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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: SARDEGNA
parole chiave: Giganti, Mont’e Prama
La mostra delle statue, dei modelli di nuraghe e dei betili di Mont’e Prama, dopo il restauro nel centro della Soprintendenza archeologica di Li Punti a Sassari, destò grande clamore.
Subito l’opinione pubblica pose sotto i riflettori la storia della ricerca, e la voglia di conoscere di tutti, spinsero le attività e le azioni successive al restauro, tese a valorizzare il sito e proseguire nella ricerca. In un protocollo siglato il 12 dicembre del 2011 dal sindaco di Cabras Cristiano Carrus, dalla direttrice per i Beni Paesaggistici e Culturali della Sardegna dott.ssa Maria Assunta Lorrai, dal Soprintendente per i Beni Archeologici per le provincie di Cagliari e Oristano dott. Marco Minoja, dall’assessore regionale alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport avv. Sergio Milia e dal Presidente in carica della Regione Autonoma della Sardegna dott. Ugo Cappellacci si decise, nell’ottica di procedere ad un progetto coordinato e condiviso fra tutte le amministrazioni rappresentate, la spartizione temporanea delle statue per essere esposte nel museo nazionale archeologico di Cagliari e nel museo civico di Cabras.
Nello stesso accordo si ponevano le basi per sostenere finanziariamente il comune di Cabras per la progettazione e realizzazione del nuovo museo delle statue di Mont’e Prama, da realizzarsi nella cittadina lagunare. Secondo quel protocollo di intesa, al museo archeologico nazionale di Cagliari, l’esposizione di una parte delle sculture sarebbe stato inquadrato nel contesto generale che illustra l’evoluzione storica della Sardegna e in particolare racconta la civiltà nuragica, che così decisamente ha segnato la storia dell’isola; mentre nel museo civico del comune di Cabras, l’esposizione temporanea di sei statue e quattro modelli di nuraghe (nell’attesa che il progettato museo dei giganti fosse realizzato), avrebbe rappresentato il culmine culturale della presenza nuragica nel Sinis.

la penisola di Tharros
Nel frattempo nel maggio del 2014 una equipe composta da ricercatori dell’Università di Sassari, coadiuvata da un gruppo di detenuti del carcere circondariale di Massama (OR) e coordinata dai proff. Raimondo Zucca, Paolo Bernardini e Pier Giorgio Spanu, dal dott. Alessandro Usai per la Soprintendenza archeologica per le provincie di Cagliari e Oristano, e dal prof. Gaetano Ranieri per l’Università di Cagliari riprese finalmente i lavori di indagine sul sito.
I lavori iniziarono con una approfondita analisi degli indicatori archeologici nel paesaggio, effettuata con prospezioni visive a maglia stretta, eseguite da squadre di archeologi che perlustrarono ampie fasce di territorio, nelle immediate vicinanze del sito di Mont’e Prama. Contemporaneamente la squadra dell’Università di Cagliari coordinata dal Prof. Ranieri, con l’utilizzo di una sofisticatissima attrezzatura, iniziò a scandagliare il terreno con una serie di mappature eseguite con il georadar.
Furono individuate numerose anomalie (riflessi delle onde radio trasmesse verso il terreno) che individuavano rocce sepolte, poste in maniera sospetta, ad indicare probabili presenze antropiche, ovvero di probabile natura umana. Contemporaneamente si iniziarono tre saggi, all’interno dell’area dove si effettuarono le prime indagini degli anni ‘70 del secolo scorso, per chiarire alcune delle anomalie rivelate dal georadar. I primi tre saggi erano collocati nella zona sud-est dell’area ora recintata. Le analisi dei report del georadar facevano sospettare una struttura edificata in antico, data la presenza di pietre poste in posizione ortogonale.
Lo scavo stratigrafico arrivo fino allo strato vergine non trovando riscontro all’ipotesi formulata con l’analisi del report. Si trattava solo di pietre poste in linea, in un solco modesto, durante probabili dilavamenti della pioggia che trascinandole verso valle, avevano giocato questo brutto scherzo agli archeologi. Ma in archeologia anche il non trovare qualcosa che si sospettava esistesse è di per se stesso un dato di cui tener conto. Successivamente si aprì un quarto saggio nell’area immediatamente a sud-ovest dell’area indagata negli scavi del 1977 e 1979 da Carlo Tronchetti.
Dopo il primo strato si individuarono quasi subito i primi due betili aniconici gravemente danneggiati dalle profonde arature dei decenni immediatamente seguenti la seconda guerra mondiale. Man mano che gli strati si susseguivano furono individuati numerosi frammenti di statue: una base con dei piedi con calzature, frammenti di nuraghe, parti del busto e del bacino. Si era in presenza del prolungamento, verso sud della necropoli scoperta negli anni ‘70 del secolo scorso da Bedini e Tronchetti.
