elettronica moderna utilizza la tecnologia CMOS (semiconduttori a ossido di metallo complementari) che utilizza transistor NMOS e PMOS, che conferiscono eccellenti caratteristiche di commutazione. La costruzione di sensori CMOS consente di incorporare i convertitori analogico – digitale. Ogni pixel in un sensore CMOS ha il proprio amplificatore di lettura e spesso i sensori hanno convertitori A/D per ogni colonna: questo rende possibile leggere l’array in modo estremamente rapido. I transistor situati su ciascun pixel occupano un pò di spazio, con conseguente minore sensibilità e profondità.
Vantaggi e svantaggi tra CCD e CMOS
– il CCD realizza un’immagine ad alta qualità rispetto al CMOS ma consuma parecchia energia rispetto al CMOS (circa 3 volte di più), è più costoso e meno complesso.
– il CMOS è più suscettibile al rumore rispetto al CCD ma si surriscalda meno e introduce meno rumore dovuto alla temperatura rispetto al CCD
I centri di ricerca hanno continuato a migliorare in parallelo le due tecnologie, lavorando per i CMOS sulla qualità dell’immagine e per i CCD sul contenimento dei consumi. Il risultato è che i due sensori sono in genere equiparabili e utilizzabili senza alcuna differenza su tutte le macchine. Ad esempio le Go Pro utilizzano un sensore CMOS.
Range Gating
Un altro metodo conosciuto per ridurre il backscatter è il Range gating che consente di eliminare il 95% dei disturbi dovuti alla diffusione.
Si tratta di un’apparecchiatura impulsiva (ad esempio un laser) che emette un impulso ad alta intensità, che viene riflesso dal bersaglio. Data la grande energia emessa, al fine di non saturare le ottiche (a causa dell’energia riflessa dal backscattering) il ricevitore sincronizzato con la sorgente si spegne per un tempo pari alla durata della larghezza dell’impulso originato dalla sorgente stessa.
Considerando che la luce viaggia a circa 0,224 metri al nanosecondo e che la distanza ottica richiesta varia tra i 15 ed i 60 metri, gli impulsi generati sono compresi tra i 65 ed i 265 nanosecondi.
Assorbimento
L’assorbimento dipende fondamentalmente dalla qualità e dalla concentrazione del particolato. Per contrastare i problemi di assorbimento, si devono utilizzare sorgenti luminose con una penetrazione particolarmente (lunghezze d’onda dai 480 ai 560 nanometri).
In passato venivano utilizzate lampade ai vapori di mercurio, che, pur avendo una discreta luminosità, lavorano su lunghezze d’onda tendenti al rosso; per cui, come abbiamo già visto, la loro diffusione era fortemente limitata.
Negli anni ‘70, l’Astronautical Research Inc., sviluppando lampade con massima propagazione in ambienti “diffondenti” quali acque, nubi e zone nebbiose, realizzò tre nuove sorgenti luminose. Esse possiedono un’efficienza luminosa (Lumen/Watt) due volte maggiore di quella delle lampade ai vapori di mercurio, e ben cinque volte maggiore di quella delle lampade al quarzo. Inoltre, consentono un sostanziale risparmio di energia. Sono provviste di un riflettore e di un equilibratore di tensione, e costituiscono un vero e proprio sistema che permette al subacqueo un’ampia scelta d’illuminazione a seconda delle condizioni ambientali in cui deve operare.
Queste lampade sono:
– Le lampade ai vapori ad alta pressione di sodio (HPSA) che forniscono un’efficienza luminosa di più di 105 Lumen su Watt, con una vita media stimata di diecimila ore. Il loro spettro è caratterizzato da due massimi di diffusione nelle lunghezze d’onda di 570 e 600 nanometri, nella zona verde- giallo. Sono adatte per tutte le applicazioni industriali dove la resa dei colori non è di grande importanza. Hanno un colore che i costruttori definiscono “bianco dorato” ma che tende un pò al giallo arancione con temperatura di colore 2100 K
– la Lampada al tallio iodide (TI) è una lampada ad arco con vapori di metallo, consistente in un contenitore di quarzo con degli elettrodi posti alle estremità, e dei cristalli di tallio iodide con vapori di mercurio. La luce del TI è nella regione del blu – verde e si avvicina al picco di sensibilità dei tubi televisivi Vidicon. E’ consigliata per applicazioni televisive ed ha una efficienza luminosa minima di 80 Lumen su Watt. La temperatura colore è tra 4500°K e 6000°K, con un’emissione luminosa di circa 100 lumen/watt, il che le rende anche adatti per l’illuminazione di edifici, parcheggi o campi sportivi.
– La Lampada al dysplosio iodide (DI). Essa si distingue dalle altre lampade per la ricchezza dei suoi colori; è costituita da un miscuglio di dysprosio iodide, con vapori di mercurio,. Questa lampada, per le sue caratteristiche, si offre per usi fotografici o di osservazione visuale.
Tutte e tre le lampade precedentemente descritte necessitano, a causa della loro curva caratteristica non lineare (Volt/Ampere), di un dispositivo equilibratore. Nonostante queste sorgenti non abbiano un grande potere riflettente, per le loro caratteristiche, si possono prestare per alcune applicazioni subacquee.
In particolare, le lampade HSPA, impiegate per un uso in acque torbide, e TI venivano impiegate con telecamere tipo Vidicon (ormai soppiantate dalle camere CCD e CMOS). Il dysprosio si presta particolarmente per fotografie a colori (con filtri correttivi colorati), ma può essere utilizzato per riprese televisive, essendo un ottimo compromesso tra la HSPA e la TI.
fine Parte III – continua
Andrea Mucedola
foto di copertina Francesco Pacienza
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Fonti
Tesi specialistica Ottica subacquea e sue applicazioni nella guerra mine, 1985, autore Andrea Mucedola
Underwater Optical Imaging: Status and Prospects di Jules S. Jaffe, Kad D. Moore, John McLean e Michael R Strand
In Water Photography”, Mertens, 1970
wikipedia

ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.