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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Ottomani, Spagna, Francia
I Barbarossa
Chi le contrasta? In alcuni casi alcune città, più solide di altre, resistono (la prima è Algeri, nel 1511). Ma sono soprattutto i corsari ad opporsi, con sempre maggiore efficacia, all’offensiva spagnola. Dapprima si tratta di gruppi di corsari diversi, che se vedono conquistata dagli spagnoli la città che usavano come base si spostano in un’altra, offrendo i loro servigi al nuovo signore. Ma presto i diversi gruppi di corsari iniziano a coagularsi intorno ad uno, principale, capeggiato da due fratelli, entrambi soprannominati Barbarossa. Questi sono presenti in Nord Africa dal 1504, sono due stranieri, figli di un militare ottomano albanese e di una greca di Mitilene (Anatolia). Sono spinti dall’interesse ma anche da una non trascurabile enfasi ideologica verso la guerra santa contro l’infedele (e non è facile capire quanto ci credano davvero, e la vivano come una missione, e quanto la utilizzino come sostrato ideologico per galvanizzare gli animi e presentarsi come campioni dell’Islam contro i cristiani, in modo da coagulare consensi intorno alla loro azione e ottenere legittimità).
Nel 1512 i Barbarossa si riconosco vassalli del Sultano di Istanbul, ottenendo giannizzeri, artiglieria e legittimità, ma generando nei maghrebini anche forme di resistenza, perché se già la leadership di corsari stranieri era mal digerito da molti lo è anche di più la prospettiva della sudditanza all’Impero ottomano. Molti appoggiano il progetto dei Barbarossa di creare un proprio dominio personale in qualità di governatori ottomani, togliendo presidi e porti agli spagnoli; molti altri appoggiano il disegno spagnolo preferendolo alla sudditanza ottomana. Lo scontro diventa quindi anche guerra civile tra nordafricani, e si concretizza in una serie di azioni e reazioni che vedono la progressiva affermazione dei Barbarossa quali signori di una ampia porzione del Maghreb, organizzato formalmente in governatorato ottomano. La morte del fratello maggiore in combattimento nel 1518 lascia la scena al minore, Khariedyn, che sarà da questo momento in poi uno dei protagonisti della guerra.
La costruzione del potere marittimo ottomano e del blocco imperiale asburgico
Mentre in Maghreb prima i corsari poi il, Barbarossa combattono gli spagnoli in nome dell’Impero ottomano, l’Impero stesso inizia a muoversi nel teatro Mediterraneo. Lo aveva già fatto, con un accenno, nel 1480 assediando Otranto. Poi si era dedicato a consolidare le sue posizione nell’Egeo e nell’area ellenica togliendo spazi a Venezia. Ora fa passi più decisi, conquistando la Siria e l’Egitto mamelucco nel 1517 e Rodi nel 1522. Gli anni che vanno dal 1516 al 1530 vedono la configurazione pressoché definitiva dei due blocchi imperiali contrapposti.
Nel Nord Africa Khariedyn Barbarossa consolida il suo dominio territoriale (ossia il suo stato ottomano-barbaresco con capitale Algeri) e intensifica la guerra di corsa. L’Impero ottomano inizia a guardare sempre più verso il Mediterraneo centrale e occidentale, sia attraverso Barbarossa, la sua flotta corsara e il Nord Africa, sia attraverso l’organizzazione di una potente marina da guerra propria. Ma non solo, dilaga anche nei Balcani, prendendo prima Belgrado (1521), poi Buda e l’Ungheria (1526) e arrivando ad assediare Vienna (1529). Il blocco imperiale ispano-asburgico (che nel Mediterraneo sarà anche ispano-italiano e ispano-genovese, dal 1528) prende forma anch’esso in questi anni. Nel 1516 Carlo d’Asburgo diventa re di Spagna, nel 1519 viene eletto Imperatore del Sacro Romano. Tra 1525 (battaglia di Pavia) e 1530 (incoronazione a Bologna) ottiene successi decisivi nella guerra in Italia contro la Francia di Francesco I. La Francia, in forza dell’estromissione dall’Italia, perderà la sua vocazione crociata anti turca (propagandata in antitesi al ruolo guida assunto dalla Spagna nella lotta contro l’infedele) e, dopo il 1530 si voterà alla realpolitik, trattando con l’Impero ottomano e stipulando con esso, nel 1536, un’alleanza anti spagnola.
La fase centrale della guerra 1530-1546
Proprio negli anni Trenta I due grandi blocchi imperiali, l’ispanico e l’ottomano, iniziano ad affrontarsi direttamente e a viso aperto nel Mediterraneo (gli ottomani iniziano quindi ad agire in prima persona, non più solo attraverso i corsari barbareschi di Barbarossa). Si affrontano sul mare e in operazioni anfibie, ma sempre col mare al centro.

