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NO PLASTIC AT SEA

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Petizione OCEAN4FUTURE

Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

Salve a tutti. Noi crediamo che l'educazione ambientale in tutte le scuole di ogni ordine e grado sia un processo irrinunciabile e che l'esempio valga più di mille parole. Siamo arrivati a oltre 4000 firme ma continuiamo a raccoglierle con la speranza che la classe politica al di là delle promesse comprenda realmente l'emergenza che viviamo, ed agisca,speriamo, con maggiore coscienza
seguite il LINK per firmare la petizione

  Address: OCEAN4FUTURE

Surfing the waves: la storia del surf

Reading Time: 7 minutes

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livello elementare
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ARGOMENTO: CONOSCERE IL MARE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: surf
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Le immagini dei cavalieri delle onde fanno sempre sognare. Uno sport ma anche una filosofia di vita che si perde nei millenni, in una cultura lontana che unisce forse come nessuna l’Uomo alla natura.

La pratica del surf, conosciuta come heʻe ʻana in lingua hawaiana, fu riportata nel diario di bordo della HMS Endeavour da Joseph Banks durante la sosta a Tahiti. Banks era estremamente curioso ed annotava, disegnando tutto ciò che osservava, gli usi e costumi degli indigeni. Il diario di bordo della spedizione è ancora oggi uno dei manoscritti più significativi per comprendere quel viaggio ai confini del mondo effettuato dal Capitano James Cook dal 1768 al 1771.

HMS Endeavour – Joseph Banks nella prima spedizione di Cook riportò numerose informazioni sui costumi dei popoli che incontravano tra le isole – Painting by Samuel Atkins (1787-1808) of Endeavour off the coast of New Holland during Cook’s voyage of discovery 1768-1771. Inscription on reverse of painting indicates it relates to the grounding of the Endeavour on the Great Barrier Reef in June 1770.  HMS Endeavour off the coast of New Holland, by Samuel Atkins c.1794.jpg – Wikimedia Commons

Niente di meglio che leggere direttamente le pagine in cui Banks raccontò le spericolatezze degli indigeni sulle onde cavalcando delle tavole di legno che a lui sembrarono vecchie canoe. 

Era il 29 maggio 1769 … Banks scrisse sul diario di bordo:
in our return to the boat we saw the Indians amuse or excercise themselves in a manner truly surprizing. It was in a place where the shore was not guarded by a reef as is usualy the case, consequently a high surf fell upon the shore, a more deadfull one I have not often seen: no European boat could have landed in it and I think no Europaean who had by any means got into [it] could possibly have saved his life, as the shore was covered with pebbles and large stones. In the midst of these breakers 10 or 12 Indians were swimming who whenever a surf broke near them dived under it with infinite ease, rising up on the other side;

but their chief amusement was carried on by the stern of an old canoe, with this before them they swam out as far as the outermost breach, then one or two would get into it and opposing the blunt end to the breaking wave were hurried in with incredible swiftness. Sometimes they were carried almost ashore but generaly the wave broke over them before they were half way, in which case the[y] dived and quickly rose on the other side with the canoe in their hands, which was towd out again and the same method repeated.

We stood admiring this very wonderfull scene for full half an hour, in which time no one of the actors attempted to come ashore but all seemed most highly entertained with their strange diversion.

Un gioco che aveva qualcosa di mistico. Un sfida al grande oceano di quei popoli che erano in grado di muoversi su lunghe distanze su piccole canoe seguendo il sorgere  e il tramonto delle stelle. Co il senno del poi, la percezione di Banks fu esatta. Il surf era parte centrale dell’antica cultura polinesiana, ancora precedente all’arrivo di Cook. Il capo villaggio (Ali’i) era tradizionalmente il surfista, diremmo oggi, più abile della comunità, e possedeva la migliore tavola fatta con il miglior legno. Era un’attività di nicchia perché solo la classe dirigente aveva le migliori spiagge e le migliori tavole, mentre gli altri indigeni non vi erano nemmeno ammessi.

Ma la capacità di surfare dava la possibilità ai membri della tribù di crescere socialmente. I migliori potevano ottenere prestigio dalla loro capacità di cavalcare le onde e assurgere a livelli sociali superiori. A Tahiti e Samoa il surf era un passatempo popolare che veniva spesso usato anche come parte dell’addestramento dei guerrieri. Invece alle Hawai’i assunse un ruolo spirituale e si radicò nel tessuto stesso della religione e della cultura locale. Questa attività era comune in tutto il Pacifico dalle Samoa fino a Tonga.

Ma dove ebbe origine?
E’ noto che la pratica di cavalcare una tavola sull’onda fu praticata anche dalla civiltà pre-inca (cultura Mochica/Moche) circa 2000 anni fa e continuò nella cultura Chimu. Queste piccole imbarcazioni venivano utilizzate dal popolo Mochica ed erano chiamate “Caballitos de Totora“. Sebbene i Mochica li usassero anche per scopi di pesca, è anche possibile che fossero usati per divertimento, come sembra da alcune scoperte archeologiche.

