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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Tsunami, maremoti, rete di allarme
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Il terremoto di Magnitudine 7.5 nei pressi di Palu, Sulawesi, Indonesia, del settembre 2018 fu un forte sisma che interessò circa 160 km del sistema di faglia di Palu-Koro, la faglia più attiva di Sulawesi. Questa faglia è nota per avere un rapporto di movimento maggiore della più conosciuta faglia di San Andreas della California. Entrambi questi terremoti sono generati da frizioni tra faglie che si muovono parallelamente fra di loro, generando un movimento verticale che solitamente non è molto importante. Come si spiega allora il forte maremoto che colpì Palu-Koro?
Prima di tutto cerchiamo di comprendere cosa sono gli tsunami
Gli tsunami o maremoti sono movimenti dinamici di masse d’acqua che si abbattono sulla costa creando gravi danni alle popolazioni ed alle infrastrutture. Questi fenomeni catastrofici possono essere conseguenti a diverse cause:
- terremoti che causano un movimento verticale del fondo marino;
- frane sottomarine che generano uno spostamento di masse d’acqua;
- violenti esplosioni vulcaniche sottomarine.
I terremoti che avvengono a causa di un compressione geologica, ovvero dove le placche terrestri si spostano l’una verso l’altra, generano normalmente i movimenti verticale maggiori. Questi terremoti avvengono principalmente nelle zone di subduzione, ai confini delle placche convergenti, come al largo di Sumatra, in Giappone, nel Pacifico nord-occidentale negli Stati Uniti (Washington, Oregon e California, e generano violenti movimenti verticali del terreno con spostamenti dell’intera colonna d’acqua.

Questa figura illustra la terminologia comunemente impiegata per definire gli elementi di contorno e le onde dello tsunami (National Research Council, 2011). L’altezza delle onde H è l’elevazione della superficie dell’acqua sopra il livello del mare. L’altezza di rincorsa R è l’elevazione massima che lo tsunami raggiunge a terra. Man mano che l’onda raggiunge la costa e la profondità diminuisce, l’onda si alza fino ad abbattersi sulla costa. Una sezione trasversale dell’oceano come un’onda di tsunami viaggia verso la costa. Il livello del mare ambientale è rappresentato da una linea orizzontale nera. da Tremblor.net
Da un punto di vista terminologico, l’ampiezza dell’onda H è l’altezza massima della stessa sopra il livello del mare in acque profonde. L’inondazione si riferisce all’estensione orizzontale delle inondazioni costiere causate dallo tsunami da non confondere con il run up (R, altezza di rincorsa) che è l’elevazione verticale dell’onda dello tsunami rispetto al livello del mare iniziale.
Genesi di uno tsunami
Un articolo apparso sulla rivista Tremblor fornisce molte informazioni sull’accaduto. L’immagine seguente (Atwater et al. (2005)) ci mostra come un terremoto in una zona di subduzione possa generare un movimento verticale del terreno. Questo movimento verticale della terra spinge l’acqua verso l’alto e, quando l’acqua ricade verso il basso, inizia ad oscillare verticalmente, generando le onde dello tsunami.
A sinistra vediamo una sezione trasversale della configurazione fisica di una zona di subduzione. Nel mezzo, vediamo cosa succede quando due placche, che scivolano liberamente a grandi profondità, in prossimità di acque basse possano generare un movimento oscillatorio. A destra, abbiamo la fase del terremoto e la generazione delle onde di tsunami.
Le onde sismiche possono quindi generare tsunami solo se vi è un movimento verticale significativo
La morfologia del fondale può facilitare, anche se in maniera minore, le oscillazioni della massa d’acqua causando uno tsunami. Un esempio di tsunami generato da un terremoto fu quello di M 7.4 a İzmit (Turchia) del 1999, sulla faglia dell’Anatolia settentrionale che generò uno tsunami con una altezza massima di risalita delle onde di circa 2 metri. Nel caso dello tsunami di Sulawesi, si ritiene che possano aver contributo al sisma della scala M 7,5 anche delle frane sottomarine. I geologi hanno potuto osservare ampie frane nelle montagne circostanti, lungo il fondovalle nella città di Palu e lungo la costa per cui è plausibile motivo che frane si siano verificate anche nelle profondità sottomarine. Il Dr. Robert Hall, un geologo studioso della tettonica del sud-est asiatico, ha presentato un interessante rapporto con una mappa che mostra la batimetria ad alta risoluzione dell’oceano a nord di Palu Bay.

La mappa mostra nei dettagli la faglia di Palu-Koro nella regione di Sulawesi, in Indonesia. Il riquadro (casella rossa sulla destra) mostra la forma del fondo marino con il colore che rappresenta la profondità. da Tremblor.net
La mappa mostra nei dettagli la faglia di Palu-Koro nella regione di Sulawesi, in Indonesia. Il riquadro (casella rossa sulla destra) mostra la forma del fondo marino con il colore che rappresenta la profondità. Le immagini (generate da immagini satellitari) rivelano la presenza di grandi frane avvenute nel passato. Inoltre, si notano frane correnti con grandi quantità di sedimenti che stanno scivolando in mare. Questi depositi sedimentari non hanno una grande stabilità e possono provocare delle frane sottomarine. Le posizioni spot sono indicate con punti rossi e le profondità sono indicate in metri sotto il livello del mare.

