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livello elementare
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ARGOMENTO: MEDICINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: apnea, ipossia, adattamenti genetici
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Noi Umani siamo gli unici mammiferi ad aver colonizzato tutti gli habitat più estremi della Terra, dalle catene montuose alle isole remote degli oceanici, adattandoci incredibilmente alle diverse situazioni. Gli adattamenti fenotipici umani ad ambienti straordinari sono stati quindi oggetto in questi ultimi anni di molte ricerche al fine di studiarne le conseguenze genetiche e fisiologiche. Studi importanti che possono portare nuove conoscenze in campo scientifico come, ad esempio, nella fisiologia dell’ipossia, con una vasta gamma di implicazioni dal punto di vista medico, incluso il trattamento intensivo e la tumorigenesi.
bambino dell’etnia Bajau Laut si immerge per i turisti – autore Ronnie Pucket File:Badjao kid diving for coins.jpg – Wikimedia Commons
Comprendere la fisiologia e la genetica della tolleranza all’ipossia nell’Uomo ha importanti implicazioni mediche. Un recente studio è stato effettuato su una popolazione del Sud Est asiatico, i Bajau, famosi pescatori in apnea che riescono ad immergersi per lunghi periodi. Una capacità che, secondo un recente studio, potrebbe avere anche una base genetica. Attraverso uno studio genomico comparativo, un team di scienziati dell’Università di Copenhagen ha dimostrato che la selezione naturale su varianti genetiche nel gene PDE10A ha portato ad un aumento della dimensione della milza, fornendo agli individui un più grande “serbatoio” di globuli rossi ossigenati. Inoltre, è stata riscontrata una forte selezione specifica del Bajau sul gene BDKRB2 che influenza il riflesso respiratorio nelle immersioni umane. I ricercatori, analizzando il DNA dei Bajau, hanno scoperto una mutazione in un gene coinvolto nelle regolazione dell’ormone T4, prodotto dalla ghiandola tiroidea e responsabile della velocità con cui il corpo utilizza l’energia disponibile (tasso metabolico). Questo ormone consente di contrastare le ridotte quantità di ossigeno indotte dalle immersioni.
Regioni abitate dai popoli conosciuti come “Nomadi del mare”: Sama-Bajau (verde), Orang Laut (arancio) e Moken (blu) – autore Obsidian SoulFile:Sea Nomads distribution map.jpg – Wikimedia Commons
Nomadi del mare
L’oggetto di questo interessante studio sono i Bajau (chiamati Bajau Laut o “nomadi del mare”), indigeni asiatici che vivono nel meraviglioso Triangolo dei Coralli, tra Indonesia, Malesia e Filippine, toccando raramente la terra ferma. Una antica leggenda racconta che un re, la cui figlia fu spazzata via dalle onde del mare durante una tempesta, ordinò ai Bajau di ritrovarla, ed essi cominciarono a vagare per l’oceano, fallendo però nella ricerca; impauriti di affrontare l’ira del re, i Bajau decisero quindi di non ritornare mai più nel regno e diventarono nomadi. Al di là delle leggende, questa etnia vive da almeno un migliaio di anni su quei mari del sud-est asiatico, sulle loro barche tradizionali, lepa lepa. Queste barche non servono solo come mezzo di trasporto e pesca, ma anche come case galleggianti dove la parte posteriore è usata per cucinare, quella centrale per dormire e quella anteriore per pescare. Curiosamente essi raggiungono la terra ferma solo per procurarsi quei viveri che non possono trovare in mare e per seppellire i defunti. Di fatto la loro sopravvivenza marini dipende dal cibo che raccolgono in apnea come pescatori o raccoglitori. Essi sono rinomati per le loro straordinarie abilità acquatiche, tuffandosi per pescare a profondità di oltre 70 metri con una tenuta decisamente spartana: un set di pesi ed un paio di occhiali in legno. Questi straordinari uomini pesce trascorrono ogni giorno il 60% del loro tempo sott’acqua.
Una spiegazione scientifica?
Gli scienziati ritengono che lo stile di vita unico del Bajau abbia comportato degli adattamenti fisiologici all’ipossia indotti dalle loro frequenti immersioni attraverso una selezione naturale. Gli Umani, come altri mammiferi, quando in apnea hanno degli effetti fisiologici che includono bradicardia (che riduce il consumo di ossigeno), vasocostrizione periferica (per ridistribuire selettivamente il flusso di sangue agli organi più sensibili all’ipossia) e contrazione della milza (che inietta una scorta di globuli rossi ossigenati nel sistema circolatorio). Questa contrazione splenica favorisce il rilascio di un maggior numero di globuli rossi, permettendo la diffusione di una maggiore quantità di ossigeno nel sangue (una singola contrazione espelle circa 160 mLa di globuli rossi, causando un aumento dell’emoglobina che corrisponde a un aumento del contenuto di ossigeno del 2,8% -9,6% (Stewart e McKenzie, 2002).
Questa risposta all’immersione umana fu osservata per la prima volta nelle pescatrici giapponesi Ama (Foster and Sheel, 2005) ed è stato quindi ipotizzato che lo scopo di questa contrazione sia quello di fornire un maggiore apporto di ossigeno, prolungando il tempo di immersione. Va premesso che, in uno studio sulle foche subacquee era stata osservata una correlazione positiva tra il tempo massimo di immersione e la massa della milza (Mottishaw et al., 1999), suggerendo che la sua dimensione potesse essere un fattore importante che influenza il tempo di immersione. Per questo nuovo studio, gli scienziati hanno eseguito una scansione del genoma dei Bajau per identificarne i geni comuni, derivanti da una possibile selezione naturale. In secondo luogo, hanno esaminato eventuali associazioni alla dimensione della milza, per i motivi che abbiamo premesso l’organo più rilevante per l’adattamento alle immersioni in apnea ed alla tolleranza all’ipossia.
dallo studio citato Physiological and Genetic Adaptations to Diving in Sea Nomads: Cell
Inizialmente, i ricercatori hanno cercato di identificare se vi fossero prove che i Bajau avessero veramente una milza più grande rispetto ai loro vicini vicini geografici, i Saluan, una popolazione indigena che, pur vivendo nella stessa zona, interagisce in minore misura con l’ambiente marino. I ricercatori hanno quindi identificato due villaggi distanti circa 25 km nella penisola di Sulawesi centrale dell’Indonesia: Jaya Bakti e Koyoan, abitati rispettivamente da popolazioni etniche Bajau e Saluan. Dopo aver escluso gli individui strettamente correlati fra di loro, hanno effettuato delle ecografie per poter calcolare i volumi della milza. Hanno quindi usato queste misurazioni per confrontarne le dimensioni nelle due popolazioni, usando un modello lineare che considerasse altri fattori come sesso, età, peso, altezza e la pratica della subacquea. La correlazione ha rivelato una dimensione della milza media statisticamente più alta tra i Bajau, fattore che suggerisce una differenza fisiologica tra le due etnie.
In sintesi, gli scienziati ipotizzano che i Bajau abbiano quindi subito nel tempo adattamenti genetici attraverso una selezione naturale. Questi adattamenti hanno portato ad una maggiore tolleranza all’ipossia, fornendo una nuova comprensione della relazione tra ipossia, funzione tiroidea, volume cellulare e dimensione della milza.
Per una più completa trattazione si suggerisce di leggere lo studio originale seguendo questo link.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.