livello elementare
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ARGOMENTO: NAUTICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Nautica, ancoraggio
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La sicurezza degli ancoraggi
Abbiamo viaggiato nei secoli, conoscendo i tipi principali di ancore, attrezzature nautiche fondamentali per la sicurezza degli ancoraggi. Le ancore sono però solo la parte terminale della linea di ancoraggio che parte dalla nave e termina alle marre dell’ancora. A differenza di quanto molti ritengono, l’ancora da sola non potrebbe fare la sua funzione senza l’azione combinata del peso e della resistenza della catena sul fondo. Di fatto l’ancora non è che una minima frazione del dislocamento della nave e se non ci fosse la catena non potrebbe mai opporsi da sola alle forze di trazione causate dal vento e dal mare.
In generale, quando possibile, è opportuno avere a bordo ancore di tipologia diversa. Di massima le ancore con marre appuntite (come le Danforth e le CQR) sono adatte maggiormente ad un fondale sabbioso-fangoso, in modo tale da poter penetrare più a fondo nel sedimento mentre quelle tipo ammiragliato o Hall, di maggior peso, si adattano a fondi generici. Le dimensioni dell’ancora dipendono ovviamente dalla stazza della nave. In base al tipo di fondale (ricavabile dai portolani e dalle carte nautiche) quindi si dovranno scegliere l’ancora o le ancore di dimensioni e peso dipendenti dalla lunghezza della imbarcazione.
Dalle cime alle catene
Scelta l’ancora, passiamo alle catene, un insieme di maglie metalliche utilizzate per appesantire l’estremità superiore delle ancore in modo che, nella fase di ancoraggio le marre dell’ancora siano facilitate nella loro azione di agguantare meglio il fondale. L’impiego di catene metalliche è molto più antico di quanto si pensi. Le fonti storiche riportano che furono usate dai Macedoni durante l’assedio di Tiro per impedire che i sommozzatori fenici tagliassero le cime delle ancore delle loro imbarcazioni. Si trattò di un caso forse unico in quanto, in seguito, la maggior parte delle navi continuò ad impiegare le più pratiche cime vegetali. Un uso che, per quanto concerne gli ancoraggi, continuò fino al XVIII secolo dopo Cristo, quando vennero sostituite sui vascelli maggiori dalle catene metalliche. In quelli minori si continuarono invece ad usare cime vegetali (soprattutto canapa, manila e iuta) in quanto le ancore erano ancora di dimensioni tali da poter essere filate a mare o recuperate a mano, utilizzando in alcuni casi un albero da carico prodiero come picco per il loro recupero.

ancora Hall alloggiata nell’occhio di cubia
Per le catene in metallo era invece necessario l’uso di argani e verricelli azionati a mano che sollevavano l’ancora a pelo d’acqua, per permettere che la stessa fosse poi fissata (con l’ausilio di una gruetta laterale) fuoribordo. Nei tempi moderni, grazie agli argani a motore, la catena dell’ancora passa attraverso gli occhi di cubia ed il fusto dell’ancora, essendo privo di ceppo, può alloggiare comodamente nell’occhio di cubia.
A differenza di quanto molti ritengono, l’ancora da sola non potrebbe fare la sua funzione senza l’azione combinata del peso e della resistenza della catena sul fondo. Di fatto l’ancora non è che una minima frazione del dislocamento della nave e se non ci fosse la catena non potrebbe mai opporsi da sola alle forze di trazione causate dal vento e dal mare.
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Quando possibile è bene avere a bordo ancore di tipo diverso. Di massima le ancore con marre appuntite (come le Danforth e le CQR) sono adatte maggiormente ad un fondale sabbioso-fangoso, in modo tale da poter penetrare più a fondo nel sedimento, mentre quelle tipo ammiragliato o Hall, di maggior peso, si adattano a fondi generici. In base al tipo di fondale (ricavabile dai portolani e dalle carte nautiche) si dovrà scegliere l’ancora o le ancore di dimensioni più adatte all’imbarcazione.
