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livello elementare
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ARGOMENTO: BIOLOGIA
PERIODO: NA
AREA: OVUNQUE
parole chiave: idrozoi, meduse immortali
Il dono dell’immortalità è forse quello più sognato dall’Uomo che lo ha descritto in opere epiche sin dall’antichità. Nel 1996, alcuni ricercatori pubblicarono uno studio che fece scalpore, sulla scoperta di una specie di meduse in grado di ritornare, ad un certo punto della loro vita, al loro stato giovanile, diventando potenzialmente immortali grazie a questa particolarità di ripetere questo ciclo indefinitamente.
Queste meduse, giunte al termine della fase adulta invece di morire come ogni altro essere vivente, meduse ritraggono i loro tentacoli, trasformandosi in una massa informe; quindi scendono sul fondo dell’oceano e ritornano allo stadio iniziale di polipo nel giro di pochi giorni. Questi polipi sono geneticamente identici alla medusa originale, ma in una versione ringiovanita della stessa. Una possibilità che per fortuna, o sfortuna, non è umana ed ha attratto l’attenzione degli scienziati che studiano i processi dell’invecchiamento cellulare.
Biologia
La medusa immortale, Turritopsis dohrnii, è un idrozoo cosmopolita ovvero che si trova nelle acque temperate e tropicali di tutto il mondo. Essa appartiene al phylum Cnidaria, della classe degli Idrozoi, insieme ad altre meduse, coralli, anemoni e penne marine. La caratteristica distintiva del phylum Cnidaria è la presenza di cnidociti, delle cellule urticanti usate per la predazione delle prede e per la protezione dai predatori ma non è di questo che parleremo oggi ma di una particolare carattersitica che rende queste meduse in alcuni casi immortali. La sua caratteristica di “immortalità” sembra essere in comune con altre meduse come la Laodicea undulata e altre specie del genere Aurelia.
Come la maggior parte degli altri idrozoi, il ciclo vitale della T. dohrnii inizia con piccole larve conosciute come planulae. Quando una planula si deposita crescerà in una colonia che si genererà per riproduzione asessuata attaccandosi al fondo del mare. Tutti i polipi e le meduse derivanti da una singola planula sono di fatto dei cloni geneticamente identici. I polipi si sviluppano in una forma ampiamente ramificata, che non è comunemente vista nella maggior parte delle meduse ma conosciamo nei coralli. Le meduse si staccano da questi polipi e continuano la loro vita nuotando nel volume fino a diventare sessualmente mature. Le meduse appena diventeranno adulte, rilasceranno le loro uova o spermatozoi nella colonna d’acqua, consentendo alla fecondazione esterna di produrre più planulae, iniziando così un nuovo ciclo.

Illustratore scientifico: Meghan Rocktopus da www.therealimmortaljellyfish.com
La cosa straordinaria è che quando sono esposte ad uno stress ambientale o quando raggiungono lo stato adulto possono tornare allo stadio di polipo, formando una nuova colonia di polipi attraverso uno stadio intermedio, la cisti. Questo processo, detto tecnicamente transdifferenziazione, altera lo stato differenziato delle cellule, trasformandole in nuovi tipi di cellule. La caratteristica di “immortalità” sembra essere in comune con altre meduse come la Laodicea undulata e altre specie del genere Aurelia.
Ecologia
Dal punto di vista ecologico hanno scoperto che questo processo sembra attivarsi quando la medusa è stato di stress, di mancanza di nutrimento o quando avvengono variazioni della temperatura o della salinità dell’acqua. In quel frangente si innesca il meccanismo che può potenzialmente ripetere il ciclo vitale indefinitamente.
La Turritopsis dohrnii vive in acque poco profonde in tutto il mondo e fu descritta per la prima volta in Italia nel 1883. La specie è ora considerata una specie diffusa in tutto il mondo, diffondendo il suo areale geografico, possibilmente attraverso l’acqua di zavorra delle navi. In realtà le meduse T. dohrnii sembrano diverse a seconda della regione in cui vengono raccolte (acque tropicali o temperate). Quelle tropicali mostrano solo 8 tentacoli durante l’intero ciclo di vita, mentre quelle temperate hanno fino a 24 tentacoli. Finora T. dohrnii è stata trovata nelle coste del Mar Mediterraneo, del Giappone, del Pacifico e dell’Atlantico di Panama, Brasile, Golfo del Messico, Turchia e California (Miglietta et al. 2018).

Turritopsis dohrnii, la cosiddetta “medusa immortale” © Takashi Murai/The New York Times Syndicate/Redux
Studio del genoma
Ma veniamo ora al suo lato più interessante dal punto di vista biologico. Durante la metamorfosi inversa si verifica una vera e propria riprogrammazione cellulare, un processo in cui una cellula matura si trasforma in un nuovo tipo di cellula. Va premesso che la maggior parte di ciò che è oggi conosciuto è stato scoperto con studi di laboratorio in vitro. Di fatto i meccanismi ed i driver molecolari con cui le cellule lasciano spontaneamente (in vivo) uno stato differenziato per diventare una nuova discendenza sono ancora poco compresi, a causa delle difficoltà di indurre la transdifferenziazione nei sistemi di modelli vivi.

Turritopsis dohrnii zaferkizilkaya/Shutterstock.com
La complessità è legata al fatto che il processo avviene nel corso delle settimane, per cui la modellazione della sua rete di regolazione genica è molto problematica. Poiché lo sviluppo inverso avviene in 48-72 ore e può essere indotto in ambienti di laboratorio, la medusa T. dohrnii rappresenta un sistema ideale per studiare la genetica alla base della riprogrammazione cellulare. Ciò potrebbe permetterci di fare importanti scoperte sul meccanismo dell’invecchiamento delle nostre cellule.
Il sogno di Gilgamesh di ottenere l’immortalità potrebbe in un futuro lontano realizzarsi … ma ne varrebbe veramente la pena o forse sarebbe meglio puntare sulla qualità della vita piuttosto che sulla sua durata?
Maria Pia Miglietta, ricercatrice presso la Pennsylvania State University, e il suo collega Harilaos Lessios dello Smithsonian Tropical Research Institute di Panama hanno confrontato il DNA delle meduse immortali provenienti da acque di tutto il mondo, catturate nel Mediterraneo, in Giappone, in Florida e a Panama per il loro studio pubblicato nel numero di giugno 2008 della rivista Biological Invasions, scoprendo che tutti i geni esaminati dagli scienziati erano identici.
Ci possiamo domandare perché madre natura, preoccupandosi della sopravvivenza della nostra specie, abbia preferito alla conservazione del singolo individuo un sistema molto efficiente e sicuramente più piacevole per la riproduzione. Noi non siamo in grado di ripararci integralmente, o parzialmente, come alcuni animali per conservarci indefinitamente ma questa è la caratteristica della nostra specie. Certo imparare i meccanismi dell’invecchiamento potrebbe aiutarci a vivere più a lungo, ma forse potrebbe non essere così appetibile … meglio sarebbe riuscire a mantenere le nostre capacità fisiche e mentali fino alla fine, accettando i segni del tempo come medaglie di una vita vissuta degnamente e consapevolmente.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
Grazie, che articolo interessante!