Multiple Future
Non è facile prevedere quale sarà il nostro prossimo futuro; probabilmente ci vorrebbe una sfera di cristallo magica. Peccato che non esista e le possibilità sono decisamente infinite. Da un punto di vista futurologico, sarebbe più corretto parlare di un futuro multiplo, diversificato in aree geografiche diverse, lontane fra loro ma intimamente connesse. Sebbene possa sembrare un paradosso, la differenza sociale, il cosiddetto “social divider“, sta aumentando creando sempre più instabilità ed incomprensioni che comportano un distacco maggiore fra le varie realtà che esistono sul pianeta. Grazie alla globalizzazione tutti vedono tutto e cresce la convinzione, soprattutto nei più giovani, che la soluzione ai loro problemi sia semplicemente spostarsi da aree depresse ad altre economicamente più appetibili, alla ricerca di una vita facile con poco sforzo. Stiamo forse regredendo ai primi millenni della nostra storia umana in cui gruppi di cacciatori-raccoglitori si spostavano per sopravvivere da una regione all’altra per trovare aree con maggiori risorse oppure ci troviamo di fronte ad un nuovo fenomeno sociale?
In realtà, da oltre trentamila anni, le migrazioni sono sempre esistite per i motivi che ho citato. Solo con la nascita dell civiltà organizzate i Popoli si stabilirono in aree di loro interesse e prosperarono. Cosa sta cambiando? Di fatto sono cambiate le esigenze. Un tempo era il cibo per potersi nutrire, poi i territori di caccia e di commercio, limitati solo dalla capacità di muoversi al loro interno e, soprattutto di controllarli politicamente e militarmente. Con la recente globalizzazione, la diffusione via etere di false speranze è diventa più veloce e trova spazio in Popoli che non hanno niente da perdere e credono di trovare la soluzione ai loro problemi non sui propri territori ma attingendo dagli altri. Che fare? Non esiste una sola soluzione e comunque non può essere ricercata solo nella solidarietà sociale. Chi vive nell’indigenza va aiutato a crescere e non mantenuto. Per assurdo, non sempre la solidarietà viene biunivocamente compresa e può generare sentimenti contrastanti che possono sfociare in xenofobie, razzismo, chiusure mentali a difesa della propria culture difficilmente gestibili.
Le ragioni dell’instabilità sono quindi molte e cercheremo di identificarle in questo breve articolo per ricercare soluzioni per un futuro migliore ed evitare l’estinzione della nostra specie.
In tempi recenti, molti studi sono stati condotti da team multidisciplinari che cercano di individuare le prevedibili cause future di instabilità e quali azioni palliative possono essere messe in atto; purtroppo tutti concordano che l’Umanità sta avvicinandosi ad un collasso della nostra, o meglio, delle nostre “civiltà”. In realtà stiamo solo leggendo un vecchio libro; tutto è successo prima in un insieme di corsi e ricorsi storici, semplicemente non ce ne ricordiamo. Sarà l’Uomo capace di sopravvivere a questa evoluzione? Il discorso è molto vasto e potrebbe facilmente scivolare in speculazioni infinite.
Cerchiamo ora di identificare le cause dell’instabilità sociale ed ipotizzare quale sarà l’impatto del mare sul nostro futuro.
Instabilità
L’instabilità sociale si basa su molti fattori, principalmente sulla incapacità di chi ci amministra di fornire ciò di cui abbiamo bisogno. Non necessariamente legata solo al lato economico, essa può derivare anche da carenze educazionali che comportano l’alienazione del tessuto sociale con la distruzione di alcun valori portanti per ogni società come, ad esempio, la famiglia, il rapporto interpersonale ed il rispetto delle Istituzioni.
