ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: LIBANO
parole chiave: Libano, Siria, Israele, Hezbollah, Iran, Sciti, Sunniti, Unione Europea
Unione Europea e Libano
Ne abbiamo parlato spesso: il nesso sicurezza-stabilità è fondamentale per ogni Stato e Alleanza per modulare la politica estera verso le sfide del III millennio. Un recente saggio analizza le Politiche dell’UE riguardanti il Libano e la cooperazione bilaterale in materia di migrazione e sicurezza, politiche urgenti per affrontare una situazione esplosiva. Il Libano è come una pentola a pressione che è sottoposta ad un calore costante; quando la pressione raggiungerà il suo massimo esploderà con conseguenze importanti in tutta la Regione.
Nel Mediterraneo vediamo una linea di frattura fra due mondi separati culturalmente da secoli di incomprensioni e guerre fratricide. Un ruolo fondamentale per mitigare queste linee di instabilità dovrebbe venire da un concreto impegno dell’Unione Europea, scevro da interessi degli Stati membri. Quanto siano cambiate le politiche e pratiche dell’UE negli ultimi anni è dibattuto e aprirebbe un vaso di Pandora che va oltre gli scopi di questo breve articolo. Nel novembre 2016 è stato avviato il patto UE-Libano e istituiti nuovi sistemi e pratiche istituzionali per la cooperazione in settori in cui di fatto esistono interessi comuni. Teoricamente l’assetto istituzionale dell’UE in relazione al Patto rappresenta un approccio pragmatico che, in situazioni di crisi, può favorire azioni concrete e tangibili.
La destabilizzazione del Libano non è di convenienza di nessuno
Un problema concreto e l’integrazione dei rifugiati siriani nella società libanese ma il loro peso politico non può essere trascurato. Nella dichiarazione congiunta in seguito alla riunione del Consiglio di associazione UE-Libano del luglio 2017 è stato affermato che “Riconoscendo l’impatto della crisi siriana sul Libano e lo straordinario ed eccezionale sforzo del Paese nell’ospitare più di un milione di rifugiati siriani registrati dall’UNHCR […] , l’UE ha confermato la sua disponibilità a mantenere il livello di sostegno assegnato per il periodo 2016-2017 nel 2018 e si è impegnato a raggiungere un livello simile per il 2019 “(Consiglio europeo, 2017b, p.1).
La crisi siriana è fattore catalizzante per il futuro del Libano, la cui economia, indebolita da anni di dissidi interni, ha raggiunto nelle zone rurali livelli importanti di povertà. Questa situazione è aggravata da migrazioni politiche ed economiche nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Nel 2016 è stata avviata una nuova strategia per mitigare gli effetti della migrazione e dei rifugiati per “fornire un ambiente vantaggioso per il Libano, le comunità di accoglienza e i gruppi vulnerabili” (Consiglio Ass. UE-Libano, 2016, p.12). Al di là degli aspetti umanitari, che andrebbero analizzati in maniera olistica al fine di affrontarli in maniera pragmatica, il fenomeno della migrazione, se mal gestito, può essere destabilizzante per la nostra società occidentale. Invece di invocare soluzioni al problema bisognerebbe andare alla radice di esso. Gli attuali sforzi, sostenuti a tratti dalla UE, dovrebbero mirare sia al contrasto del contrabbando e tratta di esseri umani che a prevenire le morti di questi disperati nel Mar Mediterraneo con azioni politiche concrete nei territori di origine.
La politica europea dovrebbe mirare a rimpatriare i migranti senza un diritto legale di rimanere in Europa sostenendo politiche di sviluppo nei loro Paesi o più vicini alla loro origine. L’idea di guardare alla gestione delle migrazioni dell’UE da una prospettiva di stabilità della sicurezza è stata suggerita da Roberto Roccu e Benedetta Voltolini (vedi riferimento), sostenendo che il mantenimento della stabilità nella regione Mediterranea del Nord Africa al fine di massimizzare la sicurezza dell’UE sia stato a lungo identificato come “la principale ambizione delle politiche dell’UE nei confronti del Mediterraneo meridionale” (Roccu e Voltolini 2017, p.1).
Nel 2013 l’UE ha deciso di inserire l’ala armata degli Hezbollah nella lista dei movimenti terroristici dell’UE (Black, 2013), riferendosi sia ad un presunto coinvolgimento di Hezbollah in un attacco terroristico in Bulgaria nel 2012, sia alla loro partecipazione alla guerra civile in Siria. Un passo importante in quanto la sicurezza è un elemento importante nel quadro della cooperazione UE-Libano. Si rende particolarmente necessario incrementare l’organizzazione interna di sicurezza, promuovendo misure contro la radicalizzazione.
