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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: guerra russo giapponese
Cosa c’è di vero sul relitto del Dmitrii Donskoi e su un enorme tesoro del valore di miliardi di dollari che forse vi era custodito?
Tsushima, sangue nel Pacifico
Ci furono scontri navali che segnarono la storia dell’Umanità. Uno fu la battaglia di Tsushima, uno stretto a metà strada tra l’isola giapponese di Kyūshū e la penisola Coreana. Tutto iniziò quando lo zar Nicola II decise di inviare l’intera Flotta del Baltico, cinquanta navi da guerra di base a Kronstadt, nei pressi di San Pietroburgo, per unirsi al resto della flotta del Pacifico ed ingaggiare in battaglia i Giapponesi.
Dopo un lungo viaggio, il comandante della flotta russa, l’ammiraglio Rožestvenskij, scelse la via minore ovvero attraverso lo stretto di Tsushima, sia per accorciare i tempi sia per poter sfruttare le fitte nebbie che in quella stagione coprivano quella zona di mare. L’ammiraglio giapponese Togo, che si trovava nella base di Pusan (Corea), comprese che i Russi sarebbero transitati attraverso l’arcipelago di Tsushima e predispose il suo piano di attacco. La flotta russa, dopo aver navigato in oscuramento per l’intera notte e nelle nebbie dell’alba successiva, era quasi riuscita a superare il blocco dei pattugliatori nipponici quando, al levarsi della nebbia, due navi ospedale russe furono scoperte dalla squadra di incrociatori giapponesi. Nulla valse l’intervento delle corazzate russe. Le due linee di corazzate si portarono a circa 6000 metri e cominciarono a sparare con i potenti cannoni. La flotta giapponese era più addestrata al combattimento e fu in grado di colpire le unità navali russe con grande precisione e maggiore frequenza. La superiorità nipponica era anche legata al tipo di munizionamento progettato per esplodere a contatto contro le infrastrutture delle navi.
Inoltre, i Russi procedevano ad una velocità massima di otto nodi, a causa delle carene sporche, mentre la flotta nipponica poteva invece raggiungere i sedici nodi. Inutile dire che in poco tempo la linea russa si spezzò. Tra di esse vi era anche un vecchio incrociatore, il Dimitri Donskoy, comandato dal capitano Ivan Lebedev, che combatté fino allo stremo contro sei incrociatori nipponici. Sopravvisse al fuoco nemico fino al giorno successivo quando, a causa degli ingenti danni, decise di autoaffondarsi.
Durante la battaglia di Tsushima, l’intera Flotta Russa del Baltico fu persa, mentre i giapponesi persero solo tre torpediniere.
La nave del tesoro
Perché oggi raccontiamo la storia dell’incrociatore Dimitri Donskoy? Tutto nasce da una leggenda che favoleggia che la nave, al momento dell’affondamento, trasportasse il tesoro della flotta russa, miliardi di dollari in oro che dovevano raggiungere Vladivostok ma scomparvero in mare. Vale la pena di raccontare la sua storia.
La nave, costruita a San Pietroburgo e consegnata nell’agosto del 1883, era stata inizialmente progettata per un uso mercantile. Come molte navi dell’epoca aveva una duplice propulsione, a vela ed a vapore. Convertita ad uso militare, trascorse la maggior parte della sua carriera operativa nel Mar Mediterraneo fino a quando fu comandata ad unirsi al Secondo Squadrone del Pacifico della Russia imperiale nel mar Baltico.
Come tante navi russe nello scontro di Tsushima, il Dmitrii Donskoi nonostante le sue condizioni di vetustà, si comportò eroicamente, rispondendo al fuoco giapponese e riuscendo alla fine a sfuggire alla forza navale di Togo. Dopo il disimpegno, aveva tentato di dirigersi verso il porto russo di Vladivostok ma, a causa dei gravissimi danni e dell’impossibilità di proseguire, il capitano della nave aveva deciso di ancorarsi al largo dell’isola di Ulleungdo per sbarcare a terra i sopravvissuti. Il mattino seguente, il 29 maggio 1905, viste le condizioni della nave aveva dato l’ordine estremo di autoaffondarla al largo, per non farla cadere in mano nemica.
