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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: Fukushima
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L’acqua radioattiva di Fukushima potrebbe finire nel Pacifico. Questa notizia è rimbalzata sulle news di tutto il mondo creando non poche preoccupazioni. Nel pomeriggio dell’11 marzo 2011, un violento terremoto colpì il Giappone (9 scala Richter), di fatto il sisma più potente mai registrato. L’epicentro si trovava a circa 100 chilometri dalla costa nordorientale della regione di Honshu (l’isola principale del Giappone lungo una faglia sottomarina tra due placche tettoniche. Un’enorme quantità di energia pulsò dall’epicentro del sisma e si diramò in tutte le direzioni nell’Oceano Pacifico.
L’impulso salì in superficie creando un enorme tsunami che colpì Onagawa circa 30 minuti dopo il terremoto. Dieci minuti dopo, colpì la costa della prefettura di Fukushima più di 100 chilometri a sud. Il disastro apparve immediatamente nella sua gravità, provocando il crollo di importanti porzioni di tre dei reattori della centrale nucleare di Fukushima. A seguito dell’incidente la grande quantità di acqua radioattiva fu immagazzinata in giganteschi serbatoi appositamente costruiti (sembrerebbe che fino ad ora siano stati riempiti circa 960 serbatoi per un totale di oltre un milione e mezzo di tonnellate di acqua radioattiva).
Il progetto di bonifica iniziale comprendeva il trattamento e la raccolta dell’acqua del circuito di raffreddamento in serbatoi per poterla poi depurare prima di restituirla all’oceano. All’inizio del 2014 la Tokyo Electric Company (Tepco) iniziò l’operazione di bonifica su vasta scala utilizzando un complesso sistema di filtrazione dell’acqua chiamato Advanced Liquid Processing System (ALPS) in grado di rimuovere 62 diversi tipi di inquinamento radioattivo, tra cui lo stronzio e il cobalto dall’acqua contaminata. Le tre linee del sistema ALPS hanno la capacità di trattare ogni giorno fino a 1.500 tonnellate di acqua contaminata. Ciò venne ottenuto attraverso un sistema di assorbimento del cesio, utilizzando filtri in resina ad alta efficienza per rimuovere i materiali radioattivi dai liquidi che li attraversano. Alla fine del 2015, il 98% di tutte le acque reflue di Fukushima era stato purificato da tutti gli isotopi radioattivi, ad eccezione però del trizio. In altre parole fu rimossa gran parte del cesio, rendendo l’acqua meno pericolosa, anche se pur sempre radioattiva a causa della presenza del trizio, difficile da separare dall’acqua contaminata. Gli scienziati valutarono che ci sarebbero voluti altri 17 anni prima di abbattere questo seppur basso livello di radioattività.
Che cos’è il trizio?
Il trizio è un isotopo dell’idrogeno esistente in Natura. Il trizio naturale è causato da collisioni nell’atmosfera superiore tra molecole energetiche e raggi cosmici ma può essere generato attraverso il bombardamento dei neutroni delle molecole dell’acqua che fluisce nei reattori delle centrali nucleari. Il trizio ha un protone nel suo nucleo e due neutroni attaccati al protone, motivo per cui è simbolizzato come H3. I due neutroni rendono il nucleo un pò instabile. In pratica uno dei neutroni rilascia un elettrone debole, si trasforma in un protone e il trizio diventa istantaneamente elio inerte, non radioattivo (He3).
L’elettrone liberato è chiamato particella Beta (β), che a volte viene erroneamente soprannominato “raggio beta”. Per capirci. Le radiazioni gamma e i raggi X sono “raggi” perché sono un flusso continuo di energia mentre le beta sono particelle subatomiche cariche negativamente e quindi non sono raggi.
Le radiazioni beta hanno dei limiti di penetrazione significativi. Quelle più energiche (~ 7 Mev e oltre) non possono penetrare fogli di alluminio. Il β del trizio è il più debole prodotto dagli isotopi radioattivi formati all’interno dei nuclei del reattore della centrale nucleare (~ 18 KeV) – quasi quattrocento volte più debole dei Beta (β) ad alta potenza. Di conseguenza, il β del trizio può essere fermato da un foglio di cellophane. In effetti, come riportato dalla Radiation Information Network dell’Idaho State University, “Il prodotto di decadimento radioattivo del trizio è una beta a bassa energia che non riesce a penetrare lo strato morto esterno della pelle umana.” In pratica, il β del trizio non è in grado di superare o,5 millimetri di acqua.