Nei tempi antichi si diceva basta dare al popolo pane e divertimento, il “panem et circenses” e potrai governare senza problemi. Questo avviene più facilmente se il popolo viene manipolato e diseducato a pensare attraverso la creazione di falsi ideali e miti. Filosofie e false religioni possono così diventare facili strumenti per manipolare menti deboli ed impreparate non abituate a pensare. La nascita di fenomeni di integralismo e xenofobia derivano proprio dalla debolezza di questi substrati sociali non in grado di comprendere ciò che li circonda. Un discorso complesso che non voglio affrontare in questa sede ma che, in estrema sintesi, è riassumibile nella profonda “ignoranza” (dal verbo ignorare ovvero non conoscere) delle masse.
Tecnologia e progresso sostenibile: il male della globalizzazione
Dall’era industriale, le nazioni hanno cercato di riempire l’amara coppa della povertà con i progressi tecnologici. Apparentemente, le persone vivono meglio di cento anni fa; possiamo comunicare e muoverci meglio, abbiamo una maggiore salute, e lo sviluppo delle scienze ha consentito una vita migliore, sviluppando strumenti più efficienti per la nostra vita quotidiana. Tuttavia, il costo del progresso si paga anche in termini di sicurezza globale. Una maggiore tecnologia richiede un’acquisizione maggiore di risorse che devono essere trasferite da dove sono maggiormente disponibili ai siti di utilizzo. Spesso queste risorse si trovano in aree in cui esistono forti differenze sociali e le relazioni economiche sono gestite da gruppi di potere, talvolta transnazionali, che apparentemente non hanno interesse a creare condizioni al contorno stabili. Questo crea la necessità di mantenere politicamente relazioni economiche con Paesi che sono estremamente diversi dal nostro modo di vivere e dove non sempre esistono condizioni di stabilità politica sufficienti per un mutuo benessere. Queste differenze sociali e culturali possono essere la base di fenomeni di intolleranza, estremismo e fondamentalismo che si ripercuotono contro i nostri interessi.
Persino la globalizzazione, spesso così universalmente benedetta da tanti economisti, alla fine ci ha offerto il suo lato oscuro creando più falsi miti che benessere. La trasformazione del pensiero sociale è un processo lento che dovrebbe essere digerito attraverso secoli di scambi culturali. Il nostro pensiero “arrogante” di essere in grado di cambiare con la tecnologia il modo di vivere degli altri è pura utopia e stiamo iniettando il seme della ribellione nelle generazioni più giovani di alcuni paesi. In realtà stiamo favorendo il social divider e creando maggiore instabilità. Gli esseri umani sono animali apparentemente “più intelligenti” degli altri che hanno sviluppato un comportamento sociale basato sulla necessità di relazionarci con altri individui della nostra specie. Fondamentalmente ciò di cui avremmo veramente bisogno è il cibo necessario per nutrirci e riprodurci. Tutto il resto, compresi i rapporti sociali e religiosi, sono nati all’interno delle differenti civiltà, attraverso un cammino lungo e complesso.
La globalizzazione ne ha attentato le basi creando complessi rapporti sfociati in logiche incomprensioni. Basti pensare al modello decisionale occidentale basato su un profilo euclideo (problema, analisi, soluzione) ed uno orientale (ricerca della soluzione circolare o olistica). Sebbene esistano dei valori universali la loro interpretazione non è univoca. Ad esempio, nei millenni l’Uomo ha sviluppato il concetto della bellezza. L’arte ne è la sublimazione ma non è un valore universale, almeno non per tutti. Essa è legata al nostro cammino sociale e culturale ma ciò che è bello per noi può sembrare osceno ed offensivo per altri e quindi da contrastare anche con la forza. Questo è un fattore che coloro che parlano liberamente di integrazione dovrebbero comprendere. E’ troppo facile avere un approccio superficiale, basato su valori universali di solidarietà, senza valutare le ricadute in termini sociali.