Ecco una mappa che mostra le faglie regionali dei terremoti. Sulla sinistra c’è una mappa in scala ridotta che mostra le principali faglie nella regione (Bellier et al., 2001). La posizione dell’epicentro USGS è contrassegnata come una stella rossa. La mappa sulla destra mostra maggiori dettagli sulle faglie. Basandosi sulle analisi di immagini satellitari sembra che la fratture che si sono verificate abbiano avuto inizio vicino all’epicentro e per lo più spostate verso Palu. L’estensione spaziale della faglia è delineata come un rettangolo arancione. da Tremblor
Un fattore che contribuì alla dimensione dello tsunami fu la morfologia del fondale di Palu Bay. I modelli computerizzati delle onde dello tsunami mostrarono che mentre le onde viaggiavano verso sud, in direzione della città di Palu, l’altezza delle onde aumentava. Ciò fu causato dalla diminuzione della profondità della baia.
L’immagine seguente mostra un’interessante analisi del Dr. Sotiris Valkaniotis, che ha confrontato le immagini satellitari prima e dopo il terremoto. Il software ha analizzato i “pixel” che compongono l’immagine e il modo in cui sono disposti l’uno accanto all’altro per stimarne lo spostamento dopo il terremoto.
Le aree di colore giallo e arancione si spostarono verso nord mentre quelle blu verso sud. Si può ipotizzare che dove questi colori si incontrino, sia collocata la faglia di Palu Valley. Dai primi dati raccolti (ancora incompleti), il moto relativo tra le faglie è stato valutato intorno ai 10 metri ma, dai diversi colori sulla mappa si evince che il moto lungo la faglia sia stato di diversa velocità e ampiezza. Il blu rappresenta il movimento del terreno verso sud e l’arancione rappresenta il movimento relativo verso nord. Le tonalità di colore descrivono la amplitudine dello spostamento in metri. L’effetto del terremoto non si esaurisce nella parte sinistra della mappa, ma si estende ulteriormente nella valle sommersa.
Una terra tormentata
Nel Sulawesi, ci sono stati storicamente altri terremoti che provocarono tsunami. Nel secolo scorso, si conoscono sei terremoti tsunamigenici di cui tre tsunami, avvenuti nel 1927, 1968 e 1996, furono associati a terremoti proprio lungo la faglia di Palu-Kora. Gli altri terremoti furono associati alla zona di subduzione di Sulawesi a nord e alla zona di sbaglio di slittamento di Paternoster (o Adang) a sud-ovest.
In pratica un area con forte sismicità giustificata dai movimenti importanti delle faglie sottostanti. Grazie alle moderne tecnologie nuovi modelli possono essere usati per stimare le dinamiche spaziali e temporali dei maremoti. Parametri importanti sono la conformazione del fondo marino su cui potrebbe viaggiare lo tsunami e la sua deformabilità in caso di eventi sismici. Sembrerebbe che deformazioni del fondo marino maggiori possano generare onde di tsunami iniziali di maggiori dimensioni. Ad esempio, lo tsunami, a seconda della morfologia del fondo, può cambiare di direzione e l’altezza delle sue onde, sulla base del principio che la profondità controlla la velocità di spostamento e l’amplitudine delle sue onde. Questo fattore è di particolare importanza per valutare il tempo disponibile per allarmare le popolazioni delle aree che potrebbero essere colpite.
Non ultimo i geologi locali ritengono che, al di là della loro amplitudine, possano generarsi sia dei tsunami locali sia tsunami lontani. Lo tsunami locale è uno evento che si verifica nelle vicinanze del epicentro del sisma (come nel caso di Palu Bay) mentre quelli distanti provengono da regioni lontane dalla sorgente sismica, attraversando l’oceano e provocando conseguenze gravi anche a lunga distanza. Un esempio fu quello generato dal terremoto della subduzione di Sumatra-Andaman del 2004 che attraversò l’Oceano Indiano causando decine di migliaia di morti in India e Sri Lanka.
Sistemi di allarme
I sistemi di pre allarme tsunami possono aiutare a salvare vite umane in regioni in cui si possono verificare tsunami distanti. Questi sistemi si basano su boe che effettuano misurazioni dell’altezza delle onde. Ovviamente le boe devono trovarsi tra la fonte dello tsunami e le zone a rischio affinché l’allarme tsunami possa essere trasmesso prima dell’arrivo dello tsunami.

boa di preallarme Foto: Adhar Muttaqin FOKUS BERITA:Gempa Donggala-Tsunami Palu
Una curiosità. Le polemiche sorte dopo lo tsunami di Palu-Koro, si riferirono al fatto che il sistema di pre-allarme indonesiano fosse offline al momento del sisma. Un inconveniente tecnico grave, ma che non influì più di tanto in quanto l’evento fu di tipo locale, con tempi di reazione strettissimi che comunque non sarebbero stati sufficienti per dare l’allarme. Questo non vuol dire che queste reti non siano necessarie in quanto una catena di allarme, in zone altamente sismiche, può preservare vite umane in aree molto lontane dagli epicentri. Nel caso di Palu, probabilmente il solo fatto di aver avvertito le scosse sismiche per un lungo periodo avrebbe dovuto allertare i locali del pericolo e suggerire agli abitanti di allontanarsi dalle coste, cercando riparo sulle vicine colline.
L’Agenzia meteorologica, climatica e geofisica indonesiana (BMKG) ha stabilito che lo tsunami arrivò sulla battigia di Palu-Koro tra gli otto e gli undici minuti dopo il terremoto, un tempo sufficiente per recarsi su un’altura e sfuggire all’onda letale. Se volete maggiori informazioni sulle notizie riportate analisi svolte potete leggere questo articolo della rivista Tremblor.net dal quale sono state estratte anche le immagini a corredo di questo articolo.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
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