Per completezza le imbarcazioni da diporto utilizzano anche un’ancora a grappino, in pratica un ancorotto a quattro marre articolate, che possono essere richiuse per un minore ingombro. Questi ancorotti sono spesso utilizzati a bordo di piccole imbarcazioni (<5 metri) e dai gommoni ma non hanno una tenuta robusta. Essi risultano adatti anche su fondali rocciosi, grazie alla loro capacità di penetrare in ogni anfratto. Questo vantaggio può essere uno svantaggio per lo stesso motivo, in quanto la probabilità di incagliarlo fra gli anfratti del fondo è piuttosto alta. I subacquei ne sanno qualcosa. Nel caso considerate la necessità di dovervi ri-immergere per questa operazione.
Oltre alla tipologia delle ancore, i fattori che entrano in gioco sono il tipo di fondale, la profondità del punto di fonda e il numero di lunghezze di catena da rilasciare in mare.
Incominciamo con i diversi tipi di fondale. I fondi marini possono essere buoni (sabbia, fango) o cattivi (rocce, alghe) tenitori. Questo comporta che, a seconda della loro composizione, possono richiedere ancore diverse. Un controllo sul portolano o sulle carte fornisce informazioni sufficienti per la pianificazione dell’ancoraggio ma considerate sempre la scala delle carte.
ATTENZIONE: la profondità del punto di fonda non deve essere mai eccessiva
Di massima bisogna evitare di ancorarsi su fondali molto profondi (oltre i 50 metri) privilegiando punti di fonda su bassi fondali. Naturalmente questo valore va commisurato al tipo di imbarcazione.
Quante lunghezze?
Infine, molto importante, vanno messe a mare tante “lunghezze di catena” per un totale da 3 a a 5 volte il fondale. Una lunghezza di catena è 25 metri per cui il numero di lunghezze di catena definisce la lunghezza totale di catena rilasciata (filata) a mare. Ad esempio su un fondale di 30 metri, buon tenitore, si possono rilasciare novanta metri di catena equivalenti (per eccesso) a quattro lunghezze (100 metri). Sempre meglio abbondare.
Come dare fondo all’ancora
Il comandante dell’imbarcazione dovrà valutare le condizioni al contorno ovvero il punto prescelto di ancoraggio, il vento (direzione e forza) ed il mare. Un buon ancoraggio non è una manovra facile: richiede nozioni teoriche, pratica e soprattutto esperienza. La tecnica per un buon ancoraggio è la seguente: ci si posiziona con le macchine sul punto prescelto, con prua a vento e barca ferma, si da fondo all’ancora. A questo punto si distende la linea di ancoraggio (ovvero il calumo, insieme di cima e catena attaccato all’ancora) arretrando piuttosto lentamente in modo da lasciare all’ancora il tempo di fare presa sul fondale. Il movimento deve essere lento per evitare che la linea vada in tensione con il risultato di far spedare l’ancora. La lunghezza del calumo deve essere adeguata affinché la catena si adagi completamente sul fondo e, con il suo peso, faciliti l’azione dell’ancora. Qualora a macchina abbreviata indietro la nave continui a scarrocciare bisogna ipotizzare che l’ancora stia arando. In quel caso si dovrà risalpare il tutto e rifare la manovra.
Controllo del punto di fonda
Per quanto possa sembrare poco importante in un epoca in cui esistono sistemi automatici di controllo della navigazione, l’ancoraggio, anche di piccole imbarcazioni, deve essere sempre controllato periodicamente. Il controllo (automatico o manuale) avviene attraverso la verifica che la nave all’ancora si trovi sempre all’interno del cosiddetto cerchio di fonda. Questo cerchio ha centro sulla posizione esatta misurata al momento della fonda.
In pratica:
posizionare sulla carta nautica (Piano Nautico) il cosiddetto “Cerchio di fonda” il cui raggio è la somma delle lunghezza della catena filata, la profondità del fondale e la lunghezza della propria imbarcazione. Il raggio del cerchio di fonda sarà dunque dato da:
R = Raggio cerchio di fonda
L = Lunghezza imbarcazione
LC = Lunghezza catena a mare
Z = Profondità del fondale sul punto di fonda
R = (L+LC) – Z
Esempio
una nave di 100 metri di lunghezza deve dar da fondo su 25 metri di fondale con 5 lunghezze di catena. Quale sarà il suo raggio di sicurezza?