Facile a dirsi ma non a farsi. Di fatto divisioni politiche profonde non consentono tutt’oggi di intravedere una precisa volontà libanese di combattere le fazioni oltranziste. La Conferenza di Londra del febbraio 2016, ha cercato un passo verso la soluzione della crisi interna. La “Dichiarazione di intenti” afferma che gli aiuti internazionali dovrebbero esser impiegati per riprendere l’istruzione, creare nuove opportunità economiche e posti di lavoro per i Libanesi ma anche per i rifugiati siriani ivi residenti che, secondo la Banca Mondiale, richiedono fondi per 11 miliardi di dollari US per il periodo 2016-20, tra sovvenzioni (5 miliardi) e prestiti (6 miliardi). In particolare, il Libano si impegna a “continuare a cercare, in conformità con le leggi libanesi, modi per facilitare la razionalizzazione delle norme che disciplinano la loro permanenza, compresa la rinuncia periodica delle tasse di residenza e la semplificazione dei requisiti documentali come l’impegno a non lavorare … “, al fine di facilitare il loro accesso controllato al mercato del lavoro in settori in cui non sono in concorrenza diretta con i libanesi, come l’agricoltura, la costruzione e altri settori ad alta intensità di manodopera “(Consiglio, 2016, 12).
Il Patto presenta introduce un insieme di impegni per le due parti (Consiglio, 2016, pp. 13-19), che si riassumono in:
– Miglioramento della stabilità: sicurezza e antiterrorismo con il sostegno dell’UE coinvolgendo le agenzie europee per la sicurezza e giustizia;
– Governance e stato di diritto, che implica da parte dell’UE la volontà di mantenere un approccio non invasivo, garantendo i diritti dello Stato;
– Promuovere la crescita e le opportunità di lavoro, tenendo conto lo sbilanciamento tra locali e migranti;
– Migrazione e mobilità fornendo un “ambiente benefico per il Libano, le comunità di accoglienza e i gruppi vulnerabili”.
Un documento molto politico che lascia aperte diverse porte ma che di fatto si mantiene ad un livello interlocutorio se non generico
Forse il fattore più significativo è la dichiarazione di volontà di creare 300.000-350.000 nuovi posti di lavoro in Libano, di cui il 60% dovrebbe essere riservato ai migranti siriani. Nella dichiarazione congiunta del 18 luglio 2017 di Federica Mogherini e Gebran Bassil alla riunione del Consiglio di associazione UE-Libano, è stato riportato che il “Consiglio di associazione ha anche convenuto di proseguire le discussioni verso la firma di un partenariato per la mobilità”.
Nel giugno 2017, l’UE ha presentato un rapporto sulle relazioni UE-Libano che valuta la cooperazione tra i due partner nel periodo da marzo 2015 ad aprile 2017, affermando che il parternariato è diventato più vicino, più strategico e più mirato a rendere possibili pratiche concrete e tangibili, che possono aiutare a mantenere il nuovo assetto istituzionale, il cosiddetto Compact UE-Libano.

Soldati dell’esercito libanese esultano dai loro veicoli militari nella città di Ras Baalbek, il 21 agosto 2017 dopo aver sconfitto l’ISIS. REUTERS/ Ali Hashisho
Le principali aree di interesse della cooperazione nel contesto delle gravi crisi regionali, come indicato da Federica Mogherini nel comunicato stampa rimangono sicurezza, antiterrorismo e stabilità, volte a contrastare gli sviluppi della situazione siriana in Libano. Considerando le nuove sfide legate alla presenza di oltre un milione di rifugiati siriani in Libano, in un contesto di sicurezza precario a causa delle pre-esistenti divisioni nella politica libanese, la sempre più forte posizione di Hezbollah filo iraniani, questo interesse comune, citato dal rapporto UE potrebbe restare solo un bel proposito o quanto più un desiderio comune.
I fiorenti porti libanesi e le strutture bancarie, che ne facevano un riferimento nel Medio Oriente negli anni ’60, sembrano ricordi lontani in un Paese con una multiforme identità, schiacciato da sempre da fazioni interne, ora anche esacerbate dalla migrazione siriana. L’Unione Europea dovrebbe quindi prendere una posizione più decisa per consentire a questo tormentato Paese di rifiorire. Va compreso che un Libano controllato e stabile sarebbe di utilità per tutti, compreso Israele. Non ultimo va considerato che un Libano instabile diventerebbe una nuova spina nel fianco per tutti in un Mar Mediterraneo in cui gli equilibri politici stanno mutando.
Andrea Mucedola
Letture consigliate
Black I (2013, July 22) EU resists Hezbollah ban but lists armed wing as terrorist group. The Guardian
Roccu R, Voltolini B (2017) Framing and reframing the EU’s engagement with the Mediterranean: Examining the security-stability nexus before and after the Arab uprisings. Mediterr Polit 23(1):1–22

ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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