Un altro fattore da considerare è la competizione. Grazie alla nostra capacità di elaborare, siamo stati in grado di sviluppare modelli sociali e società complesse basate su relazioni e scambi. Purtroppo, quello che era necessario per la sopravvivenza di un gruppo era a volte disponibile solo in altri gruppi, comportando la necessità di scambi e commercio.
Quando l’intelligenza non bastò si giunse alla competizione sociale ed alle guerre. Un cammino lungo e tormentato che non è ancora finito. Di fatto gli Umani stanno crescendo di numero e ci si aspetta di avere un aumento della popolazione vicino al 50% prima del 2050. Un numero enorme di persone che richiederà sempre più cibo e beni per sopravvivere. Inoltre fattori climatici estremi condizioneranno lo sviluppo delle culture agricole con conseguente impossibilità di alimentare le popolazioni. Sul mare, fenomeni illegali come l’overfishing depauperanno gli oceani irrimediabilmente, causando la necessità di migrare in massa verso aree in grado di fornire apparentemente maggiori risorse. Il cammino sarà quindi costellato da instabilità locali, crisi, conflitti e guerre ed il mare sarà ancora la prima e l’ultima frontiera.

Oltre 90 milioni di tonnellate di pesce catturati ogni anno e dai 7 ai 20 milioni di tonnellate di specie non edibili (gettate via mare) per un totale del 29% delle risorse marine sfruttato inutilmente da Scaphpro Artificial Reef
Tra i tanti fattori che influenzano la stabilità voglio ricordare:
– la mancanza di un livello comune di ricchezza e di sistemi sanitari equivalenti
Una ricchezza comune è un’utopia a causa del concetto semantico di ricchezza. Ciò che è ricchezza per un europeo è ben diverso per un americano. La differenza cresce quando guardiamo le popolazioni di altri continenti. La salute dovrebbe essere un concetto universale perché stiamo parlando della sopravvivenza di esseri della nostra specie. Purtroppo i sistemi sanitari sono molto diversi e nei paesi più poveri abbiamo ancora persone che muoiono per un’influenza. Il costo delle medicine è troppo alto per la maggior parte dei Paesi africani e sud americani ed il livello di mortalità è umanamente inaccettabile. A volte c’è da pensare che sia colpevolmente voluto per mantenere basso il numero degli individui in determinate aree.
– Tecnologia e comunicazione
Il technological divider è un aspetto molto controverso. Il pensiero occidentale vede in molti paesi la tecnologia come la panacea di tutti i problemi. La tecnologia può fornire un’istruzione rapida ed economica, può consentire una vita migliore e migliorare la qualità dei servizi riducendo i costi sociali. Tuttavia, richiede materiali che stanno diventando scarsi e creano la necessità di acquisirli in aree geografiche in cui sono ancora disponibili. La maggior parte di questi paesi sono instabili per vari motivi che abbiamo precedentemente citato. L’iniezione di tecnologia nella popolazione più giovane aumenta il senso di incomprensione e di ribellione verso il modo di concepire i rapporti sociali, legato alle tradizioni ed alla loro storia. Non c’è da meravigliarsi se in queste aree depresse nascono integralismi e diverse forme di criminalità. In realtà non stiamo globalizzando il nostro modo di vita, ma stiamo seminando ragioni per reagire contro un modo di vivere occidentale che si basa su una evoluzione del pensiero, maturata nei secoli attraverso guerre e rinascite laiche e religiose. La presunzione di esportare il concetto di democrazia attraverso una comunicazione scale altamente tecnologica non solo non contribuisce a migliorare i rapporti con le altre civiltà ma crea divisioni sempre maggiori
– Risorse naturali
Questo è un problema abbastanza delicato. Quando parlo di risorse naturali non intendo solo il petrolio. La maggior parte della gente è ossessionata dal petrolio e dai combustibili fossili perché attualmente dipendiamo da loro per i nostri bisogni di base come il riscaldamento, i trasporti e le materie prime industriali. In realtà, l’emergenza futura più critica sarà la disponibilità di acqua potabile. Potreste immaginare un mondo senza acqua? Mancanza di acqua significherebbe niente cibo, niente pulizia, nessuna lavorazione industriale, la fine di tutto.
