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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MONDO
parole chiave: DPI, facial mask, covid 19, mascherine monouso
In pochi mesi le mascherine di protezione sono entrate a far parte del corredo di tutti, ci accompagnano nella vita quotidiana, fornendo una protezione a coloro che vengono in contatto con noi. Come sapete sono dispositivi progettati per trattenere gli agenti infettivi presenti nel nostro respiro e forniscono quindi una protezione solo a coloro che ci stanno vicini ma non ci proteggono dagli altri. La loro efficacia ha senso solo se tutti le utilizzassimo, riducendo notevolmente il rischio di contagio.

una mascherina spiaggiata … da OceansAsia
Ne esistono di vario tipo. Iniziamo con le maschere chirurgiche monouso, quelle azzurrine che spesso vediamo negli sceneggiati televisivi. Esse devono essere conformi alla norma europea EN14683 e, in base ai loro diversi criteri di prestazione, sono classificate come tipo I, IR, II e IIR. Altra cosa sono le maschere conformi alla norma europea EN149 che sono basate sulle loro prestazioni di filtraggio (da fuori verso l’interno).

mascherine monouso chirurgiche
Esse sono utilizzate per proteggere coloro che le portano dagli altri ed hanno diverse classificazioni come FFP1 (N95 negli Stati Uniti e KN95 in Cina), FFP2 (N99 negli Stati Uniti e KN99 in Cina) e FFP3 (N100 in USA e KN100 in Cina). Il significato delle sigle è semplice: N95 significa che la maschera ha un efficacia di filtraggio del 95% di particelle con un diametro mediano di massa di 0,3 micrometri. Anch’esse, come le monouso, hanno una vita di impiego limitata, anche se più lunga delle prime.

una mascherina N95 filtra il 95% del particolato
Le maschere chirurgiche hanno una struttura a più strati, dove generalmente uno strato di tessuto è ricoperto da entrambi i lati da tessuto non tessuto accoppiato che ha una migliore efficienza di filtrazione dei batteri e permeabilità dell’aria. Il tessuto non tessuto è più comunemente realizzato in polipropilene o, in combinazione con polietilene o poliestere PET. Il livello di filtrazione di una maschera dipenderà quindi dal tipi di tessuti/non tessuti utilizzati per la sua fabbricazione. Ad esempio, secondo gli standard, le maschere chirurgiche sono realizzate per essere efficaci nel filtrare particelle come batteri sopra 1 micron.
Un’altra opzione disponibile al pubblico è la maschera respiratoria riutilizzabile, che fornisce protezione contro gli inquinanti atmosferici, compresi i patogeni presenti nell’aria. Queste maschere riutilizzabili sono spesso a più livelli e contengono un filtro ad aria ad alta efficienza (HEPA). Queste maschere filtrano la polvere e le particelle di inquinanti (ad esempio le PM10, PM2.5 e PM0.3), nonché batteri e virus, utilizzando un sistema di filtrazione a triplo strato. Le maschere riutilizzabili più semplici sono realizzate in multistrato e furono impiegate nell’epidemia di influenza aviaria (H5N1) già nel 2004.

riutilizzabili fai da te … hanno un effetto barriera più o meno efficace da te verso gli altri
Non ultime le maschere fai-da-te che richiedono semplici materiali naturali come il cotone che può essere ricavato anche da vecchie magliette. Dopo l’uso, possono essere riutilizzate tenendole a bagno in soluzioni di amuchina o candeggina e facendole poi asciugare.

i nuovi inquilini delle spiagge da OceansAsia
Abbandonate nell’ambiente
Parliamo ora di una situazione che sta peggiorando a livello mondiale: il cattivo smaltimento delle mascherine monouso. Infatti se i DPI monouso, considerati “contaminati”, sono smaltiti in ambiente ospedaliero con l’incenerimento, non esiste un sistema di smaltimento sicuro per il grande pubblico. Secondo Engineering & Technology l’uso di maschere riutilizzabili da parte del pubblico potrebbe evitare la generazione di 66.000 tonnellate di rifiuti di plastica contaminati all’anno solo in Gran Bretagna.