a sinistra il Barbarossa e a destra Andrea Doria, protagonisti del loro tempo (fig. 2)
Sul mare due sono i protagonisti (fig. 2): Andrea Doria, ammiraglio genovese al servizio di Carlo V dal 1528, ed il Barbarossa, che dopo i successi del Doria degli anni 1531-33 nel Mar Ionio (Modone, Corone, Patrasso, battaglia navale di Corone) contro la flotta del Sultano viene nominato Gran Ammiraglio dell’Impero. Barbarossa ammoderna la flotta sotto il profilo tecnologico, ne migliora la qualità sotto il profilo degli equipaggi e inizia a dare del filo da torcere al Doria. Con Barbarossa alla guida della flotta ottomana gli equilibri si spostano; prima erano decisamente dalla parte degli ispano-genovesi grazie flotta guidata dal Doria (superiore per qualità anche se inferiore per numero). Ora Barbarossa lavora sulla qualità, e la flotta ottomana, già superiore per numero, riduce il gap qualitativo. Inoltre Barbarossa dal 1536 può contare sull’alleanza francese.
Il potere marittimo della Francia è poca cosa, ma la Francia ha Marsiglia e Tolone, splendidi porti (e quindi base d’operazione per la flotta ottomana e i corsari barbareschi) a ridosso dell’asse di comunicazione marittimo che collega la Spagna con i suoi domini e alleati italiani (la rotta spagnola del Mediterraneo occidentale; e a ridosso di Genova, che è la chiave dell’impero spagnolo mediterraneo, sia sotto il profilo finanziario, sia sotto il profilo geostrategico (è la chiave e la porta d’Italia, perché baricentro della rotta spagnola del Mediterraneo occidentale). Non è un caso che la nuova cinta muraria di Genova venga realizzata proprio a partire dal 1536.
Gli episodi bellici si susseguono, di anno in anno, durante la stagione estiva, perché si naviga e si combatte principalmente nella buona stagione, e ci si prepara alla campagna dell’anno successivo durante la cattiva. Barbarossa recupera le piazzeforti che il Doria aveva conquistato in Grecia tra il 1531 e il 1533 e nel 1534 conquista Tunisi, che era retta da un sovrano maghrebino filo spagnolo. Ne voleva far base per un attacco alla Sicilia, ma Carlo V e il Doria la riconquistano nel 1535 (grazie anche ad un’abile manovra del Doria che blocca nel porto la flotta di Barbarossa). In diverse occasioni Barbarossa effettua crociere nel mar Tirreno, compiendo incursioni massicce lungo le coste siciliane e italiane. Nel 1537 assedia Corfù, isola-piazzaforte veneziana, porta dell’Adriatico, ma fallisce anche perché deve impegnare parte della flotta contro quella del Doria che, con una serie di abili azioni diversive, molesta le sue linee di comunicazione. L’anno dopo (1538) la flotta ottomana e quella della Lega tra Spagna, Papa e Venezia si affrontano alla Prevesa. La flotta della Lega, guidata dal Doria, è in superiorità numerica, ma non riesce a prevalere, a causa di problemi di ordinazione fra galee e navi. Si tratta dell’unica grande battaglia navale di questa fase, finisce in un pareggio. Ma è uno smacco per la Lega perché la superiorità numerica (cosa rara contro la flotta ottomana ed ottenibile solo unendo le forze di Spagna e Venezia) aveva fatto sperare in una vittoria decisiva. Nel 1542-46 l’alleanza con la Francia si concretizza in una serie di operazioni congiunte nel teatro italiano. La flotta ottomana prede base a Tolone e Marsiglia, nel 1543 i franco-ottomani assediano Nizza, le scorrerie corsare nel Tirreno si moltiplicano, in particolare contro la Riviera Ligure di Ponente, la Corsica e la Sardegna.
Gli ultimi trent’anni: 1546-1574
Il conflitto prosegue sul mare anche dopo l’uscita di scena dei due grandi protagonisti. Barbarossa muore nel 1546; Andrea Doria, ormai vecchi, conquista Mahdia nel 1550 (riconquistata dagli ottomani nel 1554) e poi inizia a non navigare più, delegando il comando ed esercitandolo, come i moderni ammiragli di alto rango, da terra (da Genova). Tra 1553 e 1559 i franco-ottomani cercano di conquistare la Corsica, per impossessarsi di Genova, il cui controllo dipende dal possesso dell’isola. Nel 1560 il grosso della flotta spagnola viene annientato a Gerba; nel 1565 gli ottomani falliscono nell’assedio di Malta, nel 1570 il nuovo uomo di punta della corsa barbaresca, Ulugh Alì riconquista Tunisi.
Il 1571 è l’anno della battaglia di Lepanto, che cancella Gerba, perché il disastro della flotta ottomana è infinitamente maggiore di quello che aveva subito la flotta spagnola nel 1560; ma è una vittoria illusoria, perché gli Ottomani non perdono la supremazia navale nel Mediterraneo, anzi la riacquistano subito, non appena Venezia, alleata della Spagna a Lepanto, firma la pace. Solo l’unione Spagna-Venezia poteva competere, sul piano navale, con l’Impero ottomano.
