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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: IV SECOLO a.C.
AREA: MAR NERO
parole chiave: relitti
Negli ultimi anni il professor John Adams dell’Università di Southampton, Gran Bretagna, ha guidato con successo una spedizione internazionale che comprende oceanografi ed archeologi subacquei nell’ambito di un ambizioso progetto di archeologia marittima in Mar Nero (Black Sea Maritime Archaeology Project o MAP). L’ultima loro scoperta potrebbe essere definita la scoperta del secolo.

Il professor Jonathan (Jon) Adams è un professore di archeologia presso l’Università di Southampton, specialista in archeologia marittima e subacquea nelle zone costiere e nello sviluppo dell’archeologia delle acque profonde.
I ricercatori hanno trascorso ben tre anni a scandagliare le profondità del Mar Nero, utilizzando moderni side scan sonar, precedentemente utilizzati nelle esplorazioni offshore per mappare il fondale marino per la la ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas. Una ricerca capillare su più di 700 miglia quadrate che ha rivelato i segreti di un mare ancora in gran parte sconosciuto. Il progetto MAP, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, ha portato alla luce oltre 60 relitti, tra cui resti di navi mercantili romane, medievali e di pirati cosacchi del XVII secolo.
Tra i tanti relitti, alla fine del 2017 le ricerche si sono concentrate sui resti di una nave greca antica, scoperta a circa 50 miglia al largo della città bulgara di Burgas. Il relitto, come un fantasma, emergeva dal sedimento di limo mostrando le sue strutture ancora intonse. La straordinarietà del ritrovamento è che la sua struttura non è di fatto stata compromessa dall’ambiente, nonostante gli oltre due millenni passati sul fondo del mare. Dopo tre anni di ricerche, quest’ultimo ritrovamento, avvenuto ad una profondità di oltre duemila metri, corona le speranze degli archeologi di ritrovare “una nave sopravvissuta intatta dal mondo classico”.
Da un lato la presenza di relitti è giustificata dal fatto che il Mar Nero fu sin dall’antichità crocevia di intensi traffici commerciali collegando i porti orientali, terminal della via della seta (silk road), con quelli occidentali e mediterranei. Tempeste e pirati furono minacce ricorrenti per i primi mercanti che si spingevano con navi di poco più di 20 metri su quell’insidioso mare. I suoi fondali riservano quindi molte sorprese ed il nuovo ritrovamento è una testimonianza straordinaria della navigazione nei tempi antichi di cui ancora non conosciamo le modalità.

il Mar Nero fu crocevia di intensi traffici commerciali collegando i porti orientali, terminal della via della seta (silk road), con quelli occidentali e mediterranei. I suoi fondali riservano molte sorprese
I ricercatori ritengono che la forma della nave sia estremamente simile alla rappresentazione della nave greca di Ulisse (Odisseo), rappresentata sul vaso Siren conservato nel British Museum. Il pregevole vaso rappresenta Odisseo, eroe dell’epopea di Omero, legato all’albero della sua nave e circondato dalle sirene, mostri con il corpo metà uccello e metà donna, che cercano di attirare con i loro canti ammaliatori i marinai sulle rocce. Se osservate il disegno della nave sul vaso e le foto del relitto la somiglianza è incredibile e conferma l’epoca dei questa nave.
Un relitto rimasto intatto che è resistito ai millenni
Un campione dello scafo della nave è stato raccolto dagli studiosi tramite un ROV. Sottoposto al test del carbonio 14 ha rivelato una datazione del relitto intorno al IV secolo avanti Cristo, rendendolo di fatto il più antico relitto ritrovato intatto al mondo. La sua eccezionale conservazione è dovuta alle particolari condizioni del Mar Nero che presenta un ambiente profondo anossico (privo di ossigeno). Dal punto di vista oceanografico il Mar Nero presenta infatti uno strato profondo privo di ossigeno al di sotto di quello superficiale.
Per quale ragione?