Gli scavi del 2014
Nel luglio del 2014 l’ampliamento del saggio portò a individuare due statue distinte, solo parzialmente distrutte, che raffiguravano una tipologia diversa da quelle dei pugilatori, arcieri e guerrieri finora ricostruite dai frammenti trovati a Mont’e Prama. Durante la stessa campagna di scavi del 2014 si individuarono nuove sepolture allineate lungo la strada sacra già individuata nei precedenti scavi. Gli inumati erano stati sepolti in posizione rannicchiata in fosse singole, alcune coperte da lastre di pietra di notevole dimensione, su cui erano state poste le statue. Successive indagini sugli apparati scheletrici descrissero una serie di giovani sepolti con una età variabile dall’adolescenza ai 40 anni. Furono eseguiti anche esami al Carbonio 14 che confermarono sostanzialmente una datazione compresa fra il X e VIII secolo avanti Cristo. La campagna 2014 ha così riconfermato l’importanza incredibile di questo sito e la necessità di indagare ulteriormente e in maniera estesa il sito. Ha ribadito la possibile datazione delle statue nuragiche ad un periodo storico nel quale la prima statuaria occidentale in Grecia era ancora da venire. Ha scoperto la prosecuzione verso sud ovest delle sepolture messe in luce negli scavi degli anni 70 del secolo scorso. Ha confermato, con i primi dati sulle analisi degli scheletri degli inumati, la teoria di una necropoli di una élite sarda che in un’epoca di forti scambi sociali, culturali e materiali con le civiltà vicino orientali, ha inteso significare la propria potenza sociale e il legame con le origini della cultura nuragica.
Ma come spesso succede lo scavo archeologico ha aperto nuove prospettive e generato nuove domande che hanno solo parzialmente avuto risposte nelle indagini del 2015. In quella campagna si sono precisati i rapporti della costruzione circolare posta a ovest dell’allineamento della necropoli e delle sue due pertinenze definiti vani B e C. Fra queste il vano B ha restituito alcune stratificazioni nuragiche intatte, non contaminate nel periodo punico successivo. In questi strati inviolati si è potuto ritrovare una porzione di modello di nuraghe, utilizzato in un reimpiego per la creazione di una pavimentazione. La presenza di altri materiali ossei, riferiti a scarti di macellazione animale, ha potuto datare lo strato in un periodo riferito al IX secolo a.C..

da Mont’e Prama, Il Sinis degli Eroi
Nuove ipotesi
Questo dato apre la via a nuove e diverse ipotesi: il frammento di modello di nuraghe apparteneva alla necropoli e fu distrutto con le statue in un periodo precedente? Era invece un resto di lavorazione della monumentalizzazione della necropoli scartato per qualsivoglia ragione e riutilizzato come pietra lavorata per formare il battuto pavimentale? Solo nuovi scavi potranno confermare o smentire queste ipotesi o crearne di nuove. In una recente visita al sito, un turista si è lamentato con chi scrive sul fatto che gli archeologi non danno mai certezze, ma dipingono sempre e solo le diverse ipotesi che puntualmente hanno sempre bisogno di conferme. È vero, è spesso così, ma il rigore scientifico che deve contraddistinguere il lavoro di chi legge la terra e le pietre deve essere assoluto. Sdoganare ipotesi, magari fantasiose che hanno solo il fascino di solleticare la fantasia di chi le ascolta, è mestiere di imbonitori e non di ricercatori professionisti. La verità, qualunque essa sia, deve risultare in maniera inequivocabile e non derivare dalla convinzione dell’appassionato di turno. Per questo motivo la storia di Mont’e Prama non finisce qui, e non sappiamo ora, come e quando si evolverà. Unica certezza è che i lavori proseguiranno perché l’importanza del sito ormai è evidente al mondo e nessuno potrebbe arrestare la ricerca. Per questo motivo possiamo solo invitare i lettori di queste righe di non demordere e prendendo in prestito una frase celebre invitiamo tutti: stay tuned !!!
Ivan Lucherini
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archeologo subacqueo, appassionato ai temi della valorizzazione, della diffusione dei contenuti storici dei nostri Beni Culturali è iscritto all’elenco nazionale del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo come esperto abilitato alla redazione degli elaborati sulla VIARCH (valutazione di impatto archeologico). Si occupa di valorizzazione scrivendo progetti che rendano fruibili e contestualizzati gli apporti di ogni conoscenza materiale, e progettando percorsi multimediali provenienti dallo studio di siti di rilevanza storica. La sua attenzione si concentra soprattutto sugli ambienti costieri e marini, con approfondimenti sui temi del commercio e della navigazione antica. Laureato in Archeologia, curriculum tardo antico e medievale, all’Università di Sassari con una tesi dal titolo: “L’Archeologia subacquea di alto fondale, evoluzione delle metodologie di indagine e nuove prospettive nell’archeologia subacquea oltre i 50 metri di profondità” con una votazione di 110/110 e lode. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Archeologia alla scuola di dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo dell’Università di Sassari con una tesi dal titolo: “Evoluzione del paesaggio costiero nella Sardegna nord occidentale: Bosa e il suo fiume. Metodi avanzati di indagine.” Inoltre Lucherini è iscritto all’elenco regionale RAS delle guide turistiche e Course Director PSS (Valutatore nei corsi per istruttori subacquei) e OTS (Operatore Tecnico Subacqueo).
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