Di logica, questo bene così prezioso dovrebbe essere preservato ed utilizzato con intelligenza. Nelle aree in cui l’acqua non è ancora un grosso problema, stiamo invece alienando questa risorsa, avvelenando le falde acquifere e disperdendo questo patrimonio essenziale con una cattiva gestione. La maggior parte delle condotte idriche europee sono obsolete e perdiamo miliardi di tonnellate di acqua ogni giorno. I serbatoi maggiori sono gli oceani e, come sappiamo, li stiamo avvelenando con plastiche e veleni. Un suicidio, annunciato da tempo dalla comunità scientifica, che viene ancora colpevolmente ignorato dai governi mondiali. La lotta fratricida futura sarà quindi per poter utilizzare questa risorsa. Inutile dire che proprio le aree costiere, dove si concentrano i grandi centri urbani, saranno le più colpite da queste crisi.
– Cambiamenti climatici
I cambiamenti climatici sono fenomeni visibili in tutto il mondo. Nel 2014 la temperatura dell’acqua del Mediterraneo è stata di quattro gradi più alta del normale ed il clima sta cambiando rapidamente nel Pianeta. Sebbene ci siano molte teorie (a causa dell’impatto antropico o negazioniste), è ancora discutibile il motivo per cui stiamo osservando questo aumento della temperatura. Cii sono teorie comprovate che legano le variazioni di temperature a cicli di 11-12 anni solari e, addirittura ad interazioni con i grandi pianeti dell sistema solare come Giove e Saturno. Secondo il professor Bianchini, astrofisico dell’università di Padova, “questo è uno di quei casi in cui un fenomeno ciclico appare in fase con altri ciclici fenomeni naturali sia ‘esterni’ alla Terra (Sole, pianeti etc.) che ‘legati’ ad essa.
L’analisi armonica delle temperature globali terrestri rivela importanti componenti con 20 e 60 anni di periodo. Ma anche gli oceani mostrano chiaramente i 60 anni in fase con le temperature terrestri. Anche l’indice AMO (Atlantic Multidecal Oscillation) mostra chiaramente questa modulazione mentre l’indice PDO (Pacific Decal Oscillation) lo mostra un pò confusamente ma evidenzia una ciclicità di 20 e 30 anni.
Ed anche El Nino e l’indice ENSO (El Nino Southern Oscillation) mostrano le stesse cose. Inoltre i 60 anni si vedono anche nella circolazione termoalina. I più credono che si tratti di una oscillazione del sistema OCEANO ATMOSFERA, un fenomeno interessante sembra essere legato ai massimi delle variazioni di temperatura globale relativi ai cicli di 60 anni (Dt=0.2 gradi) e di 20 anni (Dt= 0.1 gradi) che coincidono con le congiunzioni Giove-Saturno.
Cosa significa questo?
E’ difficile rispondere ma ci sono alcuni fenomeni importanti che possono connettersi a questa risonanza orbitale. Il primo è che la struttura convettiva del Sole, specie in superficie, potrebbe entrare in risonanza con queste variazioni, seppur deboli, di forza mareale e modulare la formazione del campo magnetico che fuoriesce.
Un’altro fenomeno, molto importante, sarebbe la modifica della cosiddetta Eliosfera, ovvero di quella struttura magnetica formata dalla riconnessione dei campi magnetici del Sole e dei pianeti che si spinge fuori dalle orbite planetarie perché spinta dal vento solare. L’Eliosfera cambia di forma a causa dei cicli di attività solare e dei moti planetari, specialmente del moto orbitale di Giove. Di conseguenza, per una serie di motivi, modula il flusso dei raggi cosmici, del vento solare e anche quello delle polveri interplanetarie che arrivano sulla terra. Tutto questo necessita spiegazioni più precise, ma la coincidenza dei picchi delle temperature delle terre e dei mari con le congiunzioni d Giove e Saturno rimane una tesi molto suggestiva.”