La domanda che ci si pone è quanto sia pericoloso
In realtà non ci sono prove scientifiche o mediche che il trizio causi effettivamente il cancro. L’attuale limite al trizio fu fissato nel 1976 dall’EPA non basandosi su standard sanitari. Il limite americano di 740 Becquerels per litro fu scelto perché “nessuna acqua potabile” si avvicinava a quell’indice. Di fatto, nel 2006, lo stato della California condusse uno studio sul trizio e concluse che i limiti imposti dall’EPA erano basati su ipotesi cancerogene. Un’affermazione debole in quanto poco scientifica. Gi scienziati scoprirono che le uniche prove di eventuali effetti sulla salute erano venute dall’esposizione di topi di laboratorio a livelli altissimi di trizio, in eccesso di 37.000.000 di Becquerel per litro. In quel caso alcuni esemplari svilupparono dei tumori ma nessuno di loro fu fatale per gli animali. Inoltre, nessuna generazione di tumore fu osservata al di sotto di 1500 mSv/anno nell’Uomo a causa dell’esposizione a qualsiasi forma di radiazione ionizzante.
Notate i limiti nella tabella seguente
Quello del Canada è di 7.000 Bq/litro e lo standard giapponese per il rilascio è di 60.000 Bq/litro. I limiti europei sono ancora più bassi 100 Bq/L. Pertanto, i limiti degli Stati Uniti e della California sul trizio non sono da considerarsi ultra-conservativi per l’Europa ma lo sono molto di più di quelli giapponesi e Canadesi.
Interessante la scheda informativa della Società di Fisica Sanitaria sul Trizio che riporta:
“While it has been determined that exposure to high levels of ionizing radiation causes cancer, this effect has not been observed for lower doses on the order of background radiation doses, including with tritium. Although the regulatory process and radiation safety practices operate based on the conservative assumption that all radiation exposure increases cancer risk, credible quantitative risk assessments cannot be made for low background levels of radiation exposure. For this reason, the cancer risk, if there is any, posed to a member of the general public by expected environmental tritium exposure levels cannot be determined reliably. In fact, it has been shown that the health effects, namely cancer induction, resulting from such exposures are too improbable to be observed using current data and analytical methods.” In pratica che gli effetti del Trizio sulla salute erano considerati poco probabili.
Per quanto sopra la presunta connessione tra esposizione al trizio e cancro (o danno genetico) sembra essere un presupposto basato sul semplice fatto che il trizio è radioattivo. L’EPA, partendo dal presupposto che se qualcosa è radioattivo allora deve avere un rischio di cancro, affermò che “Come per tutte le radiazioni ionizzanti, l’esposizione al trizio aumenta il rischio di sviluppare il cancro“. Per completezza la Commissione di regolamentazione nucleare sul trizio affermò che il limite di trizio nell’acqua potabile di 740 Bq / litro era stato “assunto per produrre una dose di 4 mrem all’anno” (0,04 millisievert/anno)“.
Valore che fu corretto nel 1991 quando l’EPA (Environment protection Agency statunitense) ricalcolò che l’esposizione a 0,04 mSv/anno richiederebbe l’assunzione giornaliera di almeno due litri di acqua contenente 2250 Bq/litro di trizio, e non 740 Bq/litro. Nonostante ciò l’EPA decise di non alzare il limite.
A questo punto che dire di Fukushima e delle sue centinaia di migliaia di tonnellate di acque reflue contenenti circa 630.000 Bq di trizio/litro? La paura iniziale dei soccorritori era che i serbatoi contenenti le acque contaminate improvvisamente riversassero l’intero contenuto nell’Oceano Pacifico. Quale sarebbe stato l’impatto ambientale? Una domanda che ancora non trova una risposta condivisa.
Quale sarebbero le conseguenze sanitarie ed economiche nel Pacifico in caso di rilascio? Sarà permesso a TEPCO di rilasciare l’acqua contaminata in mare?