I membri dell’equipaggio furono presto fatti prigionieri dalle forze da sbarco giapponesi e lo stesso capitano Lebedev, gravemente ferito, morì. Dopo poco tempo si sparse la voce che il Dmitrii Donskoi stava trasportando l’intera riserva d’oro del secondo squadrone russo del Pacifico, un enorme tesoro del valore di miliardi di dollari. Sarà vero o si tratterà di uno dei tanti miti del mare? Secondo le fonti russe odierne, il tesoro forse non è mai esistito ma … i cercatori di tesori non mollano.
Il ritrovamento
Dopo oltre un secolo, il relitto del Dmitrii Donskoi è stato ritrovato a circa 480 metri di profondità, ad un miglio dall’isola sudcoreana di Ulleungdo. Una compagnia coreana di salvataggio marittimo, la Shinil Group di Seul, da anni impegnata nella sua ricerca, ha affermato che la nave potrebbe contenere ancora 200 tonnellate di oro per un valore vicino ai 134 miliardi di dollari attuali. La nave è stata scoperta ed identificata da uno dei sommergibili della compagnia che, alla fine, ha potuto fotografarne il nome scritto a poppa in caratteri cirillici.
Vero o falso?
Nel 2000, il Daily Independent aveva riportato che una compagnia sudcoreana, il Korea Ocean Research and Development Institute, aveva scoperto il naufragio del Dmitrii Donskoi. In realtà nulla fu recuperato e la società fallì. Nel 2003 fu la volta dell’Istituto di Ocean Science and Technology della Corea del Sud che disse di aver scoperto il suo relitto, comprovandolo nel 2007 con delle foto. Del carico d’oro del valore di 125 miliardi di dollari, che sarebbe stata la più grande scoperta marittima di tutti i tempi, nessuna traccia.

immagine di fantasia .. esisterà davvero il tesoro russo?
Nel luglio 2018, il Gruppo Shinil, una società di cacciatori di tesori della Corea del Sud, ha annunciato di aver trovato Dmitrii Donskoi ad un miglio dall’isola sudcoreana di Ulleungdo. Secondo il piano del gruppo, una società di recupero cinese avrebbe tentato di recuperare 5.500 scatole di lingotti d’oro e 200 tonnellate di monete d’oro, per un valore complessivo di circa 133 miliardi di dollari USA, dal relitto. In caso di ritrovamento metà dell’oro sarebbe stata restituita alla Russia. In realtà la Shimil sembra non abbia richiesto i permessi necessari e un rappresentante del Museo Navale Centrale di San Pietroburgo ha dichiarato che non vi erano prove a sostegno della rivendicazione dell’oro. Di fatto, a seguito della notizia del ritrovamento, la reazione russa è stata immediata: “È fuori discussione che [la nave da guerra] avesse barre d’oro nella sua stiva, perché era pratica della Russia mandare oro in Estremo Oriente su vagoni ferroviari speciali“, ha riferito Sergei Klimovsky, segretario scientifico del museo navale centrale di San Pietroburgo. In realtà questo potrebbe essere vero in quanto, nel 1993, sommozzatori giapponesi scoprirono il relitto dell’ammiraglio Nakhimov nelle stesse acque del Dmitri Donskoi, ma non vi trovarono preziosi ne tanto meno oro.
Di fatto sembra che questa volta il Shinil Group abbia trovato il luogo preciso del relitto con l’aiuto del suo team di esperti della Corea del Sud, Cina, Gran Bretagna e Canada. Nelle profondità degli abissi è stato finalmente ritrovato ed identificato il relitto dell’incrociatore. Le riprese foto-video della compagnia mostrano immagini che confermano, senza ombre di dubbio, la sua identità, gli ingenti danni subiti, la sua ancora, i cannoni e le infrastrutture di coperta ormai colonizzate, nonostante la grande profondità, dalla vita marina. Ma, il 26 luglio 2019, il gruppo ha cambiato il suo nome in Shinil Marine Technology e ha ritirato pubblicamente le sue pretese sul relitto, dopo aver rastrellato fondi per circa 53 milioni di dollari. Una nuova truffa colossale?
Forse la scoperta che gli abissi in realtà non conservano nessun tesoro e quindi, una rocambolesca fuga con il malloppo. La domanda resta aperta: il Dmitrii Donskoi contiene veramente un favoloso tesoro? La ricerca continua ma forse la scoperta di questa vecchia nave, che aveva combattuto come una vecchia leonessa sotto un fuoco impari, vale più di quell’oro.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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