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Diabete tipo 1 e immersioni con autorespiratore

Reading Time: 5 minutes

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livello elementare
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ARGOMENTO: MEDICINA SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: diabete, subacquea

 

Oggi parliamo di un argomento che è stato fonte di dibattito serrato per tanti anni: l’immersione per il soggetto diabetico di tipo 1. Tanti si, no, forse, e come. Domande che non hanno avuto risposte per molto tempo. L’Associazione Medici Diabetologi, a fronte delle esperienze italiana ed internazionale nella ricerca scientifica su questi pazienti, ha finalmente inserito nell’edizione 2018 degli “Standard di cura” le immersioni subacquee con autorespiratore fra le attività sportive consentite alle persona con diabete.

Di pari passo l’Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici “ANIAD”, ha rivisto le sue precedenti indicazioni al riguardo che sconsigliavano fortemente le attività subacquee per i rischi intrinseci alla patologia diabetica. Viene da se che proibire o sconsigliare l’attività subacquea ad appassionati con diabete di tipo 1 non è la via migliore, perché non genera quel percorso virtuoso del subacqueo e delle figure professionali preposte alla sua sicurezza che, per fortuna, oggi si è sviluppato in maniera più consapevole.

Chiaramente consentire ai diabetici la possibilità di immergersi impone una responsabilità maggiore al subacqueo stesso e ai subacquei che li seguono; grazie alle nuove tecnologie e alla ricerca in questo campo è stato possibile elaborare indicazioni, precauzioni e accertamenti che possano permettere al subacqueo diabetico di immergersi in tutta sicurezza. Con la loro divulgazione, a partire dai medici diabetologi, dei medici di medicina subacquea e dello sport fino alle didattiche ed ai diving, sarà possibile fornire una guida in questo tipo di problematica.

Facciamo ora un passo indietro, rivedendo la fisiologia della subacquea e la fisiopatologia del diabete.
L’attività subacquea comporta una discreta attività cardiovascolare, che media fra il basso impegno mentre si nuota in condizioni ottimali, a condizioni di alto stress ed elevato impegno cardiovascolare a partire dalla vestizione e preparazione dei materiali, negli sbalzi di temperatura, e in presenza di corrente e scarsa visibilità. Ne consegue che per affrontare le immersioni sia necessaria una buona condizione fisica e psicologica.

I punti critici che può incontrare un subacqueo ARA diabetico sono:
rischio ipoglicemico, dovuto alla pressione ambientale per un possibile aumento dell’assorbimento di insulina; 
iperglicemia da stress;
ipoglicemia dovuta all’aumentato dispendio calorico;
presenza di complicanze croniche del diabete.

Questi aspetti richiedono un’attenta valutazione a monte da parte dei medici che hanno in cura i soggetti diabetici (diabetologo, medici specialisti in medicina dello sport e di subacquea ed iperbarica); ognuna di queste figure professionali, per le sue competenze, deve valutare il soggetto a 360 gradi ed esprimere un giudizio di idoneità alle immersioni con validità annuale ottenuto attraverso un’analisi sullo stato di salute generale e sulla presenza di controindicazioni (non primariamente correlate al diabete), e naturalmente una valutazione specifica dello stato di malattia diabetica.

In particolare i fattori specifici da valutare per il secondo punto sono:
– compenso metabolico;

– rischio di ipoglicemia non avvertita;

– presenza di complicanze croniche;

– affidabilità e compliance del paziente.

E’ ovvio che un compenso metabolico, con valori glicemici tendenzialmente stabile, sia da perseguire per limitare il rischio di ipo o iperglicemia durante l’immersione; altresì la consapevolezza e capacità del soggetto a riconoscere la crisi ipoglicemica (da indagare la presenza di neuropatia autonomica che altera questa capacità) è un fattore che va ad aumentare la sicurezza in acqua.

Per quanto riguarda le complicanze croniche, nonostante non vi sia una correlazione diretta a tutt’oggi di un loro peggioramento in immersione, viene considerato prudente l’astensione dalla subacquea in quadri conclamati di danno renale (nefropatia) o retinopatia (se non in forma lieve).

La presenza invece di patologie cardiovascolari richiede estrema attenzione; come abbiamo visto la performance del subacqueo può essere sottoposta a forti stress spesso non previsti ed improvvisi, quindi è obbligatorio uno stretto monitoraggio ai fini di verificare il compenso cardiovascolare a riposo e sotto esercizio.

In ultimo, ma centrale, per questa valutazione è il paziente: la sua educazione al riguardo della malattia diabetica di tipo 1, la regolarità dei controlli, la compliance verso i trattamenti e il rispetto delle indicazioni ricevute. Cosi come nella vita quotidiana, cosi nel diabetico subacqueo, l’educazione determina un abbassamento del rischio di complicanze, un migliore controllo della malattia e, per la subacquea, la possibilità di immergersi, ove siano soddisfatti i punti precedenti, riducendo al minimo i rischi connessi alla malattia per saperli riconoscere ed affrontare.

Il protocollo universalmente condiviso, frutto di ampi studi nazionali ed internazionali prevede, insieme all’ovvia comunicazione al diving del certificato di idoneità redatto dagli specialisti medici (vedi sopra) e al compagno/a di immersione:

– prevenzione dell’ipoglicemia (misurazione della glicemia 60’, 30’, 10’ prima dell’immersione) con obbiettivo di verificare la stabilità al fine di entrare in acqua discretamente iperglicemici (mai effettuare immersioni con glicemia minore di 120);

– adozione di un segnale convenzionale da usare durante l’immersione che indichi l’ipoglicemia, regole alimentari e regolazione appropriata dei dosaggi di insulina nel giorno precedente all’immersione e il giorno stesso;

– prevenzione della chetoacidosi (esistono stick per la valutazione della chetonemia, se beta-idrossi-butirrato elevato: immersione sospesa);

– istruzioni sulla gestione dell’ipoglicemia in acqua (portarsi glucosio liquido o in gel), con segnalazione al compagno, risalita immediata in coppia e in superficie gonfiaggio del GAV ed assunzione di glucosio;

– pianificazione dell’immersione: mai fuori curva di sicurezza, rispetto delle limitazioni del brevetto (in ogni caso viene raccomandato di non superare mai i 30 metri), comportamento conservativo delle tabelle di immersione (calcolare una profondità di 4 metri maggiore rispetto a quella reale, soste di sicurezza aggiuntive) e protezione dal freddo.

Tante cose da ricordare per la sicurezza in immersione … ma la sicurezza non è mai abbastanza. 

Luigi Santarella
https://www.simsi.it
luigi.santarella@studio.unibo.it

 

 

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