A mio modesto avviso, supporre che i cambiamenti climatici dipendano solo dall’industrializzazione può essere una affermazione pericolosa e fuorviante. Anche se i pochi dati storici disponibili ci mostrano nell’era dell’industrializzazione una rapida tendenza dell’innalzamento delle temperature, un simile rapido gradiente è già avvenuto in passato e rapide crescite delle temperature medie sono avvenute molte volte prima ancora che la specie umana popolasse il pianeta. Basti pensare che dalle analisi dei carotaggi dei ghiacci polari è emerso che il livello di CO2 era più alto di quello odierno quando i primi animali strisciavano nelle spiagge primordiali. Ciò nonostante la vita si evolse fino alla configurazione attuale.
Di fatto stiamo assistendo ad un cambiamento climatico importante che ci potrebbe portare ad un epoca di temperature elevate o verso una nuova glaciazione (alternativa altrettanto possibile) che non ci consentirebbero di sopravvivere con gli standard attuali.
A mio avviso, il vero pericolo è concentrarsi sui mass media sulle presunte colpe dovute all’impatto antropico invece di preoccuparsi come fronteggiare il problema. Questo non è ovviamente una giustificazione a comportamenti errati, che dovrebbero essere comunque corretti, e soprattutto non significa che non dovremmo avere un approccio più coerente, eco-compatibile e saggio verso la natura ed il mare.
L’interazione umana con l’ambiente terrestre e marino sta comportando un rapido aumento dell’inquinamento e la rapida scomparsa di specie animali e vegetali.
Questo grido di dolore va compreso nella sua interezza. La riduzione della biodiversità locale modifica gli habitat ed influenza le economie locali. Quando ciò accade, di conseguenza cresce l’instabilità.
Permettetemi di chiarire meglio: quando l’instabilità sociale cresce si cade nel caos e nell’ingiustizia, i governi perdono legittimità e si innescano conflitti interni ed esterni di vario genere, seguiti da fenomeni migratori verso Paesi dove la vita appare migliore. Questo è il caso della migrazione di massa che osserviamo nei nostri giorni, un fenomeno non socialmente gestibile nei nostri Paesi ma che potrebbe esserlo facilmente nei loro territori di origine se vi fosse una effettiva volontà politica di gestire il fenomeno. Sussistono ancora troppi interessi dei grandi Paesi a mantenere uno stato di incertezza per poter ottenere contratti vantaggiosi, relazionandosi solo con i Governanti locali. Ma per quanto tempo? L’Africa e l’Asia stanno crescendo e, liberandosi di una gran parte delle popolazioni indigente, possono ottenere due scopi: da un lato indebolire le economie occidentali con una iniezione di migranti non facilmente gestibili e dall’altro rafforzare il loro peso economico e politico, appoggiandosi ad alcune grandi potenze emergenti. Una lotta senza esclusioni di colpi che avverrà, come sempre, sul mare.
Non ultimo un cenno alla pirateria. Al fenomeno della migrazione sono legate anche molte altre attività illegali in mare come il contrabbando e la pirateria. Quest’ultima è dal punto d vista mediatico forse la più sexy perché trova sempre spazio nelle notizie, tra romanticismo e sdegno. Causa danni economici notevoli alle compagnie armatoriali e sottopone l’Occidente, ma anche molti Paesi industrializzati dell’Oriente, ad un ricatto inaccettabile ed a costi di prevenzione insostenibili per lungo tempo. Eppure potrebbe essere risolta sul territorio con azioni sociali concordate internazionalmente, nel caso rinunciando a scelte economiche di sfruttamento eccessivo di alcune aree marittime. C’è da domandarsi se la sua risoluzione interessa veramente?
Andrea Mucedola
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