Qualsiasi radioattività rilevabile fa temere milioni di giapponesi, ma non solo, per le loro vite. Il semplice pensiero di mangiare frutti di mare contenenti minuscole quantità non rilevabili di radioattività fa sì che molti consumatori evitino i pesci catturati al largo della costa di Fukushima. Le attività di pesca di Fukushima hanno dichiarato che non accetteranno mai di consentire il rilascio di queste acque nel mare perché ciò danneggerebbe i loro affari. Consideriamo che il mercato globale fa sì che pesce pescato nel Pacifico potrebbe finire facilmente nelle tavole di tutto il mondo sotto forma di sushi o di derivati dal pesce pescato. Pensate ad esempio al tonno o ai congelati di provenienza dall’oceano Pacifico. Accorgersene in un secondo tempo non sarebbe una consolazione.
Il problema è che il trizio è di fatto idrogeno e fa parte della molecola d’acqua. Ecco perché non può essere rimosso dalle unità di assorbimento del cesio di Fukushima, dal sistema di osmosi inversa (per ridurre la concentrazione dei sali) e dai filtri di resina ALPS. Inoltre separare il trizio dall’acqua non radioattiva è un processo lento e costoso, sembra sia efficace solo al 90% e Tepco non ha i soldi per farlo. D’altro lato Tepco non può costruire serbatoi di acque reflue all’infinito per cui le acque raccolte e trattate dovranno prima o poi essere rilasciate in mare.
Una valutazione interessante ma da verificare
Il livello di trizio nei campioni prelevati nei circuiti delle turbine non trattate presso F. Daiichi è stimato di 630.000 Bq / litro. Non c’è quindi motivo di pensare che le acque trattate, raccolte all’interno dei serbatoi di Fukushima Daiichi, possano avere concentrazioni radioattive più elevate. Secondo Leslie Corrice, member of the American Nuclear Society, Scientists for Accurate Radiation Information, e del National Education Association, ipotizzando, nel peggiore dei casi, che il livello sia di 630.000 Bq / litro di trizio in ciascun serbatoio, esso sarebbe al di sotto dei 37.000.000 di Becquerels (considerati come limite per l’Uomo) per cui dovrebbe bere circa 14 litri delle acque reflue non diluite a Fukushima per essere danneggiato. Detto questo, secondo Corrice, pompare le acque reflue trattate direttamente nel mare non danneggerebbe nessuna persona o creatura marina. Le ultime notizie sono che l’autorità giapponese seguirà un suggerimento dell’AIEA e diluirà le acque per portarle al di sotto del limite del Giappone di 60.000 Bq / litro prima di rilasciarle nell’oceano. Sarà vero?
Non ultima una considerazione ambientale.
La somma totale di tutta la radioattività di Fukushima, che si stima sia finita nell’oceano, è di molti ordini di grandezza inferiore a quella naturale. Ci sono circa 30 mila trilioni di Becquerels (PetaBecquerels) di radioattività derivanti da Fukushima nell’Oceano Pacifico … un numero che se confrontato con i livelli isotopici della radiazione naturale è decisamente minore.
Ecco i primi cinque:
1 – Potassio-40 = 7,4 miliardi di trilioni di Bq
2 – Uranio, isotopi 238 e 235 = 22 milioni di trilioni di Bq
3 – Rubidio-87 = 700 milioni di trilioni di Bq
4 – Carbon-14 = 3 milioni-trilioni di Bq
5 – Trizio (Idrogeno-3) = 370 mila trilioni di Bq.
Sebbene i 30 mila trilioni di Fukushima siano un numero non trascurabile, quando confrontato con i miliardi di trilioni di Becquerels che esistono naturalmente, il loro rapporto va a diminuire il presunto impatto percentuale. Questo naturalmente se questi 30 mila trilioni saranno uniformemente distribuiti … cosa che richiederà comunque molto tempo. In altre parole tutto dipenderà di come sarà riversata nell’oceano … e da coem si mettono le cose sembra che il Giapponesi non abbiano inenzioni di aspettare o diluire nel tempo.
Sicuramente una decisione che solleverà molte polemiche ma gli esiti li potremo vedere solo nei prossimi anni.
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