
1716. Corvetta veneziana – ex voto, Santuario della Madonna dello Scarpello, Bocche di Cattaro Una corvetta particolare per la tipologia classica della corvetta trasmessaci dalla letteratura navale, ossia un veliero leggero a tre alberi armato a nave. La caratteristica del veliero leggero la ritroviamo, ma qui abbiamo un due alberi con armo a brigantino e doppia propulsione, remi e vele.

fregata a remi veneziana (progetto di Antonio Nadale) – Biblioteca Universitaria di Padova
Nei primi decenni del Settecento un piccolo numero di corvette (o “crovette”), solitamente non più di tre, faceva parte della squadra veneziana del Capitano del Golfo. La squadra si occupava essenzialmente di polizia marittima nel Mar Adriatico, con un’area operativa che andava dalla linea Zara-Ancona a Corfù, e con l’isola di Lesina come base principale.
La squadra era formata da poche unità, con punte massime, nel corso di Seicento, di sei sette galee (solitamente non tutte operative, anzi spesso le galee in crociera erano due o tre) e galeotte e barche armate come unità leggere, che operavano solitamente di conserva alle galee, a formare anche squadriglie come sotto unità della squadra.
![]() La sua non comune visione lo portò a proporre una profonda riforma della marina veneziana su modello di quella britannica. L’ammiraglio Angelo Emo, rendendosi conto delle debolezze e inefficienze che gravavano sull’antica potenza navale, ricercò una maggiore professionalizzazione del personale imbarcato attraverso una migliore selezione del personale nel reclutamento (anche con l’aumento delle paghe dei marinai) e l’introduzione di chiare norme di disciplina e di avanzamento delle carriere. I suoi sforzi riuscirono solo in parte scontrandosi con una catena di comando poco recettiva che privilegiava l’anzianità di servizio sopra ogni altra cosa e, Angelo Emo, già ammiraglio prima dei sessant’anni, era un’eccezione sopportata (per il suo valore) ma non sostenuta dal Senato. Morì nel 1792 al comando delle sue navi nelle acque di Malta e venne seppellito nella chiesa di san Biagio, La Valletta, con grandi onori dai suoi equipaggi. Pochi anni dopo, nel 1797, ebbe fine la marina veneziana a seguito della caduta della Repubblica di Venezia dovuta alle truppe di Napoleone. I Francesi, dopo aver incendiato l’Arsenale, catturarono o affondarono tutte le 184 navi presenti e licenziarono tutti i dipendenti dell’Arsenale. La grande marineria veneziana aveva fine. Nota della Redazione |

fregata a remi veneziana – Progetto Alessandro Nadale – Biblioteca universitaria di Padova

fregata a remi veneziana – Progetto Alessandro Nadale – Biblioteca universitaria di Padova

fregata a remi veneziana – Progetto Alessandro Nadale – Biblioteca universitaria di Padova – notare le coppie di boccaporti inframezzati a quelli dei cannoni per i remi
Nel Settecento la squadra si arricchisce di un’altra tipologia di unità, le corvette, legni armati a brigantino e dotati, come le altre unità della squadra, di remi. Il remo era elemento essenziale nella guerriglia marittima mediterranea correlate alla corsa e alla controcorsa (polizia marittima). Sulla scia della storiografia navale oceanistica, principalmente britannica, la manovra al remo nei secoli dell’età moderna era considerata retaggio del passato e simbolo dell’arretratezza e del declino del Mediterraneo, sotto il profilo economico-marittimo e navale (cioè militare).

fregata a remi veneziana – i boccaporti per i remi sono inframmezzati a quelli dei cannoni
Non é così: la prospettiva oceanistica che vede nel veliero oceanico l’unica forma di modernità nautica e guarda agli oceani come unici protagonisti della modernità navale non è applicabile al Mediterraneo a scatola chiusa; va messa in relazione con l’ambiente meteo marino mediterraneo e con gli ambiti operativi in cui agivano le forza navali mediterranee. Il Mediterraneo non è in declino in età moderna, anzi i traffici marittimi al suo interno crescono. Ma non è questo il momento di parlarne. Quello che qui ci interessa è capire quale era l’ambiente e quali erano le condizioni operative in cui agivano le flotte mediterranee.

la Capitana di Tripoli (1709) catturata dalla squadra navale di Malta (museo navale di Malta). Era un vascello a due ponti con doppia propulsione vela – remo
Un ambiente caratterizzato da:
– presenza di una guerriglia marittima (corsa e controcorsa) che scandiva la quotidianità mediterranea nella buona stagione (la stagione in cui principalmente si navigava);
– una buona stagione caratterizzata da frequenti calme e dal ricorrere della bonaccia;
– un mare stretto fra terre in cui si navigava principalmente sotto costa, e quindi in spazi ancora più stretti.
Per navigare sotto costa, in spazi stretti, durante la stagione delle calme e delle bonacce, in caccia dei bastimenti corsari che predavano i mercantili, il remo era quindi elemento fondamentale. Non era sintomo di arretratezza, era una necessità imprescindibile. Non è un caso le marine nordiche, frequentando il Mediterraneo, a partire dal tardo Seicento, adatteranno i loro velieri alle necessità imposte dall’ambiente, munendoli di remi.

HMS Charles Galley, fregata galera inglese da 32 cannoni varata nel 1676 appositamente per operare nel Mediterraneo contro i corsari barbareschi Van de Velde il Giovane, National Maritime Museum
Dal tardo Cinquecento si moltiplicano nelle fonti i casi di galeoni, navi e fregate inglesi, olandesi e francesi munite di remi. Le navi tonde, i velieri, se volevano far la corsa, fare la contro corsa, o anche semplicemente sfuggire alla caccia dei corsari, non potevano fare a meno del remo.
Emiliano Beri
Professore aggregato – RTDb Università di Genova
Docente di storia militare e storia sociale M-STO/02
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