dallo studio dell’UCL
L’University College London (UCL) – Plastic Waste Innovation Hub ha pubblicato un documento che descrive in dettaglio le potenziali implicazioni ambientali e climatiche legate all’uso di maschere facciali monouso come misura precauzionale contro il nuovo coronavirus.
Secondo l’UCL si produrrebbero oltre 128.000 tonnellate di rifiuti non riciclabili di plastica (66.000 tonnellate di rifiuti contaminati e 57.000 tonnellate di imballaggi in plastica). Per ridurre l’impatto potrebbero essere sostituite da maschere riutilizzabili, realizzabili con tessuti a trama fitta come il cotone trapuntato. Sebbene queste maschere improvvisate non siano adatte per gli operatori sanitari, la ricerca sembra suggerire che siano moderatamente efficaci nel prevenire chi le indossa di trasmettere Covid-19 ad altre persone, riducendo la portata e il volume delle goccioline d’acqua espirate contenenti il virus. Inoltre potrebbero essere riutilizzate previa disinfezione delle stesse.

coprire con un fazzoletto o il gomito interno riduce l’impatto delle goccioline che potrebbero trasportare batteri e virus BASTA POCO
La disinfezione e il riutilizzo sicuri delle maschere monouso è stato recentemente studiato da Liao et al. (2020) che suggerisce diversi metodi, tra cui l’aria calda (75 ° C, 30 minuti), luce UV (254 nm, 8 W, 30 minuti) e vapore (10 minuti). Tuttavia, non è ancora noto quante volte questo procedimento possa essere eseguito prima che le maschere diventino inefficaci. Molti le disinfettano lasciandole al sole per 72 ore. Secondo uno studio di Juan Carlos Rubio-Romero il riutilizzo di maschere usa e getta è limitato in termini di numero di usi ed effetti indesiderati. L’uso di H2O2 è considerato il metodo più efficace per la disinfezione industriale delle maschere mentre l’impiego di aria calda è considerato il metodo più efficace per la disinfezione domestica delle maschere. Le maschere chirurgiche sono leggermente meno efficaci delle maschere respiratorie riutilizzabili. Infine, le maschere monouso fatte in casa (e quindi non certificate) hanno un’efficacia limitata all’effetto barriera rispetto a quelle certificate.

dallo studio dell’UCL
Il problema è come smaltire correttamente questi dispositivi individuali. Sarebbe necessario, visto il perdurare della situazione, educare la popolazione attraverso una campagna pubblica, con istruzioni chiare (ad esempio con tutorial video sui media e online) su come indossare, rimuovere, smaltire o (quando possibile) disinfettare le maschere riutilizzabili.
L’Igiene è alla base di tutto
E’ importante comprendere che l’uso di dispositivi individuali NON esime da comportamenti igienici di base. Le maschere non sono una sostituzione per effettuare una buona igiene delle mani e mantenere un adeguato distanziamento sociale. Qualsiasi campagna pubblica dovrebbe sottolineare che l’igiene non è legato alla pandemia COVID 19 ma deve essere un’abitudine comportamentale di tutti.
Quindi continuate a lavarvi bene le mani e cercate di evitare contati non necessari per proteggere voi stessi ma soprattutto coloro che vi stanno vicino che potrebbero essere a maggior rischio di infezione (immunodepressi, anziani, etc).
Per quanto concerne le monouso, dopo l’impiego raccoglietele in un contenitore per almeno 72 ore. Dovrebbe essere un tempo sufficiente per far morire il virus. Dopo di che smaltitele nell’indifferenziata.

quantità di rifiuti per tipologia di maschere di protezione – dallo studio dell’UCL
Un ultimo pensiero per il mare
Il gruppo ambientalista OceansAsia ha condotto una ricerca sulle spiagge delle isole Soko, Hong Kong, dove sono state ritrovate migliaia di mascherine chirurgiche (con un rapporto di 70 maschere per ogni 100 metri) che si erano riversate sulla costa. Il pericolo è che questi nuovi rifiuti si accumulino con gli altri materiali plastici contribuendo all’uccisione degli animali marini. Se pensiamo che ogni anno più di 100.000 mammiferi e tartarughe marine ed oltre un milione di uccelli marini vengono uccisi dalla plastica questa nuova minaccia sarebbe un colpo di grazia per molte specie.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
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