Circa 12.000 anni fa si concluse l’ultima grande Era glaciale. A quell’epoca il Mar Nero era in realtà un grande lago senza contatto con il Mediterraneo. Con l’aumentare delle temperature ed il conseguente scioglimento dei ghiacci si ebbe l’innalzamento del livello dei mari e, forse per un crollo strutturale dovuto ad un importante sisma, l’acqua salata del Mediterraneo iniziò a riversarvisi a cascata dallo stretto del Bosforo.
Secondo la teoria di due geologi americani, Reimann e Pitman, intorno al 5600 a.C. il Mar Nero era un lago d’acqua dolce (vedi immagine del lago originale) ma, a causa di un forte cataclisma, si aprì un varco tra il Mediterraneo e la piana intorno al lago. Il livello del mare crebbe di circa 120 metri. L’evento fu catastrofico e potremmo immaginarlo simile ad un’esondazione dovuta alla rottura di una grande diga. Un’ipotesi suggestiva che alcuni studiosi assimilano al ricordo del diluvio universale biblico.
E’ stato calcolato che con un tasso di inondazione di circa 45 milioni di litri al minuto, sarebbero stati necessari approssimativamente 40 giorni per riempire il bacino portando il livello del mare a quello attuale. Considerando che molti popoli vivevano lungo le sponde antiche di quel grande lago fu sicuramente una catastrofe colossale. Le prove del cataclisma sono state ritrovate da Robert Ballard che, nell’estate del 2000, durante la ricerca di antiche navi sul fondo del Mar Nero, trovò i resti di un antico villaggio a circa cento cinquanta metri di profondità, risalente a migliaia di anni fa. Il nascente Mar Nero si ritrovò ad essere quindi rifornito sia dall’acqua dolce dei grandi fiumi, come il Danubio e il Dnieper, sia da quella salata mediterranea. Ciò diede luogo alla creazione di due strati d’acqua separati dalla differente densità delle acque: un livello superiore ricco d’ossigeno e meno salato, ed uno inferiore più ricco di sali e privo di ossigeno.
Questo processo non è mutato nel tempo e, al di sotto di tale interfaccia (tecnicamente viene chiamato picnoclino), si è formato un ambiente senza vita, privo di ossigeno, generatosi dalla mancanza del necessario afflusso di acque ossigenate. Questo comporta che in Mar Nero nulla può sopravvivere oltre i 150 metri di profondità, nemmeno quei batteri responsabili del degrado del legno che portano alla marcescenza gli scafi delle navi. Un indubbio vantaggio per le ricerche degli archeologi marini che hanno così una possibilità quasi unica di ritrovare manufatti antichi in condizioni praticamente invariate anche a distanza di millenni.
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Grazie a questo ambiente decisamente unico, questa antica nave ha conservato perfettamente la sua struttura originale. Il relitto giace, conservando la sua bellezza antica, adagiato su un lato, mostrando ancora l’albero ed i timoni perfettamente conservati.
Un relitto straordinario
Si tratta di una scoperta importantissima e non solo per gli archeologi: il relitto potrebbe rivelarci nuove informazioni anche sulle soluzioni tecnologiche adottate dagli antichi marinai e sulle frequentatissime rotte commerciali del Mar Nero che univano l’Oriente con le coste europee e il Mediterraneo. Gli archeologi ritengono infatti che le merci trasportate possano essere ancora conservate nella stiva. Considerando che Burgas era all’epoca un hub marittimo di scambio, la nave poteva forse trasportare grano, oro, vino, olio o forse metalli preziosi dalle tante colonie che si affacciavano sulle sponde del mar Nero. Certo la profondità è molto elevata ed ulteriori ricerche non saranno facili ma lo stato di conservazione del relitto dovrebbe essere un incentivo per i finanziatori per elargire ulteriori fondi per il proseguo delle ricerche.
“Una nave, che sopravvive intatta, proveniente dal mondo classico, situata in oltre due chilometri di acqua, è qualcosa che non avrei mai creduto possibile“, ha affermato il professor Jon Adams dell’Università di Southampton, “… Questo cambierà la nostra comprensione della costruzione navale e della navigazione nel mondo antico”…“.
Naturalmente la ricerca continua.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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