Il conflitto si conclude di fatto tra 1573 e 1574, nel ’73 gli Spagnoli riconquistano Tunisi, nel ’74 Ulugh Alì se la riprende, con una grande flotta che quella spagnola non può affrontare.
Di fatto, con l’ultima riconquista di Tunisi il conflitto si chiude. I motivi sono essenzialmente due:
– entrambi i contendenti sono esausti finanziariamente, ed entrambi hanno anche altri nemici da combattere (la Spagna è impegnata contro i ribelli olandesi dal 1567, l’Impero ottomano è in uno stato di guerra latente con la Persia);
– l’obiettivo principale per cui era scoppiato il conflitto, ossia il controllo del Nord Africa, era stato raggiunto da uno dei due contendenti. Dopo la riconquista di Tunisi del 1574 tutto il Nord Africa dal Marocco (escluso) all’Egitto è sotto controllo ottomano. Agli spagnoli restano solo quattro presidi, inutili per esercitare un efficace controllo dell’antemurale. La Spagna ha mancato l’obiettivo di originale di eliminare il problema corsaro. Anzi, ora con il Nord Africa dominato da Pascià che sono anche ammiragli corsari del Sultano Ottomano l’intensità della corsa barbaresca è, e sarà, ancora più intensa di quanto non fosse tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento.
Le caratteristiche del teatro bellico Mediterraneo
Questo conflitto che ha avuto per baricentro il Mediterraneo, ha avuto tratti caratteristici peculiari che derivano essenzialmente da due ordini di fattori. Il primo ordine di fattori è legato al fatto che il teatro operativo principale sia stato il mare, ossia si sia trattato in primo luogo di un conflitto navale. E un conflitto navale ha delle sue caratteristiche particolari. Ha per teatro un spazio decisamente più aperto di quello terrestre. È uno spazio che non è completamente aperto, perché le rotte si sviluppano principalmente sotto costa e i passaggi obbligati non mancano, ma è molto più aperto di quello terrestre e quindi, ed è questo il secondo punto. È caratterizzato da una mobilità su ampi spazi decisamente superiore rispetto alla guerra terrestre, e a tempi di percorrenza decisamente inferiori. Ossia, la capacità di proiezione strategica della forza militare sul mare è superiore a quella sulla terraferma; o lo è, naturalmente, se si hanno gli strumenti necessari, e questi strumenti costano. Da qui il terzo punto. È caratterizzato da alti costi di gestione, e dalla necessità d’avere a disposizione un sapere specialistico come quello marittimo. Denaro e sapere marittimo non sono così diffusi nell’Europa del Cinquecento, tanto che la Spagna coopta il sapere e il denaro dei genovesi perché le sue risorse non bastano. Ma il denaro non serve solo per la componente navale della guerra, ossia per costruire navi e armare flotte, serve anche per un altro elemento centrale nella guerra Mediterraneo: le piazzeforti. Perché i presidi, le basi navali, i punti di appoggio vanno protetti con moderne fortificazioni (siamo nella rivoluzione militare, l’arte fortificatoria cambia, e quella nuova, la trace italienne, costa).
Qui passiamo al secondo ordine di fattori che caratterizzano la guerra nel Mediterraneo: la stretta connessione e commistione tra mare e terra. È un mare chiuso tra terre che si insinuano al suo interno, che lo tagliano, delimitandone i settori. Per cui il rapporto mare-terra, flotta-porto è centrale. Le flotte si muovo spesso per “un’impresa”, ossia uno sbarco, la conquista di una piazzaforte o di una città, o di un’isola, o per dare l’assalto ad una regione. Oppure si muovono per evitare l’impresa del nemico, per evitare che sbarchi, che conquisti una piazzaforte o un’isola.
fine parte III – continua
Emiliano Beri
in anteprima Andrea Doria. dettaglio da figura 2.
Bibliografia essenziale
Braudel, Civiltà e Impero del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Einaudi 1986
Pellegrini, Guerra santa contro i turchi. La crociata impossibile di Carlo V, Il Mulino 2015
Pacini, «Desde Rosas a Gaeta». La costruzione della rotta spagnola nel Mediterraneo occidentale nel secolo XVI, F. Angeli 2013
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PARTE I
PARTE II
PARTE III
PARTE IV

Emiliano Beri si è laureato con lode in Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova. Nel 2011 vi ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia, discutendo una tesi sulle guerre di Corsica del medio Settecento. Dal 2012 al 2016 è stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia e Geografia dell’Università di Genova. Negli anni accademici 2016-17 e 2017-18 ha insegnato Storia sociale nel corso di Laurea triennale in Storia e Storia militare nel corso di Laurea magistrale in Scienze Storiche della Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Genova. Per l’anno accademico 2018-19 è stato docente aggregato di Storia militare nel corso di Laurea magistrale in Scienze storiche della stessa Scuola. A partire dall’anno accademico 2019-20 è docente aggregato sia di Storia militare che di Storia sociale.