Ancora oggi i Caballitos de Totora sono utilizzati dai pescatori locali. La civiltà dei Mochica-Chimu usava però una specie di pagaia per spostarsi quindi il Caballito de Totora, sotto un certo aspetto, si collocava tra un surf e lo stand-up paddle boarding. Come abbiamo accennato, gli antichi hawaiani non consideravano il surf una semplice attività ricreativa, come viene vista oggi, e lo avevano integrato nella propria cultura considerandolo a tutti gli effetti una forma artistica e mistica. Si riferivano a questa capacità come lui`e nalu che può essere tradotto come “onda scorrevole“. Gli Hawaiani pregavano gli dei per avere protezione e forza per intraprendere i viaggi nel potente oceano. Per ingraziarsi gli dei i surfisti facevano appello al kahuna (sacerdote) che li aiutava con una preghiera. Prima di entrare nell’oceano, il sacerdote aiutava i surfisti (principalmente della classe superiore) in una cerimonia spirituale che precedeva la costruzione della tavola da surf.

Evoluzione delle tavole da surf: Ancient “Alaia” board (6-9ft), Ancient “Olo” board (12-16ft), 1920s “Cigar” paddleboard by Tom Blake (16ft), 1930s “Waikiki-style” (10ft) nel mezzo Duke Kahanamoku, Waikiki a destra  Tom Blake, Waikiki, 1929 Prone Paddleboarding’s Historical Influence on Stand Up Paddling: From Waikiki 1929 To SUP 2013 – SUP Racer

Gli Hawaiani selezionavano quindi con cura tre tipi di alberi: il koa (Acacia koa), lʻulu (Artocarpus altilis) e il wiliwili (Erythrina sandwicensis). Una volta selezionato il legno più adatto, il surfista avrebbe scavato l’albero e posto un pesce in una buca come offerta agli Dei. Alcuni selezionati artigiani della comunità avevano il compito di lavorare il legno, colorare e preparare la tavola per il surfista.

La tradizione descrive tre forme primarie di tavola: ʻolo, kikoʻo e alaia. Lʻolo era una tavola spessa nel mezzo che si assottigliava gradualmente verso i bordi. Il kikoʻo aveva una lunghezza maggiore da 370 a 550 cm e richiedeva una grande abilità di manovra per surfare fra le onde. La tavola alaia aveva invece dimensioni minori (circa 275 cm) anche se non era meno complessa da manovrare.

Dopo il primo contatto con il mondo occidentale, la cultura hawaiana fu costretta a cambiare. Gli Europei erano ossessionati dall’esplorazione e dalla colonizzazione del Pacifico e definirono le isole come macchioline di terra in un mare lontano. Il loro apporto fu drammatico: diffusero le malattie occidentali e li colonizzarono in malo modo, distruggendo gran parte della loro cultura indigena. Furono costruite le piantagioni e iniziò l’immigrazione forzata di altri popoli per potervi lavorare. Gli Hawaiani, mescolati con lavoratori provenienti dall’Asia, furono messi al lavoro nelle piantagioni di zucchero e i missionari protestanti tentarono di eradicare le loro credenze tradizionali. Insieme alla soppressione della cultura tradizionale vi fu anche quella del surf, spesso vista dai missionari come un’attività frivola, a volte oscena. In breve, solo pochi Hawaiani riuscirono a conservare  i costumi dei loro antenati.

All’inizio del ventesimo secolo il surf fu riscoperto da un uomo con un nome decisamente particolare, “Duke Paoa Kahinu Mokoe Hulikohola Kahanamoku“, chiamato più semplicemente Duke che oggi è riconosciuto come il capostipite del surf moderno.

Duke era un bagnino sulla spiaggia di Waikiki, vincitore olimpico di nuoto, beach boy e surfista su quella spiaggia che divenne presto una ricercata destinazione turistica dove l’antica arte del surf iniziò a rinascere in popolarità. I turisti americani videro i locali fare surf ed incuriositi vollero provare quello strano sport. Sembra che nel 1866 ci provò anche lo scrittore Mark Twain, anche se con scarsi risultati. Jack London lo provò durante la sua visita a Waikiki, e in seguito scrisse con entusiasmo un saggio intitolato “A Royal Sport” che fu pubblicato nell’ottobre 1907. Nel 1908 Alexander Hume Ford fondò l’Outrigger Canoe e il Surfing Club, la prima organizzazione moderna sviluppata per promuovere il surf. Questa attività era inizialmente solo per gli uomini bianchi e le donne non furono ammesse fino al 1926. Gli Hawaiani locali fondarono un loro club nel 1911, chiamato Hui Nalu, che significa il club delle onde.

Quando le notizie di questo nuovo sport iniziarono a diffondersi, i locali di Waikiki iniziarono a tenere lezioni e dimostrazioni per i turisti. Questa era la base dei Waikiki Beach Boys, hawaiani per lo più nativi che frequentavano la spiaggia, facevano surf ogni giorno e insegnavano ai ricchi turisti della costa come cavalcare le onde. Waikiki era anche conosciuta come terra di confine delle Hawaii, un luogo in cui convergevano le differenze e le norme sociali diventavano spesso fluide. Un ambiente rilassato, quasi uno stile di vita che aveva il suo centro di gravità intorno alla spiaggia.

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I gruppi di surfisti alle Hawaii, e in seguito in Australia, California e Sudafrica, gettarono le basi per la moderna cultura del surf in tutto il mondo. Una sensazione indescrivibile quella di scivolare in equilibrio su una tavola lungo una parete d’acqua, diventando un tutt’uno con la forza della natura. Tutto il resto non conta … che aggiungere se non Aloha.

Andrea Mucedola

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Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, pur rispettando la netiquette, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

 

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