il raggio sarà uguale a = 100+125-25= 200 metri
Determinato il raggio del cerchio di fonda, con centro sul punto di fonda, in mancanza di un sistema di navigazione elettronico, bisogna disegnare sulla carta nautica (meglio se si ha un piano nautico) il cerchio con un compasso e prendere dei rilevamenti “di sicurezza” (rilevamenti tangenti al cerchio di fonda) da punti cospicui precedentemente determinati in costa. Presi i rilevamenti di sicurezza, tracciateli ed indicateli espressamente sulla carta; in questo modo basterà vedere, all’atto del controllo, se la misura degli stessi, rilevata ogni 30 minuti (o anche a scadenze inferiori se le condizioni meteo lo richiedono), è congrua ai rilevamenti di sicurezza iniziali. In caso contrario, dobbiamo presupporre che l’ancora della nave stia arando ovvero che l’ancora non faccia più tenuta e la nave stia scarrocciando trascinata dal vento e dalla corrente.
Alcuni sistemi di controllo della navigazione, che utilizzano la cartografia elettronica ed un sistema GPS, consentono di automatizzare il procedimento. Vanno comunque inseriti i dati di profondità e delle lunghezze di catena filate a mare al fine di fargli disegnare il cerchio di fonda. In quel caso, il controllo diviene automatico e, se viene avvertito dal sistema uno scarroccio eccessivo, viene emesso un segnale acustico di allarme. Si tratta di una situazione molto pericolosa che richiede l’accensione immediata dei motori, il salpamento dell’ancora e lo spostamento in un’altra posizione che garantisca una maggiore tenuta dell’ancoraggio. Molti incidenti avvengono per il mancato controllo di queste regole di base.
Il salpamento dell’ancora
Il salpamento dell’ancora può essere riassunto nel termine marinaresco “portarsi a picco corto”, ovvero portarsi sulla perpendicolare dell’ancora e quindi salpare il calumo e l’ancora stessa. Facile a dirsi per le grandi navi ma non scevro di fastidiosi inconvenienti per le piccole imbarcazioni. Può infatti capitare che, dando fondo su fondali rocciosi o corallini, l’ancora si “incattivi” cioè resti incastrata tra le asperità del fondale, costringendo quindi il pilota dell’imbarcazione a manovre di disincaglio a yo-yo che spesso costringono, su basso fondale, ad immergersi per liberare l’ancora o, in caso di avverse condizioni meteorologiche, a lasciare temporaneamente l’ancora in mare con il rischio di perderla.
Per evitare questa spiacevole situazione, si ricorre (in fase di ancoraggio) ad una cima aggiuntiva, la grippia, che viene fissata all’incrocio delle marre con il fuso, cioè sul diamante. Recuperando questa cima si potrà sfilare in senso contrario l’ancora liberandola senza sforzi. Questa cima potrà essere lasciata libera collegandola tramite un anello scarica volte (swivel) all’estremità di un gavitello chiamato grippiale. Nel caso di rilascio in emergenza, per avverse condizioni meteorologiche, il grippiale ci indicherà la posizione dell’ancora per un recupero in un secondo tempo.
Ci sono molte altre cose da raccontare su questa importante manovra marinaresca ma ci torneremo prossimamente.
Buon vento e buon mare.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
Un poco di esperienza personale. Sulle navi si usa appennellare l’ancora prima dell’approssimarsi al punto di ancoraggio.
si da poi fondo a circa 5 volte il fondale e si usa la misura di 27,5 metri per identificare la lunchezza di catena (shackle), lasciandola andare con il salpa-ancore solo con freno. in certi posti si da fondo a due ancore a 120° l’una dall’altra. il nostromo a prora deve essere un po pratico per contare le lunghezze che scendono con un turbinio di polvere, e communicarle al comandante sul ponte. la 1a lunghezza ha un segno sul traversino della prima maglia dopo la falsa, la seconda un segno sulla seconda maglia dopo la falsa e così via. ci vuole occhio e pratica, perchè le prime 4/5 maglie scendono molto velocemente. si prepara poi un “anchor log” prendendo due rilevamenti cospiqui a terra e segnando di ora in ora le eventuali variazioni. va da se che l’ufficiale di guardia dovrà fare molta attenzione, ma di solito se ci sono previsioni di cattivo tempo, allora i bravi comandanti salpano e si mettono alla cappa.
cordiali saluti.
d. Scano – Capitano di lungo corso
Grazie Comandante questa è la procedura usata anche nella Marina Militare …