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livello elementare
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ARGOMENTO: ECOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ITALIA
parole chiave: Habitat
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Il CESTHA, Centro Sperimentale per la Tutela degli Habitat, nasce dalla sempre maggiore coscienza della condizione di forte stress e sovra-sfruttamento che l’ambiente che ci circonda e nello specifico quello marino sta vivendo oggi. Questa consapevolezza ha fatto riunire tre ricercatori del settore che, con l’aiuto di tecnici e naturalisti, si sono posti due obiettivi principali. Il primo è quello di impegnarsi a fornire il proprio contributo al recupero ambientale, attraverso progetti di tutela degli habitat, salvaguardia della biodiversità e programmi di ripopolamento. Il secondo, ma non meno importante, è la volontà, attraverso eventi divulgativi, di sensibilizzare la comunità e chi vive del mare a conoscere e meglio comprendere il “mare nostrum”. Queste idee si concretizzano a partire dal 2015, attraverso la collaborazione con la marineria di Ravenna composta da due cooperative di pescatori locali, che raggruppano circa una quindicina di pescherecci. Questa cooperazione ha permesso lo sviluppo di programmi di sostenibilità delle tecniche di pesca, sfruttamento consapevole delle risorse e valorizzazione del prodotto.
Da gennaio 2016 CESTHA, grazie al supporto dell’IBC e della Regione Emilia-Romagna e con la vincita di un premio per la riqualifica di siti storici, ha inaugurato la propria sede presso l’antica struttura del mercato ittico di Ravenna, sito riconvertito a centro ricerche, posto dietro al bacino pescherecci, ma chiuso dai primi anni ’90. Al suo interno è stato allestito un polo divulgativo e didattico ed un centro sperimentale, con un piccolo laboratorio e 5 impianti di vasche, dove grazie alla forte collaborazione con gli operatori del settore, l’associazione si impegna nel recupero, nella cura, nella riabilitazione di quegli esemplari, che risultano stressati o feriti in seguito a cattura accidentale (specie definite “By-catch”), al fine di reintrodurli in natura.
La peculiarità di questo polo è che, nonostante una carenza normativa, rappresenta di fatto il primo centro di recupero per la fauna ittica d’Italia. Vista la necessità di mettere in atto un’attività di prelievo sostenibile e di praticare la pesca in modo più rispettoso per l’ambiente, il CESTHA ha attuato vari progetti, che mirano alla salvaguardia delle specie sensibili, con particolare attenzione a quei taxa maggiormente impattati dalle attività umane. Tra questi gli elasmobranchi, che sono tra le principali specie chiave dell’ecosistema marino e tra i suoi organismi a maggior rischio. Molti di loro infatti, nonostante siano all’apice delle catene alimentari, sono anche particolarmente vulnerabili poiché spesso accidentalmente catturati con gli attrezzi da pesca. Di pari passo tale attività prevede uno studio delle popolazioni in relazione alle zone di prelievo, per l’individuazione delle aree rilevanti per lo sviluppo delle specie di squalo Adriatico, volto ad un futuro programma di tutela.
Inoltre, CESTHA ha attivato una sperimentazione sulla Sepia officinalis che, oltre a rappresentare un’importante risorsa ittica, risulta essere fortemente impattata. Il progetto si pone come obiettivo l’avvio di forme innovative di gestione della specie, per contribuire all’aumento della sua produzione locale e favorirne il rilancio commerciale. In particolare viene effettuata la schiusa controllata delle uova deposte sugli attrezzi da pesca dalle stesse seppie, inserendole in un programma di accrescimento, per un periodo limitato. A seguito della schiusa è previsto un ritorno al mare per i giovanili di 4-5 giorni di vita, in siti e/o zone con condizioni ottimali per massimizzarne la percentuale di sopravvivenza. Infine, proprio per cercare di ridurre la perdita di biomassa dovuta non solo al by-catch ma soprattutto all’uso di tecniche di pesca non selettive, sono già in atto, in collaborazione con il CNR di Ancona, progetti di riconversione dei metodi di cattura, a favore di tecniche low-impact, attraverso la sperimentazione di attrezzi innovativi, come nuove gabbie o nasse che permettano un maggiore e migliore controllo della quantità e qualità del pescato.
In sintesi il lavoro dell’associazione si svolge nell’idea che la “piccola” pesca, possa ancora essere una risorsa in grado di trainare l’economia locale e creare occupazione soprattutto tra i giovani e che, se attuata in rispetto dell’ambiente marino, possa rivelarsi risorsa spendibile anche a livello turistico, legandola alle produzioni gastronomiche tradizionali e a chilometro zero. La strada da percorrere è ancora lunga ma, in fondo, l’oceano non è che la somma di tante piccole gocce d’acqua.
dott. Silvia Brandi
ricercatrice subacquea scientifica
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